Stefano Capaccioli è un commercialista italiano esperto in ambito di regolamentazione, blockchain e criptovalute che è stato anche selezionato tra i 30 esperti blockchain del MiSE.
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Da anni gestisce anche Coinlex, società di consulenza strategica per imprese, enti e istituzioni pubbliche nella progettazione dei modelli di impiego della tecnologia blockchain.
Cryptonomist ha quindi avuto la possibilità di intervistare Stefano Capaccioli, anche a seguito del suo speech durante la Blockchain Week Rome di qualche settimana fa.
Cosa ne pensi delle nuove linee guida Consob?
Un ottimo inizio, sia nei contenuti, sia nei metodi, dato che le procedure consultative sono sempre sintomo di apertura. Occorre iniziare a costruire un ambiente “ospitale” ed equilibrato.
Secondo te le crypto hanno bisogno di leggi proprie?
Per normare le crypto occorre comprenderle, sia nella dimensione attuale sia in quella prospettica: sfortunatamente non abbiamo strumenti concettuali adatti né elaborato categorie concettuali. Per questo voler normare qualche cosa non conosciuto appare pericoloso. Occorre, semmai, delineare e definire meglio i concetti che fino ad oggi venivano dati per “comuni” quale bene, moneta, valuta, strumento finanziario, concetti che spesso non hanno chiare linee di confine.
Come vedi il futuro italiano in termini di sviluppo del mondo crypto, anche vista la regolamentazione che si sta prospettando?
Il futuro crypto dipenderà dalla capacità di questo Paese di intercettare le tendenze, respingendo le pieghe reazionarie, volte esclusivamente a sollevare dubbi e porre incertezze, senza mai analizzare le potenzialità.
Cosa ne pensi di Libra di Facebook?
Mi desta interesse per la composizione degli associati piuttosto che per le implicazioni tecnologiche, con una necessaria premessa: non è una criptovaluta, assomigliando, semmai, a moneta elettronica. L’ipotesi di porre il paniere di monete non è idea nuova, essendo alla base dei Diritti Speciali di Prelievo del Fondo Monetario Internazionale.
E cosa ne pensi delle STO?
Qui occorre distinguere tra ST (Security Token) e O (Offering). La prima parte sconta un’ambiguità di fondo, dato che il concetto di security token non è definito con la conseguenza che troppi nuotano in tale ambiguità, proponendo soluzioni salvifiche o immaginifiche senza alcun collegamento con la realtà.
Nessun token ha una relazione diretta con la società, eccezion fatta una soluzione che abbiamo realizzato in Italia. La parte di Offerings porta a dover confrontarsi con la normativa volta alla protezione della sollecitazione di pubblico risparmio prevista dal TUF (in Italia) e al Regolamento Prospetto che sta entrando in vigore.