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FTX: ancora problemi a due mesi dal collasso

Nonostante siano passati ormai quasi due mesi dal collasso dell’exchange crypto, i problemi per FTX non sembrano voler finire. 

Con la richiesta di sottoporsi a gestione fallimentare l’amministrazione della società è passata al curatore John J. Ray III, che sta cercando di monetizzare il più possibile gli asset della società per poter restituire qualcosa ai creditori, tra cui gli ex-clienti. 

L’opposizione del fiduciario statunitense

Questo processo però potrebbe interrompersi a causa di un’obiezione presentata da un fiduciario statunitense. 

Secondo quanto riferisce Reuters, il fiduciario statunitense Andrew Vara ha richiesto un’indagine indipendente prima che abbiano inizio le vendite. 

Secondo Vara le vendita non dovrebbe essere consentita fino a che non sia stata condotta un’indagine completa ed indipendente su tutte le persone e le entità coinvolte in questo fallimento. 

Vara molto probabilmente si riferisce a quelle società del gruppo FTX che una volta vendute potrebbero non essere più sotto indagine da parte delle autorità. Il suo obiettivo pare che sia quello di impedire che con le vendite possano venir perse informazioni importanti per eventuali cause future contro gli amministratori, i funzionari ed i dipendenti delle società del gruppo. 

Le vendite

Il curatore fallimentare invece ha già pianificato di vendere le unità di FTX in Giappone ed in Europa, insieme all’exchange di derivati ​​LedgerX ed alla piattaforma di compensazione di titoli Embed. L’obiettivo sarebbe quello di vendere subito per massimizzare l’incasso, e per sfruttare il momento ancora buono per poter vendere con facilità. 

In totale sarebbero 134 le società coinvolte in questa procedura. 

Avevano programmato di dare il via alle aste giudiziarie a febbraio, con la vendita di Embed, seguite da altre tre aste a marzo. 

Si erano già anche proposte per gli acquisti oltre 110 soggetti interessati, tanto che FTX pare abbia già stipulato 26 accordi di riservatezza con le controparti.

Ora non è chiaro se effettivamente le aste verranno rinviate per poter far effettuare un’indagine indipendente, oppure se le richieste di Vara verranno accantonate. 

Oltre a Embed e ​​LedgerX, ai possibili compratori fanno gola soprattutto la versione giapponese di FTX, già pronta anche a riattivare i prelievi, e le licenze europee di FTX. 

Il fallimento

Tra le varie società del gruppo, quella che ha dovuto dichiarare bancarotta è FTX Trading, ovvero quella che gestiva l’exchange crypto internazionale. 

Infatti non solo l’exchange crypto giapponese era separato e gestito da un’altra società del gruppo, ma anche quello per il mercato statunitense. 

In un primo momento si credeva che anche FTX US, come FTX Giappone, non fosse in bancarotta, ma in seguito si è scoperto che solo FTX Giappone sembra avere tutti i fondi per poter riaprire i prelievi. 

A creare i maggiori problemi è stata la società del gruppo che si occupava di trading ed investimenti, Alameda Research, insieme al fatto che gli amministratori utilizzavano i fondi dei clienti dell’exchange per le spese aziendali. 

L’enorme buco finanziario creato da Alameda Reserach, e quello sui conti degli utenti della versione internazionale dell’exchange, hanno obbligato gli ex amministratori a dichiarare bancarotta ed a richiedere il Chapter 11.

Ora tutte le società del gruppo sono nelle mani del curatore fallimentare, anche quelle che non avevano buchi di bilancio. L’obiettivo sembra essere quello di vendere gli asset migliori, dato che ci sono compratori disposti ad acquistarli per rimetterli in attività, così da incassare denaro utile a coprire i buchi. 

Se da un lato è possibile che i clienti di FTX Giappone prima o poi possano ricevere indietro parte dei fondi che avevano depositato, dall’altro sembra invece molto più difficile che ciò possa accadere anche ai clienti della versione internazionale. Non è invece ancora chiarissimo in quale situazione versino realmente le casse di FTX US, ma per ora non sembra che il curatore sia d’accordo con la riapertura dei prelievi. 

Le spese folli

FTX aveva l’abitudine di sperperare milioni di dollari in spese inutili, presumibilmente attingendo i fondi dai depositi dei clienti. 

Secondo Business Insider in soli nove mesi avrebbe speso quasi 40 milioni di dollari in hotel, cibo e viaggi, di cui 15,4 milioni in hotel ed alloggi di lusso alle Bahamas. 

Addirittura secondo il Financial Times noleggiava degli aerei privati per far arrivare alle Bahamas pacchi Amazon da Miami, perché le consegne a Nassau non erano garantite.

Oltretutto il co-fondatore e CEO Sam Bankman-Fried aveva anche l’abitudine di regalare milioni di dollari ai candidati alle elezioni USA, tanto che secondo il Wall Street Journal il curatore fallimentare sta provando a chiedere indietro questi contributi.

Infatti in accordo con il tribunale fallimentare ha dato il via alle prime azioni per il recupero dei fondi, per un totale di 73 milioni di dollari versati negli ultimi 18 mesi per le elezioni di mid-term. 40 milioni sono stati donati da SBF a candidati democratici e liberal, mentre 23 milioni sono stati donati a candidati repubblicani e conservatori dal top manager Ryan Salame. 

Il curatore fallimentare però ha messo l’occhio anche sulle donazioni per beneficenza, ovvero parte dei 160 milioni di dollari che SBF aveva annunciato di avere donato a 110 organizzazioni no profit. 

Non è detto che riescano a recuperare molto, ma questi dati danno chiaramente l’idea di come SBF e gli altri top manager del gruppo FTX fossero abituati a sperperare i soldi dei loro clienti. 

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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