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Il CEO di ripple contro il tribalismo di Bitcoin

Brad Garlinghouse, CEO di Ripple, afferma di essere contro il massimalismo di Bitcoin, definendolo come il freno dell’intero settore crypto. 

Il CEO di Ripple attacca Bitcoin

Ieri il CEO di Ripple, Brad Garlinghouse, se l’è presa contro il “tribalismo” di Bitcoin. 

Durante un’intervista alla CNBC Garlinghouse ha sostenuto che il “tribalismo” che attualmente ci sarebbe intorno a Bitcoin e ad altre criptovalute starebbe frenando l’intero mercato crypto. 

Si riferisce in particolare ai cosiddetti “massimalisti”, ovvero a coloro che sostengono che Bitcoin sia un bene, mentre tutte le altre criptovalute sarebbero un male. 

I massimalisti di Bitcoin sono una realtà, e ve ne sono anche parecchi a partire dal co-fondatore di Twitter Jack Dorsey. Non andrebbe però dimenticato che esistono anche i massimalisti di XRP, ovvero la criptovalute creata da Ripple e che fino a qualche anno fa portava il suo nome. 

Detto questo, è difficile immaginare perché i massimalisti avrebbero un impatto negativo sui mercati crypto. 

Garlinghouse ha ammesso di possedere sia BTC che ETH, ed ha dichiarato di credere che il settore crypto continuerà a prosperare.

Poi nello specifico sul massimalismo di Bitcoin ha affermato che la polarizzazione non sarebbe salutare, perché “tutte le barche possono salire”.

Alla luce di ciò va detto che, ad esempio, rispetto a dodici mesi fa il prezzo di BTC è del 26% inferiore, mentre quello di ETH è superiore del 33%. Invece quello di XRP è inferiore del 45%. 

Inoltre rispetto ai massimi storici, BTC e ETH sono sotto di poco meno del 40%, mentre XRP è ancora sotto di quasi l’80%. Nel 2021 Bitcoin ed Ethereum hanno fatto registrare nuovi ATH, mentre quello di XRP è fermo a gennaio 2018. 

Ha poi anche affermato che il massimalismo ha significato che il settore crypto sia apparso “fratturato” agli occhi dei legislatori USA.

A dire il vero potrebbe non essere affatto un male che i legislatori distinguano progetti come Bitcoin ed Ethereum da progetti come Ripple ed XRP. Ed è importantissimo che vengano anche nettamente distinti da tutti quei progetti crypto che nel corso degli anni si sono rivelati essere solamente delle vere e proprie truffe. 

La finta decentralizzazione di Ripple

Secondo Garlinghouse la mancanza di coordinamento a Washington tra gli operatori del settore crypto sarebbe scioccante. Va tuttavia sottolineato come non siano poche le aziende crypto che preferiscono non avere a che fare con Ripple. 

Infatti la società possiede ancora la maggioranza dei token XRP esistenti, e questo rende le sue politiche monetarie invise a molti sostenitori della decentralizzazione. 

Per questo, e per altri motivi, la SEC sta indagando su Ripple, anche se negli ultimi mesi sono emerse novità in merito alla causa intentata a fine 2020 che farebbero pensare ad un possibile esito positivo per Ripple. 

XRP e la società che lo ha creato sono talmente distanti dai concetti di base della decentralizzazione che è più che ovvio che i sostenitori della decentralizzazione non la vedano di buon occhio. 

Visto che la maggioranza dei veri e propri sostenitori di Bitcoin è anche necessariamente sostenitrice della decentralizzazione, è inevitabile che tra i sostenitori di Bitcoin e quelli di XRP ci sia un muro difficilmente oltrepassabile o aggirabile. 

In altri termini il “tribalismo” che tiene queste due fazioni separate a vicenda, è destinato a perdurare probabilmente ancora molto nel tempo. 

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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