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Crypto: le ultime news sulle norme in Italia e in Europa

Come ormai precedentemente annunciato in diverse news, nel disegno alla legge di bilancio è stato inserito un pacchetto di norme che finalmente si occupa del trattamento fiscale delle crypto o, per usare l’espressione impiegata nella proposta legislative, delle cripto-attività.

Questa però non è la sola news legislativa sulle crypto che si attende. Facciamo il punto.

Partiamo dal disegno della legge di bilancio: la buona notizia è che adesso diventa concreta la prospettiva di disporre di un quadro normativo chiaro, rispetto alla situazione di indeterminatezza, anche alimentata da atti interpretativi dell’Agenzia delle Entrate, tutt’altro che chiari e talvolta in contraddizione.

La notizia meno buona è che il testo del disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri, presenta una serie di aspetti che necessiterebbero di consistenti precisazioni e affinamenti, senza i quali la normativa rischia di non portare i frutti sperati, soprattutto se l’obiettivo che si vuole cogliere è quello di agevolare ed incoraggiare l’emersione di materia imponibile.

Ora, il disegno di legge ha da poco intrapreso l’iter parlamentare di approvazione e sono stati già presentati qualcosa come 3.000 emendamenti, prevalentemente da parlamentari dell’opposizione.

Cosa uscirà fuori da questo percorso è tutto da vedere, ma proviamo a passare in rassegna gli aspetti sui quali sarebbe indispensabile intervenire e come sarebbe utile che le future disposizioni legge venissero corrette.

Le news sul trattamento fiscale delle crypto 

Partiamo dal regime di imposizione fiscale: va bene la creazione di un’imposta sostitutiva che scatta in caso di plusvalenze di importo superiore ai 2.000,00 euro, ma innanzitutto c’è un problema legato alla base di calcolo.

Infatti, poiché non esistono quotazioni ufficiali delle cripto-attività, riuscire a stabilire in modo obiettivo, che non lasci spazio a possibili dubbi, il valore delle plusvalenze, basandosi sui criteri ordinari di valutazione, può risultare problematico.

La soluzione potrebbe essere quella di offrire al contribuente l’opzione di quantificare la base di calcolo del differenziale tra il valore attribuito alle cripto-attività al momento in cui sono state acquisite e quello riconosciuto al momento di conseguimento delle plusvalenze, attraverso una perizia asseverata resa da un commercialista, esperto contabile.

Il fisco potrebbe sempre confutare la perizia, se non la trovasse corretta per qualche ragione, ma a quel punto sarebbe gravato dell’onere di dimostrarne l’erroneità o l’inattendibilità.

Questa soluzione presenterebbe una serie di vantaggi, tra i quali quello di garantire maggiori margini di certezza per il contribuente, quindi un’agevolazione pratica e in definitiva un incentivo ad adempiere alle obbligazioni fiscali.

E qui passiamo ad un altro punto cruciale: il pacchetto di norme, per come è scritto oggi il disegno di legge, non fa riferimento in modo specifico alle valute virtuali (così come definite dal D.Lgs. 231/2007), ma più genericamente a quelle che indica come cripto-attività. Questo comporta che nel calderone degli asset virtuali potenzialmente in grado di generare plusvalenze imponibili potrebbero ricadere non solo token che non svolgono funzioni di natura finanziaria, ma in astratto, anche gli NFT.

L’interpretazione degli NFT

Ora, per come sono scritte le disposizioni, un contribuente che non svolga professionalmente l’attività di mercante d’arte, se consegue delle plusvalenze dalla rivendita di un’opera d’arte fisica, non è soggetto ad alcuna forma di imposizione fiscale.

Paradossalmente, però, se l’opera d’arte è racchiusa in un file crittografico, sulla base della lettura della norma, in caso di plusvalenze di valore superiore ai 2.000,00 euro sarebbe soggetto al pagamento dell’imposta al 26%.

