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Crypto Distribution: una nuova economia

L’articolo è stato originariamente pubblicato il 18 dicembre 2020 su DeFi Today. 

La settimana dei nuovi massimi. Il grafico del Bitcoin che rivela l’inizio del nuovo ciclo verso prezzi molto più alti, lo “Stock to Flow” nel suo giusto tempismo ed il dato di fatto che chiunque abbia avuto una quantità in Bitcoin, senza venderla, non ha perso soldi. Un traguardo da dimostrare a chi era scettico, ed un momento di massima attenzione sull’intero settore delle Crypto.

Da tanto tempo si diceva che gli istituzionali non avrebbero potuto ignorare il Bitcoin. Ora ogni giorno si viene a sapere di nuovi gruppi che non vogliono rimanere esclusi dal nuovo fenomeno monetario che una volta erano loro stessi a deridere.

È saggio non restarne fuori. Potrebbe non esserci migliore protezione delle crypto rispetto all’economia del capitalismo terminale, di 20 anni trascorsi con sfavorevoli delocalizzazioni industriali, con il credito al consumo irresponsabile, della finanza creativa e sfrenata, della stampa di denaro maniacale e senza limiti. 

È ironico come ha reagito JP Morgan con l’entrata fatta con 100 milioni su Bitcoin di Massmutual.

“Questo è il segnale che gli istituzionali faranno crescere il Bitcoin”.

Lo stesso gruppo il cui CEO, come sappiamo, diceva che Bitcoin è una truffa. Lo stesso gruppo che non mancherà di incrementare l’esposizione nel mondo crypto, per guadagnare e per proteggersi.

Ruffer Investment Company lo ha detto in modo chiaro, con il suo ingresso su Bitcoin non leggero del 2.5% del portafoglio.

“Lo facciamo per proteggerci dalla svalutazione delle monete tradizionali”. 

Una corsa al Bitcoin con nomi grossi: Black Rock, Microstrategy, Stone Ridge, Sky Bridge, Square, Guggenheim, Northern Trust, PayPal, American Express.

Bitcoin per proteggersi quindi dalla svalutazione galoppante e inevitabile del denaro fiat che, con lo sguardo rivolto al futuro, rende il “prezzo del momento” insignificante.

La corsa degli istituzionali sono un indicatore preciso e che non si può ignorare nella realtà economica tradizionale e dopo i danni che ha portato.

Potrà essere questo indicatore a far aumentare la conoscenza e l’adozione delle Crypto fino ad un livello successivo, offrendo la possibilità di una nuova e promettente distribuzione della ricchezza, rivolta a chiunque

Si può interpretare il Bitcoin come evento contrario alla globalizzazione

È utile riconoscere alcune differenze di principio. 

Il Bitcoin aumenta di valore nel tempo per la sua linea monetaria deflazionaria. La moneta è un riferimento globale che quindi porta beneficio a chi la possiede. La ricchezza viene inarrestabilmente distribuita con l’aumento delle richieste, con il tempo che trascorre, con la domanda. Anche il suo stesso meccanismo è inarrestabile: nessun padrone, nessuno può severamente intervenire per fermarla o cambiarne il destino – i 21 milioni e il rilascio numerico stabilito. La Decentralizzazione è come nuovo standard che tutti dovranno irrimediabilmente accettare, se non si vuole rischiare di rimanerne esclusi, come pare i fondi istituzionali si siano resi conto.

Il regime monetario della globalizzazione invece, ha un effetto contrario. Impoverisce le popolazioni occidentali. Il tempo che trascorre porta loro una riduzione del potere d’acquisto, una svalutazione della moneta ed un aumento del costo della vita. Al contrario del principio fondamentale del Bitcoin (il potere centrale non esiste a determinare il destino monetario), la globalizzazione ha sottratto ai molti per dare a pochissimi, centralizzando il potere ulteriormente con organi di controllo, per il vantaggio esclusivo di chi a quei centri di potere si trova vicino. 

Con il Bitcoin e con le Crypto, accessibili a chiunque, non è il privilegio della posizione sociale di vicinanza rispetto a chi stampa denaro a determinare un vantaggio, come avviene con l’ «effetto Cantillon» per i ben piazzati del mondo globalizzato, ma sarà il normale possesso della moneta, il posizionamento, il naturale flusso di denaro che da una economia piena di contraddizioni interne e portatrice di pesanti crisi, si riversa sul mondo Crypto e del Bitcoin, strutturate per un interesse crescente e l’aumento del valore, in cicli economici ripetuti, inizialmente volatili, fino al raggiungimento di maggiore stabilità nel futuro eventuale.

Futuro che compie la nuova distribuzione a favore degli individui che decidono di farne parte. Il contrario dei principi interni all’economia della globalizzazione.

La più incredibile disparità della storia

La crisi del 2008 è stato frutto della globalizzazione ed il suo sistema bancario. 

In una fase di economia calante e di impoverimento progressivo, dovuto maggiormente alle delocalizzazioni, veniva promosso il credito al consumo (per lo più l’acquisto di case) indebitando esasperatamente persone che (lo sapevano) sarebbero diventate presto insolventi. 

Ma le banche, ovviamente, non si prendevano il rischio degli iper-indebitati. Il loro debito veniva “cartolarizzato”, cioè dato ad altri come strumento su cui lucrare un interesse, con l’appoggio complice delle agenzie di rating e del regolatore americano. È la finanza creativa, che rifilava i rischi ad altri, nella fase precedente la crisi dei subprime.

Prima il boom, poi bolla immobiliare ed il debito gigantesco, poi la resa dei conti. 

