HomeBlockchainRegolamentazioneCome il Decreto OAM impatta sugli exchange crypto in Italia

Come il Decreto OAM impatta sugli exchange crypto in Italia

La firma nei giorni scorsi del cosiddetto Decreto OAM da parte del MEF (tuttavia ad oggi non ancora pubblicato) ha creato un certo scompiglio nel mondo delle criptovalute in Italia. Cerchiamo di capire in cosa consiste questo provvedimento e cosa comporta, sul piano pratico.

Il decreto OAM rispetto alle attività crypto

Il decreto ha avuto una lunga gestazione e dovrebbe costituire l’attuazione della normativa legislativa in materia antiriciclaggio, che a sua volta ha inteso recepire le direttive UE 2015/849 e 2018/843.

Il cuore di questo decreto sta nel fatto per poter esercitare le attività di exchange di criptovalute in Italia si impone, innanzitutto di essere iscritti in un apposito registro tenuto dall’OAM (Organismo degli Agenti e Mediatori creditizi), in modo speculare a quanto è previsto per i cosiddetti cambiavalute. In secondo luogo, che gli operatori sono tenuti a trasmettere periodicamente e regolarmente all’OAM tutti i dati delle operazioni e i dati identificativi degli utenti della piattaforma che le hanno realizzate. Ai dati così raccolti potranno poi accedere GdF e altre forze dell’ordine, nell’esercizio delle loro funzioni investigative e di polizia.

L’apparato che viene fuori dall’insieme delle disposizioni di rango europeo, di rango legislativo nazionale e del decreto ministeriale, tuttavia, presenta una serie di rilevanti criticità.

Il primo punto è che, stando al decreto ministeriale approvato, il novero dei soggetti che parrebbero tenuti all’obbligo di iscrizione in questa sezione speciale del registro, finisce per abbracciare un ventaglio molto ampio di operatori, ben al di là di quelli che esercitano attività riconducibili a quelle di cambio di criptovalute e soprattutto di quelli indicati dalle direttive europee.

L’art. 1 comma 2 lett. b del Decreto, infatti definisce che è tenuto all’applicazione della normativa, ogni soggetto che professionalmente fornisce:

 servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale o in rappresentazioni digitali di valore, ivi comprese quelle convertibili in altre valute virtuali nonché i servizi di emissione, offerta, trasferimento e compensazione e ogni altro servizio funzionale all’acquisizione, alla negoziazione o all’intermediazione nello scambio delle medesime valute”.

Ora, l’uso dell’espressione “servizi funzionali” all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione, etc., di valute virtuali, e dell’espressione “ogni altro servizio funzionale all’acquisizione, alla negoziazione o all’intermediazione nello scambio delle medesime valute”, di fatto sembra includere una gamma di attività che con l’attività di exchange comunemente intesa, può avere ben poco a che fare.

Questo pone un primo problema pratico, in quanto quei soggetti che non svolgono attività di exchange di criptovalute in senso stretto, ma qualche tipo di servizio che si potrebbe qualificare come “funzionale”, si ritrovano esposti all’obbligo di registrarsi nel registro OAM e di trasmissione periodica di tutti i dati, pena la preclusione dell’erogazione dei servizi sul territorio nazionale.

Ad esempio, in termini astratti, un’azienda che noleggi apparati che possono fungere da POS agli operatori di cambio, potrebbe rientrare tra i soggetti che forniscono servizi funzionali allo scambio di valute virtuali. Lo stesso si potrebbe dire anche un avvocato o un commercialista interpellato per un parere legale o fiscale su un’operazione che comporta lo scambio di valute virtuali: cioè un servizio “funzionale” a quel tipo di attività. E volendo dare sfogo alla fantasia, se ne possono trovare parecchie di attività che, pur non avendo quasi niente a che vedere con la mediazione o lo scambio di valute (virtuali e non) possono fatalmente ricadere nel gorgo delle attività che in qualche modo ne sono “funzionali”, come recitano le norme. 