Sarebbe quanto mai opportuno, quindi, che la normativa venisse corretta delimitando meglio la tipologia degli asset digitali per i quali si può generare una plusvalenza soggetta a tassazione. 

Altro tema cruciale è quello degli obblighi di monitoraggio. Le norme stabiliscono in termini generali che le cripto-attività vanno dichiarate nel Quadro RW. Non chiariscono, però, se vadano dichiarate tutte, sempre e a prescindere, o solo quelle le cui chiavi private sono detenute all’estero (perché, ad esempio, detenute su wallet custodial di piattaforme estere). 

Una disposizione formulata in modo più chiaro ed esplicito in questo senso sarebbe di grande aiuto ed eliminerebbe ogni dubbio. Questo al di là del fatto che non ha molto senso imporre la dichiarazione come asset esteri di asset digitali le cui chiavi private (e quindi la relativa possibilità di disporne) siano localizzate in Italia.

E ancora, sempre in tema di monitoraggio, il riferimento generico a cripto-attività, rischia di fare scattare l’obbligo di dichiarazione nel quadro RW anche di NFT e di altri asset digitali, come alcuni tipi di token, che non hanno alcuna natura di carattere finanziario. 

Avrebbe molto più senso imporre tali obblighi dichiarativi alle sole valute virtuali con eminente funzione di mezzo di pagamento.

Si può discutere a lungo sulle scelte delle aliquote dell’imposta sostitutiva al 26% sulle plusvalenze e al 14% per l’emersione degli asset detenuti al 1° gennaio 2023 e sul fatto che non sia molto equo assoggettare attività completamente deregolamentate, il cui rischio finanziario grava interamente sul contribuente, al medesimo regime di tassazione di redditi di capitale in ambiti vigilati e regolamentati. 

La tutela del risparmiatore

Ricordiamo, infatti che chi investe in asset digitali ad oggi di fatto non può contare su alcuna forma di tutela, mentre chi opera in settori finanziari anche altamente speculativi può sempre contare su un’ampia gamma di garanzie regolatorie, di carattere amministrativo e giudiziale

Questo, tuttavia, ci porta su un piano che non è più quello della tecnica legislativa, ma delle scelte politiche.

Ad ogni modo sia consentito sottolineare che sarebbe molto ragionevole che si tenesse nella dovuta considerazione il fatto che un regime meno fiscale gravoso potrebbe evitare di soffocare nella culla in Italia un settore di mercato, che potrà anche suscitare diffidenze, ma genera pur sempre investimenti, posti di lavoro e opportunità di sviluppo tecnologico che altri paesi stanno cavalcando con decisione e godono oggi di un vero vantaggio di posizione.

Passando al fronte della normativa europea, in seno al Consiglio dell’Unione europea nei giorni scorsi è stato raggiunto un accordo per un nuovo regolamento antiriciclaggio e una nuova direttiva antiriciclaggio che andrebbe a sostituire la direttiva 2015/849/UE (quarta direttiva antiriciclaggio, a sua volta modificata dalla quinta).

Nella cornice di questo che diventerà il framework normativo europeo antiriciclaggio, si inserirà anche il regolamento europeo sul trasferimento dei fondi (TFR), già pervenuto ad una fase avanzata nel percorso di adozione. 

Come riporta il comunicato stampa diffuso nei giorni scorsi, quindi, l’intero pacchetto comprenderà:

  • un regolamento che istituisce una nuova Autorità antiriciclaggio dell’UE (AMLA), munita di incisivi poteri sanzionatori;
  • il regolamento sui trasferimenti di fondi, che investe i trasferimenti di cripto-attività per renderli pienamente tracciabili
  • un regolamento sugli obblighi in materia di lotta al riciclaggio nell’ambito del settore privato
  • una direttiva relativa ai meccanismi antiriciclaggio

Tra i punti chiave di regolamento e direttiva, la fissazione di un limite europeo (pari a 10.000 euro) alle transazioni in contanti, una nuova disciplina dell’accesso alle informazioni sui titolari effettivi per coloro che sono portatori di interessi legittimi, e l’introduzione di disciplina ad hoc di procedure di adeguata verifica per le operazioni in valute virtuali di controvalore superiore ai 1.000 euro.

