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Trump vuole sostituire imposta sul reddito con dazi doganali

Nell’ultimo intervento sulla politica fiscale, il Presidente Donald Trump ha rilanciato l’idea di sostituire imposta sul reddito con dazi, facendo leva sul boom delle entrate doganali.

Trump punta a cancellare o ridurre drasticamente l’imposta federale

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato che la sua amministrazione sta valutando un forte taglio, fino alla possibile eliminazione, dell’imposta federale sul reddito per i prossimi anni.

Secondo la Casa Bianca, l’aumento delle entrate dai dazi doganali consentirebbe di compensare, almeno in parte, il calo di gettito fiscale. Tuttavia, non è stato ancora presentato un piano dettagliato.

La proposta arriva dopo il forte incremento dei dazi riscossi a seguito della nuova struttura tariffaria introdotta dal presidente all’inizio del 2025, che ha ridisegnato in profondità il sistema.

Quanto sono cresciute le entrate doganali con i dazi di Trump?

In ottobre le entrate da dazi doganali avrebbero raggiunto circa 31–34 miliardi di dollari, parte di una serie di massimi storici registrati mese dopo mese.

Durante un incontro con alcuni militari statunitensi, Trump ha dichiarato che nei prossimi anni le imposte sul reddito saranno “sostanzialmente ridotte” e forse “quasi completamente tagliate” grazie all’aumento di queste entrate.

Il Presidente ha insistito sul fatto che le somme incassate saranno “così grandi” da consentire un cambio di paradigma fiscale. Inoltre, ha lasciato intendere che il nuovo assetto potrebbe restare in vigore per più anni.

Come Trump vuole sostituire il gettito fiscale con i dazi

Già ad aprile, sul suo social Truth Social, Trump aveva sostenuto che, con l’entrata a regime dei dazi, molte imposte sul reddito di cittadini americani sarebbero state drasticamente ridotte, forse eliminate.

In quel messaggio aveva indicato come priorità i contribuenti con redditi inferiori a 200.000 dollari l’anno, sottolineando l’obiettivo di alleggerire il carico fiscale sulla fascia medio-bassa.

Queste dichiarazioni riprendono le sue posizioni del 2024, quando aveva ipotizzato di finanziare il bilancio federale quasi esclusivamente con dazi, come avveniva negli Stati Uniti dell’Ottocento.

Secondo alcuni resoconti di ottobre, Trump avrebbe ricordato in un barbiere del Bronx che, negli anni 1890, il sistema federale era alimentato soltanto dai dazi sulle importazioni.

Le affermazioni di Trump nei media e nei podcast

In un episodio del podcast di Joe Rogan, il Presidente ha affermato di aver realmente pensato di rimpiazzare le tasse sul reddito federali con una struttura fondata sui dazi, liquidando l’idea con un informale “sì, certo, perché no?”.

Parallelamente, l’amministrazione ha applicato tariffe comprese tra il 10% e il 50% sulla maggior parte delle importazioni negli Stati Uniti, con aliquote differenziate in base al Paese.

Trump sostiene che queste tariffe porteranno più risorse alle casse federali e incentiveranno i consumatori a comprare prodotti americani. Inoltre, ritiene che altri Paesi abbiano approfittato a lungo degli Stati Uniti sul piano commerciale.

Qual è l’obiettivo economico e politico di questa strategia?

Uno degli obiettivi dichiarati è la riduzione del disavanzo commerciale, cioè della differenza tra ciò che l’America importa e ciò che esporta. Tuttavia, la leva tariffaria viene usata anche in chiave geopolitica.

Trump ha citato in particolare Cina, Messico e Canada, pressando questi Paesi per un maggiore controllo sui flussi migratori e sul traffico di fentanyl verso il territorio statunitense.

In questo quadro, l’idea di sostituire imposta sul reddito con dazi si intreccia con la strategia di pressione commerciale e diplomatica esercitata da Washington su alcuni partner chiave.

Le contestazioni legali alle tariffe della Casa Bianca

Le politiche tariffarie dell’amministrazione sono finite ripetutamente sotto la lente dei tribunali, soprattutto per la procedura utilizzata nella loro approvazione.

Per aggirare il Congresso, la Casa Bianca si è basata sull’International Emergency Economic Powers Act del 1977, che permette di intervenire rapidamente in caso di emergenza economica internazionale.

In agosto, una Corte d’appello statunitense ha giudicato illegali la maggior parte dei dazi introdotti, ma ha deciso di mantenerli comunque in vigore nell’attesa dei successivi passaggi giudiziari.

Cosa potrebbe decidere la Corte Suprema sui dazi di Trump?

La Casa Bianca ha presentato ricorso alla Corte Suprema chiedendo di ribaltare il verdetto di secondo grado. Una decisione definitiva, però, potrebbe richiedere ancora diversi mesi.

Nel frattempo, proseguono le trattative con vari Paesi, inclusi Cina, Canada e Messico, ai quali è stato segnalato che potrebbero subire tariffe particolarmente elevate se non si raggiungeranno intese politiche e commerciali.

Il confronto internazionale rimane acceso, anche perché le aziende esportatrici di questi Stati stanno già registrando effetti significativi sui volumi delle loro vendite verso il mercato americano.

Il dividendo daziario promesso ai cittadini americani

Accanto alla riforma fiscale, il presidente ha avanzato l’idea di un dividendo legato ai dazi, con la promessa di almeno 2.000 dollari per ogni individuo, escludendo però i redditi più alti.

Secondo Trump, la distribuzione diretta di parte delle entrate tariffarie rafforzerebbe il consenso verso la sua strategia commerciale. Inoltre, rappresenterebbe un modo per restituire ai cittadini parte del peso dei rincari sulle importazioni.

Resta però aperta la questione della sostenibilità di lungo periodo: senza un piano chiaro di copertura, il passaggio a un sistema fondato quasi interamente sui dazi pone interrogativi sul bilancio federale e sulla stabilità economica complessiva.

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