HomeCriptovaluteLa grande sfida del Tether al biglietto verde

La grande sfida del Tether al biglietto verde

La grande sfida del Tether al biglietto verde: Read this article in the English language here

Goldman Sachs, la più grande banca d’affari americana, sarebbe pronta a lanciare una criptovaluta peggata al biglietto verde, cioè ancorata in un rapporto di valore 1:1.

La crypto avrebbe già un nome, USD Coin, con la quale la big bank punta a diventare un operatore di rilievo nel settore delle valute digitali.

Di criptovalute legate al dollaro americano ne esiste già una, si tratta di Tether, emessa da Tether Limited, società delle Isole Vergini Britanniche.

Un progetto chiaramente inviso a certi ambienti a stelle e strisce.

Scorrendo giornali si intuisce quanto il Tether sia mal visto da esponenti di rilievo della business community che ruota intorno a Wall Street.

Ma è possibile parlare di un legame fra la nuova stable coin firmata Goldman Sachs e la diffidenza che ispira Tether?

Non si sa. Se un legame c’è, ad oggi, non è dimostrabile.

Ciò che si conosce bene però sono le “porte girevoli” tra la grande banca e le stanze dell’Amministrazione USA.

Chissà perché, spesso i CEO di Goldman Sachs diventano ministri o consulenti della Casa Bianca.

E vale anche il contrario: noti esponenti del mondo politico a Washington escono di scena e firmano contratti milionari con Goldman.

tether usd

A pensar male si fa peccato?

Com’è nato Tether

Tether è nato nel 2013 soprattutto come risposta a una delle più frequenti critiche nei confronti del mondo crypto, vale a dire gli eccessi di volatilità. Essendo un duplicato digitale del biglietto verde, in pratica, a ogni Tether corrisponde il valore di 1 dollaro nelle riserve di Tether Limited.

Se spostiamo lo sguardo verso Bitfinex, l’exchange più liquido al mondo e soprattutto unico hub distributivo di Tether, forse qualcosa si comincia a capire.

Bitfinex infatti non è soltanto il numero uno degli exchange ma deve parte della sua forza anche a Tether.

Insomma, per certi suoi concorrenti Bitfinex è una vera bestia nera, impedisce loro di conquistare la vetta.

Può essere questo, tra gli altri, uno dei motivi di ostracismo?

Bitfinex e l’attacco hacker

Ad aumentare la diffidenza contribuisce anche l’hacking perpetrato ai danni di Bitfinex nell’agosto 2016.

La perdita provocata all’exchange è stata rilevante, arrivando a colpire il 36% dei clienti, per un importo di 119,756 bitcoin, pari a circa 70 milioni di dollari.

La piattaforma è riuscita a recuperare tutti i fondi da restituire, soprattutto grazie a BFX, Bitfinex token.

Qualche giorno dopo l’attacco, infatti, quando la piattaforma è stata riaperta, Bitfinex ha utilizzato circa 10 milioni di dollari delle sue Contingent Liability Riserve per cominciare a restituire i fondi alle vittime dell’hacking.

Certamente avere fondi di riserva è stata una lungimirante precauzione dell’exchange ed è servito ad avere un bel tesoretto al momento giusto.

Il grosso della cifra, altri 55 milioni di dollari, sono stati restituiti sotto forma di azioni di Bitfinex, emesse come conversione del debito grazie a BFX (1 token per ogni dollaro rubato).

Va sottolineato che i clienti defraudati con l’hacking non sono stati obbligati a trasformare il proprio debito in azioni della società.

Hanno solo avuto l’opportunità o meno di convertire i loro soldi in un asset e puntare su un’azienda capace di generare utili annuali a otto zeri.

In pratica gli utenti che hanno avuto fiducia in Bitfinex si sono ritrovati dei BFX con la promessa che nel tempo avrebbero assunto un valore di $1 ciascuno.

In alternativa, vi era l’opzione di scambiare BFX per azioni di Bitfinex e di conseguenza percepire i dividendi di Bitfinex.

Certamente anche questo un buon investimento visto che ogni trimestre gli investitori riescono a mettersi in tasca cifre molto vicine al loro investimento iniziale.

Il 1° aprile 2017 sono stati restituiti gli ultimi cinque milioni.

Insomma, grazie ai suoi buoni utili, Bitfinex ha potuto ripagare tutti i clienti in soli otto mesi.

Ma tutto ciò non è bastato.

C’è chi continua a storcere il naso su Bitfinex e su Tether. Perché?

Il sospetto ricorrente è che non vi sia corrispondenza tra i Tether in circolazione e le relative riserve in dollari.

Si ipotizza che non esista un sottostante in grado di coprire il valore ufficiale della stable coin.

Una critica poco fondata visto che nel settembre 2017 Tether Limited ha dato corso a una Proof of Funds da parte della Friedman LLP, società di revisione con sede a New York.

