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Coronavirus, possiamo sempre contare su Bitcoin?

A causa della propria relativa giovinezza, bitcoin è sempre stato uno degli asset più difficili da prevedere in relazione alla risposta ad eventi globali come il Coronavirus.

Le persone fanno continuamente speculazioni, ma è molto raro che qualcuno faccia costantemente valutazioni e previsioni accurate in merito alla direzione che prenderà.

Ci sono molti esempi a sostegno di questa affermazione, ma esaminiamo alcuni dei recenti sviluppi a cui tutti abbiamo assistito. A gennaio, durante le tensioni tra gli Stati Uniti e l’Iran, abbiamo avuto modo di assistere a qualcosa di curioso. Il prezzo di Bitcoin, quasi direttamente proporzionale a come si sono sviluppate le tensioni, ha continuato a salire. 

Il picco maggiore è avvenuto subito dopo che le forze statunitensi hanno ucciso il generale iraniano Qasem Soleimani. Si arrivò persino a un punto in cui si diceva che Bitcoin avesse raggiunto i 24.000 dollari sugli exchange di LocalBitcoins. Il forte aumento dei prezzi ha spinto alcuni analisti finanziari a dichiarare che bitcoin è un “bene rifugio” come l’oro.

Non sorprende che questi numeri non siano stati indicativi della realtà. La ragione di un prezzo così alto è stato un semplice malinteso dovuto alle divergenze di cambio del Paese. 

I venditori di LocalBitcoins, con sede in Iran, fissavano questi prezzi in base al tasso di cambio ufficiale stabilito dalla banca centrale iraniana. Tuttavia, questo tasso è utilizzato solo dal governo stesso e da una manciata di imprese. Per tutti gli altri vengono utilizzati i tassi internazionali.

La realtà di Bitcoin di fronte al Coronavirus

Contrariamente a questa percezione esagerata della buona prestazione, Bitcoin ci ha presentato una svolta completamente diversa in queste ultime settimane. 

Il Coronavirus si è diffuso rapidamente in tutto il mondo. Senza entrare troppo nel dettaglio, conta oltre 95.000 infezioni confermate e più di 3.300 morti, il panico ha sopraffatto il mondo, e ha colpito i mercati finanziari globali. A febbraio, il Dow Jones è sceso di circa 1.200 punti, che storicamente rappresenta la riduzione più significativa.

Invece di salire rapidamente, come sembra aver fatto nella percezione del pubblico durante le tensioni tra Stati Uniti e Iran, il prezzo di bitcoin è sceso in modo significativo. Proprio alla fine di febbraio, era sceso di quasi il 10%.

Non ci è voluto molto tempo prima che gli esperti finanziari si esprimessero in merito. Molti di loro hanno suggerito che bitcoin non fosse affatto un “bene rifugio” come molti pensavano. Ha dimostrato di essere ancora un asset class piuttosto volatile.  

Certo, in alcuni rari e specifici casi ed eventi economici, bitcoin può sembrare un bene rifugio; anche in presenza di eventi globali. Tuttavia, nel caso di un evento globale come il Coronavirus, che si presenta con una dose extra di tensione e panico di massa in tutto il mondo, talvolta è troppo difficile da superare.

Proprio all’inizio di marzo, bitcoin è sceso di circa il 6%, al di sotto della sua soglia psicologica di 9.000 dollari, che da allora ha riconquistato, al momento della stesura di questo articolo. 

Una cosa è chiara però, non possiamo permetterci il lusso di definirlo un “bene rifugio”, vista la sua elevatissima volatilità e i suoi continui alti e bassi.

Giorgi Mikhelidze
Giorgi Mikhelidze
Giorgi è un software developer che vive in Georgia con due anni di esperienza nel trading sui mercati finanziari. Ora lavora per aumentare la conoscenza della Blockchain nel suo Paese e cerca di condividere le sue scoperte e ricerche con quanta più gente possibile.
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