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Dal bitcoin una rivoluzione per Cuba

Dopo la rivoluzione socialista, a Cuba potrebbe consumarsi una rivoluzione digitale. Per lo meno questa è l’idea della società BitcoinCuba, la cui mission dichiarata è quella di educare la società cubana all’uso dei bitcoin, e aiutare le autorità a superare il controverso sistema vigente della duplice moneta.

Fernando Villar, il fondatore cubano-americano della società, è convinto di poter convincere le imprese dell’isola a servirsi delle criptovalute per i loro affari e le famiglie a usare bitcoin per aggirare i controlli di capitale.

Il manager ha fatto sapere di aver eseguito la prima transazione in bitcoin tra Usa e Cuba nel 2015, effettuata con un wallet Airbitz, vincitore del primo premio nella categoria startup alla Inside Bitcoins Conference di New York di quell’anno, grazie alla rete Internet wi-fi che il governo socialista aveva appena iniziato a installare nei parchi pubblici.

Il futuro del Bitcoin a Cuba è promettente, ma ci vorrà del tempo”, spiegava Villar in un’intervista a CCN di tre anni fa, in cui sottolineava che i cubani “soltanto adesso possono connettersi alle reti wi-fi” pubbliche.

Anche se la connessione a Internet, un requisito di base per blockchain e criptovalute, è possibile nei luoghi pubblici, le reti wi-fi sono accessibili ma a un costo proibitivo di due dollari l’ora: non sono molti i cubani che possono permettersela, se si pensa che il salario medio è di 20 dollari al mese.

Un ostacolo alla diffusione del bitcoin e di altre crypto potrebbe essere dunque rappresentato dalla scarsa familiarità con le nuove tecnologie della gente e delle autorità. Diaz-Capel pare sia un appassionato di hi-tech con idee più liberali rispetto ai suoi due predecessori, ma resta ancora tanta strada da fare per spingere il settore privato e quello pubblico ad abbracciare l’innovazione digitale.

Fine era Castro

Il passaggio di consegne da Raùl Castro a Miguel Diaz-Capel, attuale vice presidente, ha una valenza storica dal punto di vista simbolico perché dopo quasi 60 anni mette fine all’era Castro, famiglia al potere da quando Fidel nel 1959 ha cacciato il dittatore filo americano Fulgencio Batista. La staffetta interna al partito comunista, tuttavia, dicono i commentatori della BBC e gli opinionisti citati da Quartz, sarà insufficiente a favorire una significativa apertura politica dell’isola.

Raùl, 86enne fratello di Fidel, ha ceduto l’incarico a uno dei suoi più fedeli delfini, un ingegnere burocrate di lungo corso del partito comunista da lui stesso cooptato, ma resterà alla testa della formazione fino al 2021. Questo fa pensare che il presidente uscente continuerà a dettare l’agenda politica dalle retrovie. Il sistema del partito unico resterà intatto, ma a essere riformati potrebbe essere alcuni aspetti economici.

Cuba ne avrebbe bisogno: il nuovo “lìder” eredita un paese impantanato in una fase di stagnazione economica da cui non riesce a uscire. L’economia dal 2016 è in recessione, evento che non si verificava dai tempi della implosione dell’Unione Sovietica. All’inizio Diaz-Capela cercherà di mantenere un approccio cauto, ma presto potrebbe venire incontro al desiderio di cambiamento della popolazione più giovane.

Superare il sistema della doppia moneta

Un primo passo per farlo sarebbe quello di superare il sistema assurdo della doppia moneta. A Cuba al momento c’è chi viene pagato in peso convertibili (CUC) e chi riceve invece buste paga in CUP (peso comuni). I primi guadagnano molto di più dei secondi. L’introduzione di una criptovaluta potrebbe aiutare ad aggirare i controlli di capitali e accompagnare il popolo cubano durante il passaggio a un nuovo modello monetario.

Il paese, ancora isolato sia diplomaticamente sia sotto il profilo del commercio, che tanto dipende dai sussidi del Venezuela, un paese in profonda crisi economica, ha un disperato bisogno di qualunque idea e il bitcoin, un mercato da 140 miliardi di capitalizzazione, potrebbe rappresentare la soluzione ideale per aprire Cuba a nuovi mercati.

I cubani devono fare i conti con un sistema monetario duale che rende difficile competere in un mercato globale. Non ci sono molte piattaforme di scambio di valute in cui le persone comprano peso cubani o peso convertibili, pertanto la loro divisa non vale praticamente nulla fuori dall’isola”, ha spiegato Villar.

Gli esempi di Venezuela e Puerto Rico

Adottare anche solo in minima parte i bitcoin potrebbe cambiare completamente la situazione e “aiutare gli imprenditori cubani a vendere i loro beni o servizi all’estero in un molto semplice ed efficiente. Saranno questi imprenditori a elevare le potenzialità dell’economia nel prossimo futuro”.

Oltre a Cuba ormai il bitcoin ha coinvolto la maggior parte delle aree geografiche della Terra. Per citare due paesi vicini, politicamente o geograficamente, a Cuba, Venezuela e Puerto Rico si stanno già muovendo in questo senso.

Caracas lo sta facendo con il lancio dei petro legati al petrolio, il cui obiettivo principale di aggirare le sanzioni americane ed europee, mentre l’isola caraibica 51esimo Stato USA ha detto di voler sfruttare lo statuto di semi paradiso fiscale per attirare cripto investitori.

Daniele Chicca
Daniele Chicca
Laureato in lingue e letterature straniere all'Università di Bologna, con un anno da undergraduate presso la UCL di Londra. Giornalista professionista dal 2007, si è con il tempo specializzato in finanza, economia e politica. Dopo tre anni presso il desk di Reuters a Milano, ha lavorato per diverse testate, contribuendo tra le altre cose a portare a un incremento del traffico progressivo sul sito Wall Street Italia e offrendo servizi di vario genere da inviato per Radio Rai e per le agenzie stampa AGI e TMNews (ex Apcom). Al momento è responsabile della redazione, della linea editoriale e del coordinamento di un importante sito di informazione economica e finanziaria
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