HomeBlockchainRegolamentazioneCoinbase: il tribunale ordina alla SEC di rispondere

Coinbase: il tribunale ordina alla SEC di rispondere

Prosegue la battaglia legale tra Coinbase e la SEC. 

La miccia l’ha accesa la SEC inviando a marzo un avviso di indagine a Coinbase. 

In seguito la società aveva citato in giudizio la SEC per non aver detto quali regole devono essere applicate, e quindi rispettate, al settore crypto. 

Oggi il Chief Legal Officer di Coinbase, Paul Grewal, ha dichiarato che il Third Circuit ha emesso un ordine che intima alla SEC di presentare entro 10 giorni una risposta alla petizione del 2022. 

Coinbase invia una petizione alla SEC

A luglio dell’anno scorso Coinbase inviò una petizione alla SEC con la quale chiedeva quali norme si dovevano adottare per disciplinare la regolamentazione delle security offerte e scambiate tramite “metodi nativi digitali”. 

La SEC non ha mai risposto, e così l’exchange ha dovuto continuare ad operare senza avere certezza di quali specifiche norme doveva rispettare. 

Per questo motivo dopo l’avviso di indagine ricevuto, la società ha deciso di citare in giudizio l’agenzia proprio per non aver ancora risposto alla sua petizione. 

Ora la Corte d’Appello del Terzo Circuito degli Stati Uniti ha dato ragione a Coinbase da questo punto di vista, intimando la SEC di dare una risposta alla legittima domanda dell’exchange

La questione delle security: Coinbase vs. SEC

La questione di base da cui si generano questo tipo di problemi è la natura delle criptovalute

Infatti, per quelle che sono ritenute commodity, come Bitcoin, non vi sono particolari problemi, ma per quelle che sono ritenute security ci sono alcuni problemi irrisolti. 

In particolare la legge USA, come quella di molti altri paesi, consente la vendita di security solo se queste sono state registrate (e quindi approvate) dall’autorità che vigila sui mercati finanziari. Tale autorità negli USA è proprio la Securities and Exchange Commission (SEC). 

Quindi è proprio la SEC l’autorità che deve intervenire in questi casi, pertanto non si capisce perchè si sia rifiutata di rispondere a Coinbase. Alla luce di ciò risulta anche essere di facile comprensione la decisione della corte di intimare all’agenzia di rispondere alle legittime domande dell’exchange. 

Nel caso in cui la risposta fosse che devono essere applicate le stesse norme che si applicano ai mercati tradizionali, dovrebbero essere ritirate dal mercato tutte quelle criptovalute che venissero dichiarate essere security non registrate.

Ad oggi non risulta esserci alcuna criptovaluta di prima o seconda fascia ad essere registrata presso la SEC come security, quindi il rischio è che tutte quelle ritenute tali dovrebbero essere momentaneamente delistate. 

Inoltre sembra difficile immaginare che la SEC possa accettare la registrazione di molte criptovalute come security, quindi in molti casi il delisting potrebbe essere definitivo. 

Quali crypto sono security

Tranne per Bitcoin, che sicuramente non è una security, e quei pochissimi token che sono già stati dichiarati security, per tutte le altre criptovalute il problema si pone. 

Secondo l’attuale presidente della SEC, Gary Gensler, tutte le criptovalute sarebbero security tranne la sola Bitcoin. 

Per alcune di esse, come XRP di Ripple, vi sono già anche delle cause aperte proprio dalla SEC, ma che non riescono a giungere ad una conclusione. 

Per molte criptovalute e molti token il problema potrebbe essere quello di avere alle spalle un emittente centralizzato che le ha messe sul mercato promettendo guadagni: in quei casi è oggettivamente difficile sostenere che non siano security. 

Il problema, invece, è ancora aperto per progetti come Ethereum, Cardano, Litecoin, Monero, ovvero progetti decentralizzati i cui token non sono stati venduti promettendo guadagni.

In questi casi, però, c’è chi ritiene che lo staking possa essere interpretato come un contratto di investimento, e questo le renderebbe security. 

Come è evidente, la questione è ancora ampiamente irrisolta, caotica, e per nulla chiara. In un tale scenario risulta essere piuttosto logico che Coinbase abbia chiesto lumi alla SEC, mentre non sembra affatto logico che la SEC si rifiuti di rispondere. 

Chi decide se una crypto è security

Scavando a fondo, il punto cruciale è chi dovrebbe decidere se una determinata criptovaluta vada considerata una security o no. 

Il caso della SEC contro Ripple sembra indicare che a decidere deve essere un tribunale, e che questo debba esprimersi specificatamente riguardo la singola criptovaluta, e non in modo generico. 

D’altronde per decidere se una transazione deve essere considerata o meno un contratto di investimento, ovvero una security, si utilizza il cosiddetto Howey Test, un test che fa riferimento al caso del 1946 presso la Corte Suprema degli Stati Uniti che vedeva opposti proprio la SEC contro WJ Howey Company. 

Secondo questo Test, esiste un contratto di investimento se c’è:

“un investimento di denaro in un’impresa comune con una ragionevole aspettativa di profitti derivanti dagli sforzi di altri”.

Quindi, ad avere l’ultima parola a riguardo sembrerebbe essere proprio la Corte Suprema, che tuttavia sulle criptovalute non si è ancora espressa. 

Forse bisognerà attendere che tale corte si pronunci, prima o poi, su ogni singola criptovaluta per stabilire quali devono essere considerate security, e quali invece no. 

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
RELATED ARTICLES

MOST POPULARS

GoldBrick