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Cina, miner di Bitcoin sotto attacco

In Cina sono state sequestrate altre mining farm e quasi 4.000 macchine per il mining di Bitcoin e criptovalute con protocollo Pow. 

Continuano i sequestri di macchine per il mining di Bitcoin in Cina

bitcoin mining farm
Sequestrate in Cina circa 4.000 macchine per il mining di Bitcoin

Il paese ha vietato completamente il mining a maggio dello scorso anno, ed in un primo momento sembrava che fosse riuscita ad imporre lo stop totale in tutto il paese. 

Invece in seguito si è poi scoperto che diversi cinesi stavano continuando a minare Bitcoin in incognito, tanto che secondo alcune stime ancora oggi in Cina sarebbe allocato il 20% dell’hashrate mondiale. 

Quindi il Paese ha dovuto continuare a cercare e stanare i miner, così come accade anche in altri parti del mondo in cui il mining è vietato, per sequestrare le macchine. 

Un recente comunicato ufficiale della provincia del Guandong rivela che nel mese di marzo 2022 la città di Dongguan ha eseguito sul territorio ben 6.050 ispezioni, scovando 24 vere e proprie mining farm e 35 miner casalinghi, sequestrando quasi 3.000 macchine. 

Inoltre l’Ufficio per lo sviluppo e la riforma di Dongguan ha sequestrato una mining farm situata all’interno di un edificio industriale da 2.000 metri quadri in sub-affitto nella zona industriale di Yinmandi della città di Xiegang, dove hanno trovato e sequestrato circa mille macchine. 

Secondo i dati provenienti dall’analisi dei consumi energetici, questa singola mining farm da luglio 2021 avrebbe consumato almeno 900.000 MWh. Non sono invece stati rivelate le stime di quanti BTC siano riusciti a minare. 

Da notare che questa mining farm illegale è stata aperta due mesi dopo il ban, quindi è possibile che in un primo momento in Cina quasi tutti i miner abbiano cessato le attività, per poi riprenderle clandestinamente in un secondo momento. 

D’altronde il mercato crypto cinese nonostante tutto non si è mai completamente bloccato, nemmeno dopo il divieto di fare trading sugli exchange, e questo indica chiaramente come sia difficile anche per un governo molto autoritario come quello cinese fermare le criptovalute. 

Non è stato nemmeno reso noto se siano stati sequestrati dei Bitcoin e cosa le autorità potrebbero farci con gli eventuali BTC sequestrati. Comunque in genere i Bitcoin sequestrati vengono venduti all’asta relativamente in fretta dalle autorità in modo da incassare valuta fiat. 

Il comunicato ufficiale dichiara anche che la città di Dongguan vuole far rispettare rigidamente la legge anti-mining del Paese, mantenendo elevata la pressione sui miner di criptovalute. 

Le pressioni della legge cinese anti-mining

A questo punto c’è da attendersi che questa specie di lotta tra miner abusivi ed autorità possa continuare a lungo in Cina, dato che ormai sono almeno cinque anni che la Cina vorrebbe mettere i bastoni fra le ruote a chi usa o sfrutta le criptovalute, senza però esserci ancora riuscita del tutto. 

Gli Stati possono limitare anche molto le attività crypto, ma non sono affatto in grado di arrestarle del tutto. Fintantoché vi saranno al mondo Stati crypto-friendly sarà impossibile arrestare completamente lo scambio e l’utilizzo. 

E visto che ormai esiste addirittura uno Stato in cui Bitcoin è stato dichiarato valuta a corso legale (e quindi forzoso) in questo momento è inimmaginabile che il loro utilizzo possa realmente essere arrestato. 

L’unica alternativa per gli Stati che accettano questa situazione, senza illudersi di poterla modificare, è quella di regolamentare l’utilizzo con leggi che possano essere facilmente rispettate dai cittadini o di arrendersi e lasciarle circolare liberamente. 

In ciò la Cina molto probabilmente sta perdendo una battaglia persa già in partenza. 

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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