Questo nuovo quadro normativo, quindi, mira ad estendere all’intero settore dei provider di servizi in materia di criptovalute gli obblighi di adeguata verifica della clientela già previsti per il novero dei soggetti correntemente obbligati, quali intermediari bancari e finanziari, imponendo anche verifiche di provenienza, con conseguenti obblighi di segnalazioni per operazioni di importo pari o superiore ai 1.000 euro e si parla anche di “specifiche misure rafforzate di adeguata verifica per quanto riguarda i rapporti di corrispondenza transfrontalieri per i prestatori di servizi per le cripto-attività”.

Sulle operazioni in contante gli Stati membri comunque avranno la facoltà di fissare un limite inferiore al tetto massimo di 10.000 euro fissato a livello europeo.

Ancora, si intende prevedere l’inserimento automatico dei Paesi terzi inseriti nelle liste del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI, l’ente di riferimento a livello internazionale in materia di norme antiriciclaggio) nelle corrispondenti liste dell’UE.

Le liste dell’Unione Europea

Si avranno, quindi, due liste UE: una “lista nera” e una “lista grigia”, speculari a quelle del GAFI. Questo eviterà che la Commissione ripeta le valutazioni già operate dal GAFI accelerando l’inserimento dei Paesi terzi nelle liste e l’applicazione da parte dell’UE di misure proporzionate ai rischi presentati dal Paese.

Nel pacchetto di norme, saranno previste disposizioni in materia di titolarità effettiva che, tra l’altro sono intese a dare attuazione alle statuizioni della Corte di Giustizia UE assunte con la sentenza 22 novembre 2022, in cause riunite C-37/20 e C-601/20, che imponeva significative restrizioni all’accesso dei dati di titolarità effettiva, ritenendo le disposizioni di cui all’art.  30, par. 5, primo comma, lett. c), Dir. (UE) 2015/849 (IV Direttiva Antiriciclaggio), modificato dalla Dir. (UE) 2018/843 (V Direttiva Antiriciclaggio), che ne consentivano il pubblico accesso, sproporzionate e non necessarie.

Concordata la posizione degli Stati membri all’interno del Consiglio, il prossimo passo sarà quello dell’avvio della cosiddetta procedura di trialogo, per concordare un testo condiviso tra Consiglio, Commissione e Parlamento. 

Certo, si tratta di un complesso di norme tutte in divenire, che attendono diversi ulteriori passaggi prima di arrivare a spiegare la loro efficacia.

Anche in questo caso, quindi, occorre attendere i testi definitivi per poter formulare considerazioni più analitiche, ma lo scenario che si va tratteggiando è quello di una crescente capillarità di controlli e anche di misure che trattano il settore crypto sempre con sospetto e diffidenza.

Intanto però, non erano criptovalute quelle sequestrate nelle case e negli uffici di esponenti del Parlamento Europeo sospettati di corruzione nel cosiddetto Qatargate. Erano contanti, sì, ma in valuta fiat.

Luciano Quarta - The Crypto Lawyer
Luciano Quarta - The Crypto Lawyer
Luciano Quarta, avvocato tributarista in Milano, managing partner e fondatore dello studio legale tributario QRM&P, ha all’attivo molte pubblicazioni sugli aspetti legali e tributari di legal tech, intelligenza artificiale e criptovalute. Relatore in numerosi convegni sulla materia, tiene la rubrica “Tax & the city” per il quotidiano La Verità e scrive regolarmente per la rubrica Economia e tasse della testata Panorama. È membro della Commissione Giustizia Tributaria presso l’Ordine degli Avvocati di Milano ed è il referente della sede milanese dell’associazione interdisciplinare per lo studio e le applicazioni dell’intelligenza artificiale GP4AI (Global Professionals for Artificial Intelligence).
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