Certo, all’epoca si trattava di un sottostante pari a circa 500 milioni di dollari, mentre ora si parla di oltre 2,4 miliardi.

Ma perché Bitfinex dovrebbe mentire e perdere la faccia su Tether?

A ben vedere, la popolarità di Tether è acclarata, la curva di adozione è logaritmica. Non è un caso se lo scorso gennaio siano stati emessi altri 430 milioni di Tether.

Come detto poco sopra, l’unico hub distributivo di Tether è Bitfinex.

Quindi la decisione di emettere nuovi Tether è legata al fatto che l’hot wallet di Bitfinex rimanga a secco della coin.

Il meccanismo di emissione avviene così: quando Bitfinex finisce i Tether si rivolge alla società Tether Limited per comprare nuove coin.

Il pagamento avviene all’interno della stessa banca in cui sono conservate le riserve di entrambi i progetti.

Tether come Store of value

In qualità di stable coin, Tether è esplosa soprattutto perché rende più facile trasferire le valute fiat tra le varie piattaforme.

Allo stato attuale, infatti, non è possibile trasferire valuta fiat da un exchange all’altro in maniera diretta, ovvero senza passare attraverso il proprio conto in banca.

Tether pertanto aiuta ad accorciare i tempi delle banche ed evita difficoltà con il proprio istituto finanziario nel momento in cui quest’ultimo si accorge dei vari spostamenti da piattaforme crypto.

Ma non solo: in quanto stable coin, Tether può rappresentare in prospettiva una store of value per coloro che vivono in Paesi come Argentina, Brasile, Ucraina, Sud Africa, India, Cina.

Tutte nazioni con forti controlli sui movimenti di capitali e, magari, un tasso di inflazione fuori controllo.

Infine, un altro utilizzo di Tether è la remittance per lavoratori immigrati che ogni mese mandano soldi alle proprie famiglie.

Di solito, per questo tipo di transazioni, vengono utilizzati dei money transfer ma le commissioni possono raggiungere fino al 15%. Una vera estorsione nei confronti di chi non ha alternative.

A ben vedere, proprio Tether, può invece rappresentare un’innovazione senza precedenti per varie forme di pagamento.

Inoltre, una persona con dei Tether sul proprio wallet non può esserne privata, come magari succede per chi è in possesso di altre crypto, come bitcoin.

In più Tether presenta un vantaggio assai rilevante: non comporta rischi di volatilità o comunque ridottissimi.

Sorge il sospetto che certe critiche a Tether trovino credito soprattutto in ambienti che temono una valuta in qualche modo concorrente al biglietto verde.

E’ noto che il dollaro USA è ad oggi la principale moneta di riferimento e di riserva a livello internazionale.

Forse si teme che venga meno un “signoraggio” globale, con tutto quello che potrebbe significare per la maggiore superpotenza planetaria.

Nel frattempo Tether va per la sua strada.

Basti pensare che i maggiori otto exchange su dieci, per importanza di volumi scambiati in USD, hanno listato Tether. E gli unici due che hanno deciso di non utilizzare Tether sono americani, ovvero Gemini e Gdax.

Chissà, a proposito di sospetti, nasce quello che non sia proprio casuale.

A partire da gennaio 2018 è cominciata l’emissione di Tether Euro (EURT), che verrà seguita nei prossimi mesi da Tether Sterlina (GBPT) e Tether Dollaro Canadese (CADT).

Anche in termini di legalità e collaborazione con le istituzioni, sia Bitfinex che Tether hanno sempre dato il proprio supporto a FBI, CIA e polizia postale, nella caccia a malintenzionati e delinquenti.

E, per concludere, il CEO di Bitfinex, J.L. Van der Velde, fa anche parte della task force Europol per la lotta contro il cybercrime.

Si torna così alla domanda iniziale: perché tanta diffidenza?

Cosa dà fastidio? A chi gioverebbe vedere Tether uscire di scena?

Amelia Tomasicchio
Amelia Tomasicchiohttps://cryptonomist.ch
Esperta di digital marketing, Amelia inizia a lavorare nel settore fintech nel 2014 dopo aver scritto la sua tesi di laurea sulla tecnologia Bitcoin. Precedentemente è stata un'autrice di diversi magazine crypto all'estero e CMO di Eidoo. Oggi è co-founder e direttrice di Cryptonomist, oltre che Italian PR manager per l'exchange Bitget. E' stata nominata una delle 30 under 30 secondo Forbes. Oggi Amelia è anche insegnante di marketing presso Digital Coach e ha pubblicato un libro "NFT: la guida completa'" edito Mondadori. Inoltre è co-founder del progetto NFT chiamati The NFT Magazine, oltre ad aiutare artisti e aziende ad entrare nel settore. Come advisor, Amelia è anche coinvolta in progetti sul metaverso come The Nemesis e OVER.
RELATED ARTICLES

MOST POPULARS

GoldBrick