HomeCriptovaluteCharlie Munger: ecco perché gli USA dovrebbero bannare le criptovalute

Charlie Munger: ecco perché gli USA dovrebbero bannare le criptovalute

Qualche giorno fa il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo di Charlie Munger intitolato “perché gli USA dovrebbero bannare le criptovalute”.

Munger negli USA è una vera e propria istituzione, non solo perché ha 99 anni e da 45 anni opera nel settore finanziario ad altissimo livello, ma soprattutto perché è il braccio destro di Warren Buffett.

Nonostante si occupi di finanza ed investimenti da 45 anni, Munger è un avvocato, quindi molto attento alle questioni legali. Inoltre non è per nulla un esperto di tecnologia ed innovazione.

L’articolo sul Wall Street Journal di Charlie Munger

L’articolo che ha scritto per il Wall Street Journal ha fatto parlare molto, anche perché contiene delle vere e proprie assurdità.

Quella più clamorosa, al limite dell’insensato, è la richiesta esplicita al governo degli Stati Uniti d’America di prendere esempio dai comunisti cinesi.

Durante il maccartismo, negli anni ’50 del secolo scorso, una frase come quella di Munger avrebbe addirittura potuto provocargli gravi problemi finanziari, e lui dovrebbe saperlo bene visto che all’epoca aveva già quasi 30 anni.

Infatti ha scritto esplicitamente:

“Cosa dovrebbero fare gli Stati Uniti dopo aver messo al bando le criptovalute? Bene, un’altra azione potrebbe avere senso: ringraziare il leader comunista cinese per il suo splendido esempio di non comune buon senso”.

In altre parole, ha chiesto ai democratici Stati Uniti, dove vive e prospera liberamente, di fare una cosa illiberale e liberticida seguendo l’esempio di una dittatura totalitaria considerando quest’ultimo splendido e di buon senso.

Tale insensato ragionamento mette in serio dubbio che Munger alla sua veneranda età abbia ancora sufficienti facoltà mentali per saper discernere tra libertà e dittatura, tanto da far sorgere addirittura il dubbio che ad uno Stato libero preferirebbe una dittatura soggiogata alle sue volontà.

D’altronde deliri di onnipotenza simili non sono rari in persone di grande potere.

Le critiche al perché gli USA dovrebbero bannare le criptovalute

Le critiche che si sono sollevate contro il suo articolo sono numerose, tanto che il suo chiaro accenno ad una presunta superiorità “morale” della dittatura cinese ha trovato ovviamente pochissimi sostenitori.

Gli USA non solo sono un paese libero, ma la stragrande maggioranza degli statunitensi ne va fiera. Anche nel resto del mondo sono considerati tra i baluardi delle libertà e dei diritti civili, proprio contro quelle tirannie che si ostinano a volerle negare, come la Cina in primis.

Solo che Munger è una vera istituzione, e nonostante ormai l’età sembra prevalere in lui rispetto alla ragione, ha ancora diversi sostenitori.

In effetti in alcuni tratti del suo articolo riporta informazioni corrette, ma la conclusione a cui giunge rimane aberrante.

Anche il suo capo, il celeberrimo Warren Buffet, è ormai molto anziano e molto contrario alle criptovalute, e nel corso dei decenni ha dimostrato di non essere sempre in grado di comprendere l’innovazione.

D’altronde l’approccio agli investimenti di Buffett e Munger è molto rivolto all’analisi del passato, e ben poco rivolto verso la ricerca di innovazioni in fase iniziale in grado di avere un grande futuro senza avere avuto ancora il tempo di crearsi un solido passato.

Altre assurdità sul perché USA dovrebbero bannare le criptovalute

Nel suo articolo Munger scrive che una criptovaluta è un contratto di gioco d’azzardo con un vantaggio quasi del 100% per la casa.

Questo in effetti vale per moltissime criptovalute, ma per nulla per Bitcoin, che insieme ad Ethereum ed alle stablecoin detiene l’80% del mercato crypto.

Bitcoin non è un contratto, e non ha nemmeno una “casa” perché Satoshi Nakamoto ha regalato all’umanità il suo protocollo pubblico ed open source.

Munger però è troppo al di fuori del settore crypto per sapere e capire queste cose. Inoltre è un avvocato, molto più interessato ai meri aspetti normativi che all’innovazione vera e propria, soprattutto quando questa sfida le norme attuali (che si possono sempre cambiare).

Infatti dall’articolo pubblicato sul Wall Street Journal emerge chiaramente che Menger si riferisca specificatamente alle criptovalute emesse da aziende, commettendo quindi l’enorme errore di ignorare del tutto che queste costituiscono solo una piccola parte minoritaria del mercato crypto.

La valanga di critiche, spesso perfettamente sensate, che gli sono piovute addosso per questo articolo raffazzonato, liberticida, e di pessima qualità suggeriscono piuttosto chiaramente che gli sarebbe convenuto lasciar perdere, ed evitarsi un’inutile figuraccia come questa. Anche perché l’utilità di un tale articolo di così pessima fattura è poco più di zero.

Ma probabilmente alla sua età può anche permettersi semplicemente di fregarsene, e di scrivere qualsiasi sciocchezza voglia, tanto qualcuno che gli dà retta comunque lo trova.

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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