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Crypto, le regole in Germania

Anche la Germania intende occuparsi della regolamentazione delle cryptovalute, essendo fra l’altro il cuore produttivo e finanziario dell’Europa.

In effetti, già dal 2013 l’autorità finanziaria di supervisione tedesca (BaFin) ha iniziato ad analizzare i bitcoin, in corrispondenza con i primi interessi da parte della BCE.

Ma se la Banca Centrale Europea sta cominciando solo ora a dare le prime indicazioni di merito, con prospettive di regolamentazione complessiva entro l’estate 2018, la Germania è più avanti rispetto alla definizione di cosa siano le criptovalute.

In sintesi, secondo la BaFin il bitcoin non è una valuta e neppure una valuta straniera. Non è denaro ma è semplicemente un’unità di conto.

Chi utilizza bitcoin o altre criptovalute (Dash, ZCash, ecc…) come strumento di pagamento o le accetta a contropartita di beni e servizi, non necessita di alcuna autorizzazione specifica da parte della BaFin.

La situazione appare più complessa se sussistono degli intermediari nella transazione, soprattutto se questi agiscono trasformando la criptovaluta in valute fiat, perchè in questo caso diventa necessaria una licenza da parte della BaFin, anche per chi è utente di questo servizio finale.

Se dunque una società agisce come intermediario nelle transazioni di criptovalute (exchange), oppure produce criptovalute, cioè fa mining, non può sfuggire alla necessità di richiedere una licenza alla BaFin. Questo da un lato viene ad essere un elemento di garanzia, dall’altro rende più complicato e costoso operare in criptovalute in Germania.

Diverso è il discorso dal punto di vista fiscale, anche qui piuttosto più complicato.

Privati e Aziende

Per i privati gli scambi in criptovalute che generano un utile, una plusvalenza, sono considerati transazioni speculative, pertanto soggetti all’art 23 della legge fiscale. Questa prevede che siano esenti da tassazione, purché vengano detenute per più di un anno.

Nel caso le criptovalute vengano vendute prima vi è solo una esenzione standard pari a 600 euro. In compenso, sono detraibili le minusvalenze.

Attenzione:

nel caso non vengano tenute registrazioni precise circa gli acquisti e le vendite nel calcolo delle plusvalenze e dei redditi viene applicato il metodo FIFO (first in first out), per cui le criptovalute acquistate (o minate) per prime saranno considerate le prime ad essere vendute.

Questo può creare confusione.

Per quanto riguarda le aziende, invece, le previsioni sono molto più semplici. In Germania, il reddito prodotto dal trading di criptovalute è tassato come reddito d’impresa.

Grazie a una sentenza della Corte di Giustizia Europea  è stata poi chiarita l’esenzione delle transazioni in criptovaluta dal regime IVA.

Fabio Lugano
Fabio Lugano
Laureato con lode all'Università Commerciale Bocconi, Fabio è consulente aziendale e degli azionisti danneggiati delle Banche Venete. E' anche autore di Scenari Economici, e conferenziere ed analista di criptovalute dal 2016.
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