RippleX ha avviato un confronto pubblico sul possibile arrivo dello staking nativo su XRPL, tema che intreccia scelte tecnologiche, incentivi economici e governance della rete.
Summary
Perché RippleX valuta lo staking nativo su XRPL?
Il team di RippleX sta studiando se e come un meccanismo di remunerazione possa integrarsi in modo coerente con l’architettura del XRP Ledger, operativo da oltre dieci anni.
Il registro utilizza un modello di consenso di tipo Proof-of-Authority e non il Proof-of-Stake che sostiene la maggior parte delle piattaforme DeFi moderne. Di conseguenza, oggi non esiste alcun sistema di blocco e remunerazione dei token.
Inoltre, il protocollo brucia le commissioni di transazione invece di distribuirle ai validatori. Detto ciò, il dibattito interno punta a capire se un meccanismo di rendimento possa essere compatibile con questa logica di base.
Qual è il contesto che ha riaperto il dibattito?
A inizio 2024, il responsabile ingegneria di RippleX, Ayo Akinyele, ha aperto la discussione con un thread su X. Il punto di partenza è stato il lancio del primo spot ETF su XRP e l’attesa di ulteriori prodotti istituzionali.
Secondo Akinyele, l’arrivo di ETF, prodotti di tesoreria tokenizzati e fondi monetari on-chain segnala una nuova fase di adozione da parte delle istituzioni. Tuttavia, questa evoluzione spinge a chiedersi come debbano evolvere anche gli strumenti nativi del ledger.
Da qui sono nate conversazioni con il CTO di Ripple, David Schwartz, sul fatto che il protocollo possa un giorno supportare una forma di rendimento integrata e su quali cambiamenti sarebbero necessari.
1/6 XRP has always been about moving value quickly and efficiently. Over the years, it has gone from powering payments to helping settle tokenized assets and enabling real-time liquidity across different markets.
— J. Ayo Akinyele (@ja_akinyele) November 18, 2025
Perché il modello Proof-of-Stake non è replicabile su XRPL?
Akinyele chiarisce che il registro non può limitarsi a copiare gli schemi usati dalle blockchain Proof-of-Stake. Oggi il sistema garantisce pagamenti rapidi, costi ridotti e un voto uguale per ogni validatore, indipendentemente dalle disponibilità in token.
Inoltre, nel disegno attuale il potere dei validatori non è collegato a incentivi economici, né alla quantità di asset detenuti. Per questo, un eventuale meccanismo di rendimento dovrebbe perseguire obiettivi completamente diversi rispetto ai modelli tradizionali.
L’ingegnere sottolinea anche due nodi critici: la necessità di una fonte di rendimento chiaramente definita e di una modalità equa di distribuzione. Detto ciò, proprio queste scelte determinerebbero come il valore si muove all’interno della rete.
Qual è la posizione dei vertici di Ripple?
Nel dibattito è intervenuto anche il CEO di Ripple, Brad Garlinghouse, che ha elogiato l’apertura di Akinyele e ha invitato la community a riflettere su quali funzionalità la rete possa supportare mentre nascono nuovi progetti DeFi basati su XRP.
In risposta, David Schwartz ha ricordato quanto l’industria sia cambiata dal lancio di XRPL nel 2012. Ha ammesso che anche le sue opinioni su consenso e governance si sono evolute, spingendolo a rivedere il ruolo dell’asset nei diversi ecosistemi.
Schwartz cita sia soluzioni off-chain, come Flare, MoreMarkets, Axelar e Doppler, sia l’attività nativa on-chain. Inoltre, con i lavori su programmabilità e smart contract, vede un’occasione per ripensare a quali funzionalità DeFi aggiuntive potrebbero essere introdotte in futuro.
Quali scenari tecnici sono stati ipotizzati?
Un validatore dUNL noto come Vet ha espresso dubbi sull’utilità di un modello di rendimento in un network che non si basa su Proof-of-Stake, chiedendo quale problema concreto andrebbe a risolvere.
