The Cryptonomist ha intervistato Massimo Morini, advisor della Cardano Foundation e professore di blockchain e criptovalute all’università USI di Lugano per parlare di tecnologia, AI e del futuro della DeFi.
Come vedi l’evoluzione della tecnologia blockchain nei prossimi cinque anni e quale ruolo vedi per il tuo lavoro in questo sviluppo?
Nei prossimi anni, forse meno di cinque, la tecnologia blockchain per continuare a crescere dovrà diventare fino in fondo se stessa. Davvero decentralizzata e sempre più utilizzabile. Con la crescita di dimensione, il rischio più grande è che venga notata solo perché è al confine del mondo regolamentato. La salvezza è nella sua identità. Bitcoin ha continuato a crescere perché è davvero decentralizzato, e a suo modo usato proprio per questo.
Ethereum è ancora più interessante perché ha usato la sua crescente decentralizzazione per far nascere una nuova economia, fatta di progetti DeFi e della tecnologia per renderli scalabili e sicuri, anche a layer due. Parecchio è ancora da fare, soprattutto dal lato della Governance. Con Cardano, per esempio, stiamo lavorando alla transizione alla governance decentralizzata. Cardano sta prendendo questa strada con una determinazione che ancora non si vede abbastanza in altri ecosistemi. E affinché la governance decentralizzata funzioni, gli utenti che partecipano devono conoscere il sistema che governano, nei suoi aspetti matematici, tecnologici, ed economici.
Quali sono alcune delle applicazioni più promettenti della blockchain e delle criptovalute che vedi emergere, specialmente nel contesto dell’economia globale?
Ricordiamoci che la blockchain non ha una distinzione veramente netta tra tecnologia, investimento, finanziamento, e applicazione. Il token, per esempio, è l’unità della tecnologia blockchain, è una forma di finanziamento, è un investimento, è uno strumento che permette altre applicazioni dal DeFi alla tokenization. Ora mi affascina come la crescita dei token abbia fatto nascere il defi che sta facendo crescere i layer due che stimolano applicazioni dove vengono verificati dati e calcoli con grande efficienza. Il mondo ora ha davanti quella che sappiamo essere una delle più grandi opportunità della storia, l’AI. Molti la considerano anche un grande rischio, ma bisogna capire in che senso.
Per me, l’AI è un rischio nella misura in cui diventa opaca, manipolata, privata. Allora può terminare quasi tutto ciò che conosciamo. Se invece rimane trasparente, verificabile, oggettiva, allora non c’è da avere paura. Il mondo blockchain ha la sola tecnologia per farlo: homomorphic encryption, hash su ledger immutabili, zero-knowledge proof… possono dare privacy e verificabilità, prevenire le manipolazione, certificare i passaggi algoritmici, e sempre più anche per algoritmi complessi. Chissà che non sia questa la killer app… O meglio, la saver app.
Cardano è nota per il suo approccio sostenibile e scalabile alla blockchain. Puoi spiegare come queste caratteristiche differenziano Cardano da altre piattaforme blockchain e quali vantaggi offrono?
Cardano è spesso ricordata per la privacy e la scalabilità del suo sistema e-utxo, o per l’inclusività del suo sistema di staking a cui tutti possono partecipare, e senza costi per l’ambiente. Sono grandi qualità che hanno richiesto e richiedono molto lavoro. Ma io credo che Cardano sia di più. Cardano è nata con un piano molto chiaro e molto onesto. Ha riconosciuto la difficoltà del bootstrap di ogni blockchain e quindi ha cercato di crescere in modo trasparente e poi ha cominciato a decentralizzare davvero il consenso, riuscendoci in pochi anni.
Oggi lo sta facendo con la governance. Nel frattempo, ha usato le sue risorse in modo coerente e attendibile, in quanto i suoi meccanismi di gestione delle risorse sono algoritmici e parametrizzati. Questo è quasi unico nella storia della blockchain, ed è necessario per poter davvero decentralizzare. Proprio ora Cardano sta passando questo algoritmo vivente a chi se ne dovrà occupare nel lungo termine, gli utilizzatori. E questo deve essere fatto bene. La storia di Cardano fa ben sperare.