Risultato: milioni di persone sul lastrico e la catastrofe sociale.

Lo Stato Americano sarebbe dovuto intervenire severamente ad impedire alla finanza di rifilare ad altri i debiti fatti contrarre alla ragazza-madre e all’immigrato messicano, ed altri debitori subprime. Come aveva fatto Roosevelt, riuscendoci a fatica contro l’establishment finanziario di quel tempo, negli anni ‘30. Aveva imposto la legge Glass Steagall, che distingue per le banche l’attività di deposito da quella di speculazione. Una legge durata decenni fino al ‘99, poi abrogata con Clinton, il presidente che, in modo più decisivo, ha dato inizio alla globalizzazione.

Invece cosa era stato fatto? 

Trilioni di dollari creati dal nulla venivano iniettati con l’intento apparente di guarire gli effetti della crisi ormai innescata. Soltanto su una parte dell’economia: quella che si riteneva necessaria per la cura di tutte le altre parti, ossia il mercato azionario. 

Alla fine, di quelle iniezioni di denaro, niente è arrivato in aiuto all’economia reale e alle persone travolte dalla crisi.

Ma ci sono stati dei vincitori assoluti. Degli azionisti diventati miliardari per centinaia di miliardi, per avere inventato imprese che per l’economia reale nemmeno producono niente. Come Amazon, come Google.

Era iniziata così, per durare nel tempo, una disparità senza precedenti. Numeri giganteschi per pochissimi, nello stesso momento in cui imperversava la devastazione di molte, troppe persone rimaste senza niente.

Momento drastico della storia, l’inizio di un traguardo nuovo di distribuzione di ricchezza sottratta al popolo, senza misura e senza giustizia. Da quella volta ad oggi non ci sono stati interventi governativi per ristabilire un equilibrio, o comunque un tentativo di proteggere l’economia nelle politiche occidentali. 

C’era un tempo in cui non sarebbe mai stato possibile. Il capitalismo prima della globalizzazione aveva statisti di tutt’altro tipo. Un mondo che pare ormai antico.

Sorprende sapere che nel periodo tra il 1950 e il 1963, in America, i super ricchi venivano tassati in un modo che potrà sembrare draconiano: il 90% per la frazione superiore dei redditi più agiati.

Al governo c’erano presidenti ben lontani dall’essere classificati come socialisti. Si erano succeduti Harry Truman, Dwight Eisenhower e John Fitzgerald Kennedy.

Personalità che avevano vissuto la grande Depressione, e conoscevano il nemico sovietico che avevano di fronte. Il sogno americano doveva quindi essere vivo e alla portata di tutti.

 

Parecchi anni dopo, Ronald Reagan, in modo congiunto con Margaret Thatcher, aveva alleviato la tassazione ai ricchissimi. Il motivo era la certezza che i privati sapessero allocare i capitali in modo più efficiente, e con più abilità, rispetto lo Stato. Ed era quindi un bene permettere ai milionari di diventare billionaire and trillionaire, perché avrebbero attivato la “trickle down economics”, le gocce di denaro che dai ricchissimi cadono su tutti gli altri. Promessa di ridistribuzione anche quella, che però aveva anticipato la possibilità concessa tempo dopo per una radicalizzazione sfrenata e di declino verso la tremenda disparità del capitalismo ultimo. 

A inizio di quest’anno 2020, i 12 uomini più ricchi d’america avevano già raggiunto il record della propria ricchezza. Poi ci sono stati i lockdown. Il rallentamento generale del mondo e lo stop dell’economia. Un vortice deflattivo mai sperimentato.

Ma proprio durante i lockdown, sempre loro, miliardari nati con la crisi precedente del 2008, da metà marzo hanno riscontrato un aumento del proprio patrimonio di 283 miliardi di dollari. 

Solo Jeff Bezos è diventato più ricco di 76 miliardi di dollari.  

Forbes ha mostrato che i primi 400 billionaire al mondo hanno avuto l’8% di ricchezza in aumento durante il 2020. Questo nell’America in cui il 48% degli small business rischia la chiusura permanente a fine 2020, mentre la Fed programma di stampare denaro per 6.5 miliardi di dollari, e la BCE per 1,2 miliardi di euro.

Tendenza avviata in America ed estesa in Europa. La BCE ha creato negli ultimi 10 anni dal nulla 5 miliardi di euro, in un mondo senza crescita. Moneta creata e distribuita in maniera macchinosa ma senza beneficio per l’economia reale, causando la ricchezza di una assoluta minoranza di fronte al detrimento di tutti gli altri. 

È una economia con risvolti non sostenibili che ha bisogno degli eventi storici a contrastarli.

L’economia delle Crypto contrastano questa tendenza creando una distribuzione nuova, con il passare del tempo, mantenendo la giusta importanza del poter accumulare ricchezza all’interno di un sistema a favore degli individui che ne fanno parte, ma evitando il senso di ingiustizia e di controproduttività generale.

Lo aveva previsto Joseph Stiglitz, Nobel per l’economia nel 2001: “l’1% superiore controlla il 40% della ricchezza nazionale. L’1% superiore ha le case migliori, le migliori educazioni, i migliori medici e i migliori stili di vita, ma c’è una cosa che il denaro non sembra aver comprato: la comprensione che il loro destino è legato a come vive l’altro 99%. Nel corso della storia, questo è qualcosa che l’1% superiore alla fine impara. Troppo tardi”.

 

Michele Giancarli
Michele Giancarlihttp://eidoo.io
Business Developer presso Eidoo/Poseidon Group
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