In più la normativa nazionale include non solo operazioni di scambio da valute virtuali a valute a corso forzoso (cioè, a corso legale) o viceversa, ma anche lo scambio di valute virtuali con altre valute virtuali (di cui le direttive non parlano affatto)

Decreto OAM crypto
Il decreto OAM presenta alcune criticità

Le criticità della normativa

Ora, è piuttosto evidente che non sia pensabile che un professionista (avvocato o commercialista) che offre consulenza o un’azienda che noleggi apparati tecnologici ad un exchange o ad un’impresa che offre servizi di portafoglio digitale, per svolgere questo tipo di attività debba essere iscritto nel registro tenuto dall’OAM perché è evidente che tale tipologia di soggetti in concreto non abbia nulla che possa assimilarlo ad un exchange di valute virtuali.

Tuttavia, a parte questa palese irragionevolezza, la questione è che le norme di diritto interno (tanto quelle contenute nel D.Lgs. 90/2017, quanto quelle contenute nel D.Lgs. 125/2019) laddove ampliano a dismisura il perimetro delle attività soggette a questo tipo di adempimenti, appaiono palesemente in contrasto con la lettera e con lo spirito delle direttive europee antiriciclaggio.

Entrambe le direttive, infatti, laddove impongono agli Stati membri di estendere gli obblighi di iscrizione negli appositi registri e di comunicazione periodica delle operazioni a carico dei cambiavalute anche agli exchange di criptovalute, si riferiscono esplicito e chirurgico ai soli “prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso forzoso” e ai “prestatori di servizi di portafoglio digitale”.

Nelle norme europee, quindi, non si fa alcun riferimento a servizi indirettamente o potenzialmente correlati all’attività di cambio o ai servizi di portafoglio digitale. Senza contare il fatto che le norme europee si riferiscono esclusivamente a quelle di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso forzoso, mentre non sono minimamente contemplati servizi di cambio da valute virtuali ad altre valute virtuali (che invece sono espressamente inclusi nella normativa italiana).

E qui sorge un altro problema che riguarda ai limiti che discendono dalla legge delega (L. 170/2016) che autorizzava il governo ad adottare i decreti legislativi per il recepimento delle direttive comunitarie. La delega, infatti, per come articolata, conteneva un pedissequo rinvio alle direttive europee sulla materia dell’antiriciclaggio, senza specifiche indicazioni circa la possibilità di un ampliamento, in particolare del novero di soggetti o di attività individuate dalle fonti europee.

Un pasticcio normativo

Ora, questo pasticcio, innanzitutto, espone il decreto ministeriale ad un rischio di impugnativa diretta davanti al TAR per la parte e nella misura in cui impone obblighi che incidono in modo significativamente pregiudizievole e restrittivo sulla sfera di libertà di intrapresa economica di operatori italiani e stranieri, costretti ad adempimenti non previsti dalla normativa europea.

In secondo luogo, espone anche al rischio di una declaratoria di incostituzionalità dei decreti legislativi 90/2017 e 125/2019, di recepimento della normativa europea per eccesso di delega.

Insomma, il legislatore e il regolatore nazionali si sono “allargati” un po’ troppo, e questo potrebbe generare conseguenze spiacevoli.

 E intanto, nell’ambiente già circolano le voci di azioni e ricorsi.

Luciano Quarta - The Crypto Lawyer
Luciano Quarta - The Crypto Lawyer
Luciano Quarta, avvocato tributarista in Milano, managing partner e fondatore dello studio legale tributario QRM&P, ha all’attivo molte pubblicazioni sugli aspetti legali e tributari di legal tech, intelligenza artificiale e criptovalute. Relatore in numerosi convegni sulla materia, tiene la rubrica “Tax & the city” per il quotidiano La Verità e scrive regolarmente per la rubrica Economia e tasse della testata Panorama. È membro della Commissione Giustizia Tributaria presso l’Ordine degli Avvocati di Milano ed è il referente della sede milanese dell’associazione interdisciplinare per lo studio e le applicazioni dell’intelligenza artificiale GP4AI (Global Professionals for Artificial Intelligence).
RELATED ARTICLES

MOST POPULARS

GoldBrick