HomeCriptovaluteLo strano rapporto tra banche e criptovalute

Lo strano rapporto tra banche e criptovalute

Il 2019 ha segnato un cambio di tendenza nel rapporto tra banche e criptovalute. 

Infatti, storicamente l’atteggiamento degli istituti finanziari tradizionali nei confronti di questi asset, così nuovi e diversi rispetto a quelli con cui sono sempre stati abituati ad avere a che fare, è stato di dubbio e sospetto, per non dire di vera e propria diffidenza o addirittura sfiducia. 

È noto ad esempio che per le aziende che lavorano nel settore crypto sia sempre stato molto difficile trovare partner bancari disposti a lavorare con loro, se non in determinate circostanze ed in determinati luoghi, come la Svizzera, dove i timori sono già da qualche tempo inferiori alla media. 

Il primo segno chiaro, e netto, di questo cambiamento di tendenza si è verificato ad inizio anno, quando JP Morgan ha annunciato il rilascio di una propria valuta digitale, JPM Coin. Il fatto è che lo stesso CEO di JP Morgan, Jamie Dimon, a settembre 2017 aveva definito senza mezzi termini bitcoin come “una frode”.

Questo cambio netto di prospettiva, e soprattutto di giudizio, arrivò in un momento di particolare difficoltà del prezzo di bitcoin, visto che dopo aver raggiunto i massimi storici di circa 20.000 dollari a fine 2017, era crollato fino a poco più di 3.000 $ a dicembre 2018. 

Cosa era accaduto tanto da far cambiare idea a JP Morgan? 

Difficile a dirsi, ma sempre a febbraio del 2019 il Nasdaq decidette di listare gli indici di liquidità di Bitcoin ed Ethereum, mentre la BaFin tedesca autorizzò la prima STO

Pertanto non fu una singola decisione isolata di un solo istituto finanziario tradizionale, ma una specie di cambio di rotta che riguardava un po’ tutto il settore. 

Inoltre, nel mese successivo si iniziò a parlare concretamente di una possibile criptovaluta di Facebook, e questa notizia è stata poi in grado, nel corso dei mesi, di sdoganare le criptovalute anche nei confronti delle masse. 

Anzi, a giugno, quando fu pubblicato il whitepaper di Libra, il prezzo di bitcoin ha toccato dei massimi che non si vedevano da gennaio 2018. 

Questo progetto di Facebook ha innescato una serie di conseguenze che da un lato hanno sollevato un’enorme attenzione sulle criptovalute da parte delle autorità finanziarie globali, ma dall’altro hanno definitivamente chiarito che la finanza tradizionale non poteva starne alla larga. 

A dire il vero molte banche avevano già iniziato a sperimentare l’utilizzo di strumenti basati su blockchain, ma non specificatamente gli asset finanziari che ci girano sopra, come BTC o ETH. 

Ma la svolta principale probabilmente è stata l’interesse delle banche centrali, sia nei confronti di bitcoin, sia soprattutto per quanto riguarda la possibilità di emettere delle valute digitali, le cosiddette CBDC (Central Bank Digital Currency).

In particolare, forse proprio in reazione all’iniziativa di Facebook, è stata la banca centrale cinese (PBoC) ad aver fatto i maggiori passi in avanti in questo senso, arrivando addirittura ad annunciare l’avvio dei test per la propria CBDC, seguita dalla Banca Centrale Europea (BCE). 

A questo punto le notizie uscite a fine anno riguardanti servizi di trading o di custodia di criptovalute offerti da banche svizzere, e la decisione del Parlamento tedesco di autorizzarli anche in Germania, non sono giunte totalmente inaspettate. 

Se nel 2017 l’atteggiamento del sistema bancario tradizionale nei confronti delle criptovalute era ancora decisamente ostile, nel corso del 2018 qualcosa è cambiato, ed in questo 2019 ha iniziato a dare i propri frutti. Ormai le iniziative degli istituti finanziari che riguardano gli asset digitali sono numerose, ed è molto difficile immaginare un ulteriore cambio di tendenza che possa riportare tutto come prima, soprattutto in virtù del fatto che devono aver intuito che le criptovalute possano rappresentare un’ottima occasione di nuovo business. 

A tal proposito ad esempio Simone Billi, deputato italiano della Lega, dice: 

“Buono che le banche italiane stiano cercando nuovi business, come quello dei servizi di custodia per le criptovalute, in un settore, quello bancario, in crisi ormai da anni. In questo modo le banche possono aumentare le entrate senza aumentare le spese dei conti correnti. È comunque importante il controllo delle autorità, in modo da evitare abusi, soprattutto in un settore ancora poco regolamentato.”

Inoltre anche gli stessi clienti delle banche potrebbero essere propensi ad apprezzare servizi legati alle criptovalute offerti loro proprio direttamente dagli stessi istituti finanziari. 

Marco Amadori di Inbitcoin a questo proposito afferma:

“Penso quello che dicevo già qualche anno fa, quando sostenevo che era sia inevitabile che un servizio utile per molte classi di persone. Inevitabile perché da questo mercato le istituzioni finanziarie classiche è ovvio che vogliano espandersi in altri mercati vagamente correlati e utile perché non tutti vogliono avere i “soldi dei grandi” con la responsabilità che ne deriva. Perché dovrei imparare a gestire la mia libertà finanziaria finché non ne vedo le minacce? (ovviamente molti di noi hanno un sacco di risposte a questa domanda). Non per essere stereotipale ma esplicativo, ma se un anziano si trova bene da anni a gestire le sue finanze con lo storico direttore suo coetaneo della banca locale, perché chiedergli di cambiare le sue abitudini per avere accesso a Bitcoin? Bitcoin non impone a tutti di diventare cypherpunk, semplicemente lo permette.”

Insomma, il vento nel settore bancario è cambiato, e mentre prima soffiava contro le criptovalute, ora sembrerebbe iniziare a soffiare a favore, seppur con ancora molte turbolenze. Il 2019 non è stato ancora affatto l’anno dell’accettazione totale e definitiva, ma di sicuro perlomeno è stato l’anno del cambiamento di tendenza, con la presunta fine delle ostilità, e l’inizio forse di un rapporto più costruttivo.

Sul canale Youtube di Luigi Tecnologo ecco un parere in merito al confronto tra “l’euro digitale” e Bitcoin.

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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