In Russia il mining di Bitcoin è stato vietato in 10 regioni fino a marzo 2031.
Lo ha riferito l’agenzia di stampa ufficiale russa Tass con un comunicato pubblicato qualche giorno fa.
Summary
Il mining di Bitcoin in Russia
Stando ai dati di Chain Bulletin, in Russia le mining farm hanno complessivamente il 4,6% dell’hashrate a livello globale.
Si tratta di una percentuale alta, ma non altissima, visto che la percentuale più alta ce l’hanno gli USA con quasi il 38%. In seconda posizione c’è la Cina, con il 21%, ed in terza il Kazakistan con il 13%.
La Russia è al quinto posto dietro il Canada (6,5%).
Ciò che stupisce è il confronto con il vicino Kazakistan, dove l’hashrate è quasi tre volte maggiore a quello della Russia.
La Russia ha una superficie di sei volte superiore a quella del Kazakistan, ed una popolazione di sette volte.
Inoltre per quanto riguarda l’estrazione di idrocarburi fossili, la Russia produce quantità quasi dieci volte superiori a quelli del Kazakistan.
Tuttavia quando la Cina bannò il mining di Bitcoin, nel 2021, molti miner cinesi si trasferirono nel vicino Kazakistan, ed è così che si spiega l’apparente sproporzione tra l’hashrate russo e quello kazako.
Non va dimenticato che il mining di Bitcoin consuma molta energia elettrica, e che pertanto sono favoriti quei Paesi in cui l’elettricità costa poco (ad esempio perché sono grandi produttori di idrocarburi).
Il problema del mining di Bitcoin in Russia
Come dice il comunicato della Tass, il governo russo vietato il mining crypto in 10 regioni proprio per mantenere un equilibrio nel consumo energetico, tenendo conto delle esigenze dell’industria.
Quindi il problema viene proprio da una potenziale carenza di energia elettrica, che in alcune zone della Russia potrebbe non essere in grado di soddisfare l’intera domanda dell’industria.
La soluzione adottata per scongiurare che tale carenza crei problemi è quella di impedire ai miner crypto di consumare elettricità in quelle regioni in cui non ce n’è in abbondanza per tutti.
Il divieto entrerà in vigore il 1° gennaio 2025, e durerà fino al 15 marzo 2031.
Le regioni coinvolte da questa iniziativa sono: Daghestan, Inguscezia, Cabardino-Balcaria, Karachay-Circassia, Ossezia del Nord, Cecenia, Donetsk, Luganske le repubbliche delle regioni di Zaporozhye e Kherson.
In altre regioni, come quella di Irkutsk, la Buriazia ed il territorio del Trans-Baikal, il divieto sarà solo temporaneo e scatterà solamente durante i picchi di consumo energetico, ovvero dal 15 novembre al 15 marzo.
Il governo ha però specificato che tale elenco non è definitivo, ed in futuro potrà essere adeguato in base alle decisioni della commissione governativa per lo sviluppo dell’industria e dell’energia elettrica.
Da notare che solo a novembre il mining crypto era stato legalizzato in Russia, previa fornitura di informazioni sugli asset digitali incassati e sugli indirizzi pubblici utilizzati.
Il problema di fondo
Stando a quanto dichiarato dal vicedirettore del Centro per l’economia dei settori dei combustibili e dell’energia, Sergei Kolobanov, il divieto è associato sia alla carenza di elettricità in alcuni territori, sia alle sovvenzioni incrociate interregionali, che compensano i bassi costi dell’elettricità con contratti regolamentati con produttori e consumatori di altre regioni.
L’idea espressa da Kolobanov è che, se dovesse essere portata a termine una liberalizzazione del mercato con l’eliminazione di queste sovvenzioni, le restrizioni al mining crypto potrebbero essere rimosse, se ci sarà sufficiente potenza per poterselo permettere.
Tuttavia la data fissata per la fine del divieto, il 2031, fa pensare che non si tratterà affatto di un processo veloce.
Il direttore del Centro per la politica regionale dell’IPEI dell’Accademia presidenziale, Vladimir Klimanov, ha aggiunto che i residenti e le imprese del centro della Russia pagano una parte dei costi derivanti dalle basse tariffe elettriche nelle regioni del Caucaso settentrionale o dell’Estremo Oriente, e le misure introdotte dal governo servono per creare condizioni più giuste per fare affari in un’area così specifica dell’immenso territorio russo.
Rimane comunque perlomeno curioso che uno dei maggiori produttori in assoluto al mondo di idrocarburi non abbia sufficiente elettricità per tutti.
La Russia e Bitcoin
Il rapporto tra la Russia e Bitcoin non è mai stato facile.
D’altronde una moneta libera, che non può essere controllata in alcun modo dallo Stato, non piace molto ai regimi autoritari come quello russo.
Di recente lo stesso governo russo ha però dichiarato che sta cercando di utilizzare le criptovalute per aggirare le sanzioni internazionali sui pagamenti.
In particolare ha dichiarato che useranno i Bitcoin estratti con il mining, anche se dopo il ban di cui sopra l’estrazione di BTC sicuramente si ridurrà.
Con il 4,6% dell’hashrate dovrebbero riuscire a minare il 4,6% dei BTC che vengono estratti in questo periodo.
Si tratta in totale di meno di 21 BTC al giorno, ovvero meno di due milioni di dollari, una cifra non particolarmente elevata, anche se nell’arco di un anno arriva a circa 700 milioni.
In altri termini, sebbene il 2024 sembrasse essere l’anno del definitivo sdoganamento delle crypto in Russia, qualche problema nel Paese permane da questo punto di vista, tanto da richiedere l’intervento diretto dello Stato.