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L’exchange crypto Gemini potrebbe riattivare i prelievi su Earn

Prosegue la saga del servizio Earn sull’exchange crypto Gemini. Ma questa volta, forse, si inizia ad intravvedere la fine del tunnel. 

Il problema del crypto exchange Gemini

Tutto nacque nei giorni seguenti al fallimento di FTX. 

Infatti dato che FTX era uno dei maggiori exchange crypto al mondo, il suo fallimento ha generato una serie di problemi a cascata, tra cui la sospensione dei prelievi di Genesis Global Capital a causa di mancanza di liquidità per crediti non esigibili nei confronti proprio di FTX. 

Il fatto è che l’exchange Gemini dei gemelli Winklevoss appoggiava uno dei suoi servizi, Earn, proprio su Genesis Global Capital. 

Quindi il blocco del prelievi di Genesis Global Capital a cascata ha causato inevitabilmente anche il blocco dei prelievi su Gemini Earn. 

Da allora i fondi depositati dai clienti di Gemini sul servizio Earn risultano ancora bloccati e non prelevabili. 

La possibile soluzione ideata dal crypto exchange Gemini

Pochi giorni fa uno dei due fondatori di Gemini, Cameron Winklevoss, ha annunciato che la società ha raggiunto un accordo con Genesis Global Capital grazie al quale potrebbero finalmente consentire ai clienti di Earn di prelevare i loro fondi. 

Winklevoss rivela che l’accordo è stato annunciato al tribunale fallimentare che sta gestendo il fallimento di Genesis Global Capital per insolvenza, e cita anche Digital Currency Group (DCG) perchè è la holding del gruppo a cui appartiene anche Genesis. 

Del gruppo DCG, per intenderci, oltre a Genesis fanno parte anche Grayscale, CoinDesk e Luno. Tuttavia solo Genesis è in bancarotta, e tale bancarotta non sembra abbia avuto effetto sulle altre società del gruppo. 

Winklevoss aggiunge che l’accordo è un passo avanti verso il recupero dei fondi per tutti i creditori di Genesis, e non solo per Gemini, ma ammette che l’exchange sarà costretto ad aggiungere 100 milioni di dollari di tasca propria per poter consentire agli utenti di Earn a recuperare tutti i fondi. 

Tuttavia riconosce che c’è ancora molto lavoro da fare per portare a termine questo processo, e che è ancora richiesta l’approvazione dell’accordo da parte del giudice. 

Pertanto da un lato non è certo al 100% che l’accordo venga approvato e che si possa arrivare allo sblocco dei fondi degli utenti Earn, mentre dall’altro anche in caso di approvazione ci vorrà ancora molto tempo prima che gli utenti possano prelevare i loro fondi. 

Sulla pagina gemini.com/earn del sito web ufficiale dell’exchange verranno pubblicate tutte le novità in merito a questo processo. 

Le accuse

Uno dei problemi però ancora da risolvere per Gemini è quello legato alle accuse di aver nascosto ai clienti di Earn il fatto che i loro fondi non sarebbero stati custoditi dall’exchange stesso, ma affidati ad una terza parte. 

Anzi, sembra che abbiano cercato di convincere i loro clienti che i fondi sarebbero stati assicurati dall’agenzia governativa statunitense FDIC, senza però chiarire in modo esplicito ed evidente che tale assicurazione valeva solo per i fondi detenuti sui wallet dell’exchange, e non per quelli affidati a terzi come nel servizio Earn. 

Non risulta però che queste accuse siano già state formalizzate in una denuncia alla magistratura, e probabilmente molto dipenderà dal fatto che gli utenti riescano effettivamente a recuperare tutti i loro fondi, o meno. 

La lotta di Cameron Winklevoss

Oltre al fatto che Gemini eventualmente possa aver convinto i propri clienti ad investire nel programma Earn mentendo sull’assicurazione dei fondi, il problema di fondo è stato causato da Genesis, e non dall’exchange. 

Infatti Cameron Winklevoss il mese scorso si era scagliato duramente contro il CEO di DGC, Barry Silbert, accusandolo di truffa. 

Genesis deve all’exchange 900 milioni di dollari, e secondo Winklevoss il CEO della holding del gruppo si sarebbe nascosto dietro avvocati e banchieri pur di non restituire quei fondi. 

A quanto pare queste dure accusa infine hanno avuto un effetto, ovvero quello di spingere Silbert ad accettare un accordo grazie al quale buona parte di quei fondi verranno restituiti, forse attingendo alle casse di DGC più che a quelle di Genesis. D’altronde è responsabilità di Genesis, e non di Gemini, l’aver scelto di appoggiarsi a FTX causando così involontariamente la venuta a mancare della liquidità necessaria per rimanere solventi. 

Anche perchè in precedenza, stando alle accuse di Winklevoss, Genesis aveva prestato più di 2,3 miliardi di dollari anche a Three Arrows Capital (3AC), ovvero un fondo crypto già fallito a giugno in conseguenza all’implosione dell’ecosistema Terra/Luna. Questo fallimento avrebbe lasciato una perdita netta di 1,2 miliardi di dollari nei conti del gruppo. 

I rischi dei servizi crypto

Questa brutta vicenda se non altro mostra piuttosto chiaramente quali rischi si possano correre investendo in alcuni servizi crypto. 

Innanzitutto quando si consegnano i propri fondi a qualcun altro non è affatto certo che il custode li conservi in totale sicurezza. Non solo può perderli a causa di furti, come già accaduto molte volte, ma può anche dissiparli a causa di malagestione (vedi FTX) o addirittura consegnarli a propria volta ad un altro custode che magari li presta e non li riceve più indietro. 

Quello dei prestiti oltretutto è in assoluto uno dei sistemi più utilizzati nel settore crypto per pagare rendimenti, quindi chiunque affidi i propri fondi ad un custode che gli promette di pagargli un rendimenti dovrebbe sapere che molto probabilmente quei fondi verranno prestati a terzi sulla cui insolvenza non si può avere alcuna certezza. Infatti è proprio questo che è accaduto agli sfortunati clienti di Gemini Earn. 

Inoltre c’è anche sempre il rischio che chi chiede denaro promettendo guadagni menta pur di raggiungere il proprio scopo. Anzi, a dire il vero questa è una pratica diffusissima, e non solo nel settore crypto

Il problema è che quando le menzogne riguardano ad esempio la custodia dei fondi possono avere conseguenze anche molto gravi, come ad esempio la totale perdita dei fondi dati in custodia. 

Purtroppo anche l’auto-custodia non è priva di rischi, oltre al fatto che non genera rendimenti. Infatti sono ben noti molti furti che sono stati perpetrati ai danni di utenti che conservavano i loro token su wallet di proprietà, ma senza custodire con cura il seed o le chiavi private. 

Da notare che depositare i propri fondi su uno smart contract decentralizzato per ottenere dei rendimenti non è in realtà auto-custodia, perchè in quel caso la custodia viene affidata allo smart contract, che può sempre smettere di funzionare, essere hackerato, o prevedere qualche tipo di backdoor che consenta agli sviluppatori di sottrarre i fondi. 

In altri termini non c’è modo di azzerare i rischi derivanti da una possibile custodia non corretta se si vuole ottenere un qualche tipo di rendimento che vada oltre il mero holding dei token. 

Oltretutto anche il mero holding comporta dei rischi, non solo perchè l’auto-custodia si limita a spostare il rischio sicurezza dal custode del walet all’holder stesso, ma anche e soprattutto per via della volatilità del valore di mercato dei token, dato che holdare non significa affatto necessariamente guadagnare. 

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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