Schwartz ha risposto delineando due ipotesi tecniche. La prima prevede un secondo livello interno composto da circa 16 validatori incentivizzati, scelti dallo strato esterno in base al blocco di asset, con eventuali penalità usate solo per l’avanzamento del ledger.
La seconda mantiene intatto il consenso attuale ma utilizza le commissioni per finanziare prove crittografiche zero-knowledge, che attestino la corretta esecuzione degli smart contract, sollevando così i nodi dall’onere di eseguirli direttamente.
Detto ciò, lo stesso CTO definisce entrambe le soluzioni ingegnosamente eleganti a livello teorico, ma probabilmente poco adatte, nel breve termine, a un’implementazione pratica o salutare per l’ecosistema.
Quali rischi economici e di allineamento emergono?
Parallelamente, Vet ha avvertito che l’introduzione di rendimenti potrebbe generare disallineamenti tra interessi di utenti e validatori, con il rischio di aumento delle commissioni.
Ha sollevato anche interrogativi su chi dovrebbe ricevere i proventi e ha ricordato che una redistribuzione delle fee potrebbe innescare problemi di governance, rischi di attacchi Sybil e concentrazioni di validatori alla ricerca di costi operativi più bassi.
Akinyele ha risposto punto per punto. In particolare, ha ribadito che il consenso non dipende dall’influenza collegata agli asset bloccati e che i validatori non competono per la produzione di blocchi, quindi il meccanismo non potrebbe incidere direttamente sul processo di consenso.
Perché le fee sono considerate solo un filtro anti-spam?
Secondo il responsabile ingegneria di RippleX, il ledger riduce le tensioni tra utenti e nodi trattando le commissioni esclusivamente come strumento anti-spam e non come fonte di guadagno.
Per questo, l’introduzione di incentivi trasformerebbe il comportamento della rete in direzioni che l’architettura originaria aveva scelto esplicitamente di evitare. Inoltre, il fatto che solo i validatori nella UNL partecipino al consenso rende particolarmente delicata qualsiasi forma di remunerazione.
Pagare tutti o soltanto i validatori della UNL, infatti, potrebbe creare nuove superfici di rischio o incoraggiare chi opera i nodi a ottimizzare il sistema a proprio vantaggio. Tuttavia, queste sono ipotesi ancora allo stadio esplorativo.
Che impatto avrebbe sul decentramento dei validatori?
Akinyele sottolinea che incentivi mal progettati potrebbero spingere gli operatori a concentrarsi in data center economici, riducendo la resilienza della rete e andando in direzione opposta agli obiettivi di decentralizzazione.
Intanto, un contributore della community fa notare che Ripple detiene la quota più elevata di asset. Un eventuale sistema che colleghi il blocco dei token a diritti di voto potrebbe quindi amplificare l’influenza aziendale nelle procedure di governance.
Inoltre, questa asimmetria potrebbe rendere più semplice l’approvazione di modifiche al protocollo se il meccanismo di voto venisse ancorato alle quantità bloccate. Per questo, il tema delle rischi governance staking XRP resta centrale nel dibattito.
Quali sono le prospettive per lo staking su XRPL?
Al momento, i protagonisti della discussione ribadiscono che si tratta di una fase puramente esplorativa. Non esiste ancora una proposta concreta di staking XRP su XRPL né una roadmap ufficiale.
L’attenzione resta rivolta all’equilibrio tra efficienza, sicurezza, resilienza e neutralità della governance. Inoltre, la possibile competizione con gli ecosistemi DeFi già consolidati spinge a valutare con prudenza ogni modifica strutturale.
Nel complesso, l’apertura di RippleX segna però un passaggio importante: il ledger sta riesaminando i propri fondamenti per capire se e come integrare, in futuro, forme sostenibili di rendimento senza compromettere il modello originario di XRPL.

