In vino veritas. Figuriamoci quando va sulla blockchain.
Discorsi da ubriachi? Niente affatto.
La Cantina Volpone è infatti la prima azienda vinicola italiana ad usare la “blockchain del vino” con l’obiettivo di certificare la qualità e l’origine geografica.
I nasi e i palati dei sommelier avranno così un potente strumento per non farsi trarre in inganno. E soprattutto, le persone normali e senza una speciale cultura del vino, potranno accertarsi di molte cose, al di là di quanto scritto sull’etichetta.
Per cantina Volpone il sodalizio con la blockchain è avvenuto grazie alla partnership con una startup attiva nel mondo delle soluzioni informatiche del food EzLab e il colosso Ernst Young Italia (EY).
Summary
Come funziona
Immaginate di acquistare delle bottiglie di Falanghina, uno dei prodotti di punta della cantina pugliese.
Grazie a un QR code stampato sull’etichetta della bottiglia, tutte le informazioni relative alla produzione del vino sono raccolte sulla blockchain e quindi condivise in modo trasparente e tracciabile grazie all’utilizzo di Ethereum.
Questa carta d’identità digitale del vino rappresenta un’opportunità essenziale per combattere contro i ribassi dei prezzi creati da prodotti stranieri che, non a caso, falsificano i prodotti made in Italy.
“Il tutto è stato collegato al mondo fisico attraverso la registrazione della firma digitale del proprietario della società, in modo che non ci sia un altro individuo che possa essere in grado di registrare qualcosa utilizzando il nome Volpone”, spiega Gerardo Volpone, Senior Consultant di EY e responsabile della cantina.
Quanto è importante la tracciabilità
C’è un interesse mondiale crescente dei consumatori verso i prodotti tracciabili: ben il 74% si considera influenzato nell’acquisto dal fatto di avere delle informazioni, mentre il 60% controlla tutte le etichette dei prodotti.
Inoltre, 9 consumatori su 10 affermano di voler sapere di più circa la produzione del vino Made in Italy e sui criteri di certificazione di questa bevanda alcolica. Addirittura il 70% spiega che è disposto a pagare di più per un prodotto a condizione che la provenienza sia garantita con trasparenza.
Altri use case di blockchain nel settore del vino
Esiste anche un’altra iniziativa italiana che lega la tecnologia blockchain al mondo del vino. Si tratta di My Story, soluzione ideata da Dnv GI per tracciare tutto, dalla vite alla bottiglia.
Anche in questo caso la blockchain si dimostra una tecnologia che non si applica solo alle transazioni finanziarie, ma permette di registrare qualunque tipo di informazioni, aiutando a creare fiducia anche nel settore della produzione commerciale, specie dove questa è il frutto di numerosi passaggi. Non resta che augurare a tutti: prosit!