Lo scorso venerdì, il Wall Street Journal ha accusato l’exchange Shapeshift di essere responsabile del riciclaggio di 9 milioni di dollari. Shapeshift oggi ha risposto alle accuse con un blog post, dicendo che gli articoli del WSJ sono “di fatto imprecisi e ingannevoli“.
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Il post è stato scritto da Erik Voorhees – il CEO dell’azienda – e sostiene che “hanno lavorato con i giornalisti per 5 mesi sotto falso pretesto“.
Solo leggendo le prime tre righe dell’articolo del WSJ è facile supporre che si tratti di una discussione piuttosto sensazionalista:
“Un agente nordcoreano, un venditore di carte di credito rubate e la mente dietro uno schema Ponzi da 80 milioni di dollari avevano un problema comune. Avevano bisogno di riciclare il loro denaro sporco. Hanno trovato una soluzione comune con ShapeShift AG[…..]“.
Eppure, questo è da aspettarsi dai media tradizionali. Il fatto più interessante è che – secondo Voorhees – il WSJ “ha omesso informazioni rilevanti”.
I giornalisti hanno apparentemente cercato di analizzare due anni di dati della blockchain e, come ha detto Voorhees, “gli autori non hanno una sufficiente comprensione delle blockchain e della nostra piattaforma in particolare”.
La conclusione alla quale il WSJ è arrivato dall’analisi è che 9 milioni di dollari sono stati riciclati sull’exchange, ma Shapeshift spiega il perché questo non sarebbe vero.
Inoltre, il WSJ ha omesso di spiegare che – anche se le accuse fossero vere – i 9 milioni rappresenterebbero solo circa 0,15% del flusso di denaro totale di Shapeshift.
“L’articolo prende di mira ShapeShift e implica che l’azienda sia un bastione di attività illecite perché non aveva precedentemente richiesto informazioni sugli utenti [KYC, n.d.r.], nonostante gli stessi dati mostrano che altri exchange (che hanno preso informazioni sugli utenti) avevano cifre simili”.
Inoltre, Shapeshift sostiene che molti fatti rilevanti che sono stati condivisi con i giornalisti non sono stati inclusi.
Ad esempio, il WSJ non ha parlato del fatto che l’azienda avrebbe offerto “preziosa assistenza in oltre 30 indagini in 13 Paesi diversi” o della collaborazione tra Shapeshift e altri exchange per bloccare attività illecite, e nemmeno del fatto che Shapeshift abbia bloccato interi Paesi che sono nella lista delle sanzioni.
Il post prosegue esaminando alcune delle analisi effettuate dal WSJ e conclude:
“In altre parole, 600 dollari di fondi sospetti sono stati inviati ad un exchange che non era ShapeShift. Poiché ShapeShift è un cliente di questo stesso exchange. 10 mesi dopo, in una transazione completamente indipendente – l’exchange ha inviato fondi a ShapeShift. Gli autori non hanno capito come leggere correttamente le transazioni sulla blockchain, così hanno pensato che ci fossero $70.000 di denaro sporco inviato a ShapeShift”.
In conclusione
Mentre il grande pubblico è sempre più consapevole dell’esistenza – e persino del potenziale – di bitcoin e di altre criptovalute, le tendenze sensazionaliste dei media mainstream continueranno a demonizzare le valute virtuali finché la gente non smetterà di crederci o se ne annoierà.
Tale reazione è tipica di ogni nuova tecnologia e ricorda l’allarmismo sull’IA, del microonde e persino di Internet stesso. È qualcosa che ci si aspetta di migliorare grazie alla maggiore consapevolezza e alla crescente adozione.