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La Blockchain verso l’inclusione finanziaria

Può veramente la blockchain aiutare i Paesi in via di sviluppo a procedere verso quella che viene definita inclusione finanziaria?

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In un report del 2017, la Banca Mondiale affermava che circa 1.7 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso a banche o altri servizi finanziari. In percentuale, questo rappresenta quasi un quarto della popolazione mondiale. Non sorprende che la maggior parte di queste persone risieda nei Paesi in via di sviluppo, con una scioccante di percentuale per quanto riguarda le donne che ad oggi rappresentano ben il 56% del totale degli unbanked, ovvero coloro che non hanno accesso ad un conto corrente.

La mancanza di accesso ai servizi finanziari è spesso dovuta alla carenza d’infrastrutture fisiche e all’elevato costo delle transazioni bancarie. Nel suo rapporto del 2017, la Banche Mondiale sottolineava l’importanza delle innovazioni tecnologiche per ridurre i costi e le distanze che potrebbero consentire a questa parte della popolazione di accedere a servizi finanziari. In altre parole, la tecnologia digitale potrebbe aumentare la cosiddetta inclusione finanziaria.

Sebbene gli unbanked risiedano per la maggior parte in Paesi in via di sviluppo (India, Pakistan e Indonesia in testa), non dobbiamo considerare l’inclusione finanziaria solo un problema per le economie emergenti.

Infatti, anche nei Paesi più sviluppati come gli Stati Uniti, il problema dell’inclusione finanziaria non può considerarsi risolto. In una indagine condotta dall’FDIC riporta che nel Paese a stelle e strisce alcuni gruppi di minoranza sono altamente discriminati e privi d’inclusione finanziaria, come nel caso delle comunità ispaniche e afroamericane.

Di conseguenza, l’inclusione finanziaria è oggi un tema particolarmente rilevante anche tra le organizzazioni sovranazionali, ed è stato al centro del dibattito in un recente Blockchain Policy Forum dell’OCSE nel settembre. In ottobre, la Banca Mondiale, ha tenuto un summit a Bali in cui si è discusso tra gli argomenti quello del futuro della blockchain in tema di inclusione finanziaria.

Quali sono gli aspetti concreti attraverso i quali la blockchain technology potrebbe aiutare le persone in tema di inclusione finanziaria?

In primo luogo, dobbiamo considerare il “cosiddetto leapfrog effect che le nuove tecnologie come la blockchain potrebbero portare ai Paesi in via di sviluppo. Il leapfrog effect è il fenomeno attraverso il quale i progressi tecnologici consentono scorciatoie nella costruzione d’infrastrutture nei Paesi in via di sviluppo. Per esempio, oggi una nazione come il Kenya ha una rete a 4G più veloce ed efficiente che negli Stati Uniti.

Se i vecchi fili di rame e i telefoni fissi non sono più necessari per sviluppare un’efficace rete di comunicazione, allo stesso modo la tecnologia blockchain può aiutare le persone di tutto il mondo ad spendere e scambiare denaro in maniera più economica e veloce.

Le criptovalute moderne potrebbe contribuire a ridurre i costi di transazione per le rimesse dei lavoratori all’estero ed eliminare gli intermediari come Western Union o Ria.

Le rimesse, ovvero il denaro inviato ai residenti di un Paese dai lavoratori all’estero, costituiscono un’entrata decisamente rilevante per alcuni Paesi.

Per nazioni come El Salvador, ad esempio, le rimesse dei lavoratori all’estero costituiscono una sostanziale parte del PIL del Paese.

Ad oggi, l’America Latina è infatti il mercato di maggior rilievo per quanto riguarda i servizi di rimesse tra Paesi. In quest’ottica le cryptomonete ancorate al dollaro statunitense come Tether e USDC, potrebbero essere di grande utilità per coloro che vivono e lavorano all’estero e desiderano trasferire fondi ai propri familiari nel paese di origine.

Inoltre, l’adozione di un sistema basato sulla blockchain da parte dei governi potrebbe essere rilevante per aiutare la trasparenza in tema di spesa pubblica. Questo potrebbe creare una maggiore legittimazione e “accountability” in quei paesi dove le istituzioni non godono di un sufficiente fiducia e credibilità’ da parte dei contribuenti.

Innovazione tecnologica senza rischi?

L’innovazione tecnologica risulta spesso dirompente, e può causare uno spostamento negli equilibri di potere in una società. Già in passato, innovazioni tecnologiche come l’invio di denaro tramite telefoni cellulari nei Paesi africani per raggiungere angoli remoti del paese ha avuto successo a seconda dell’appoggio ricevuto dai governi locali.

Emblematico è il caso di M-Pesa, un sistema di pagamento tramite SMS diventato molto popolare in Kenya e che ha contribuito ad aumentare l’inclusione finanziaria del paese. Sistemi simile però non hanno avuto successo in altri paesi come la Nigeria, dove sono stati bloccati dall’ostruzionismo delle banche locali e del governo a questa nuova tecnologia.

Questo ci ricorda come le tecnologie come la blockchain possono essere sicuramente valide per aumentare l’inclusione finanziaria nel mondo, ma ci dice anche che queste devono trovare un punto d’accordo con il potere locale per essere veramente efficaci. In quest’ottica, è incoraggiante vedere che organizzazioni internazionali come la Banca Mondiale e l’OCSE appoggino positivamente l’idea d’inclusione finanziaria promossa attraverso la blockchain technology.

Francesco Giacomini
Francesco Giacomini
Francesco Giacomini è assistente di ricerca presso la London School of Economics and Political Science (LSE). Ha conseguito un master in Political Economy of Late Development presso la stessa università, ed è specializzato nel moderno mercato della cryptovalute e in sistemi finanziari decentrati del passato. In particolare, ha analizzato il sistema scozzese di Free-Banking nel XIX secolo.
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