Come pensi che la blockchain e le criptovalute possano integrarsi con le istituzioni finanziarie tradizionali? Ci sono delle sfide specifiche che dobbiamo affrontare?
Nè il mondo blockchain nè le istituzioni devono lasciarsi scappare l’occasione nata dal dibattito sulle Central Bank Digital Currencies. Se queste nascono su una tecnologia compatibile con la blockchain, allora l’integrazione la vedremo davvero e sarà più rapida del previsto. Altrimenti, l’integrazione rallenta di anni. Ma solo di anni, perchè se saranno le istituzioni a dimenticare che l’idea della CBDC è nata da Bitcoin e proporranno qualche soluzione ancora più centralizzata di quelle di oggi, anche loro prenderanno un’enorme occasione.
La blockchain può rendere le banche più affidabili ed efficienti mantenendo la loro decentralizzazione, e può dare ai cittadini la sola forma di denaro digitale che davvero possa sostituire il cash come quella parte della moneta che preferiamo gestire autonomamente. Una tecnologia troppo simile a quelle tradizionali e ancor più centralizzata, anche se ben gestita dalla banca centrale e con la partecipazione delle banche, non può raggiungere questi obiettivi e anzi aumenterà i rischi sistemici, riuscendo a durare.
In qualità di Professore alla USI di Lugano, quali sono le principali sfide e opportunità nell’insegnare blockchain e criptovalute? Quali competenze ritieni siano essenziali per gli studenti che vogliono entrare in questo campo?
La blockchain non è “una” tecnologia. E’ un insieme di discipline. La matematica della crittografia e degli algoritmi, la tecnologia delle piattaforme e della programmazione, l’economia della game theory, dei mercati, e dell’accounting sui registri distribuiti. Non è facile trovare studenti che hanno, o che sono pronti a formarsi, questo background. Anche se l’USI, che ha un focus su economia e finanza da un lato, e tecnologia e computer science dall’altra, parte piuttosto bene su questo. Poi qualsiasi studente approfondirà più una parte e meno un’altra, e aggiungerà a queste conoscenze, più o meno approfondite, quelle altre che servono alla community, comunicazione, marketing, social, legal. Ma è importante in questo settore mantenere la mente aperta, non avere mai paura della tecnologia o del quadro normativo che si evolvono, di sapere di più anche se non si può mai sapere tutto. Anzi, questo atteggiamento è più forte in blockchain che in ogni altro settore, ed è uno dei suoi contributi alla società e agli individui.
La finanza decentralizzata sta guadagnando sempre più attenzione. Quali sono le tue previsioni per il futuro della DeFi e come pensi che influenzerà i mercati finanziari tradizionali?
I mercati tradizionali sono stagnanti da oltre un decennio, dai tempi della grande crisi finanziaria. Nel bene o nel male, hanno perso la forza trainante che avevano quando io entrai nel settore, prima della crisi. Ora è la tecnologia che guida, e in realtà il settore del DeFi è la sola parte della finanza che cresce e innova continuamente. E lo fa avendo contro tutti, senza avere regole chiare, e senza creare nemmeno metà delle instabilità che sono quasi normali in finanza. Sono passati ormai più di due anni dal primo, e ad oggi quasi unico, serio problema nato attorno a questo mondo, il caso di FTX e gli altri dello stesso periodo. Ma poco più di un anno da quattro default bancari tra i più grossi di sempre, salvati solo dalle banche centrali. Di questo si parla meno, ma le banche sanno che sono il sintomo che qualcosa non va e si stanno dando da fare più di quanto appaia. Ma ad oggi, non riescono a uscire dalla sicurezza di un mondo dove tutto è iperegolato per essere alla fine protetto dalla banca centrale. Allo stesso modo, la blockhcain fatica a darsi da sola quelle regole che potrebbe darsi e che potrebbero far capire al mondo perché può funzionare meglio dei sistemi tradizionali. Ad ora, i due settori si parlano, ma è un dialogo tra sordi.