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L’arte del mining e i suoi veri costi

Nessuna asset class ha mai generato guadagni stellari come le criptovalute. Le monete digitali hanno reso milionari dei signori qualunque che hanno creduto nel disegno di Satoshi Nakamoto.

Così la tentazione di diventare i demiurghi dell’oro digitale, cioè minatori, sembra alla portata di tutti.

In fondo, i minatori convalidano le transazioni mediante ASIC o GPU, per cui è  idea comune che sarebbe sufficiente analizzare il costo dell’elettricità – circa il 79% dei costi operativi – dei vari Paesi (figura 1 – costo elettricità Industriale 2017), e selezionare quello più conveniente per poterne ricavare dei profitti importanti. Questa assunzione deriva dal fatto che l’attività del mining è tendenzialmente molto competitiva.

Se si riesce a minimizzare il costo più importante (l’energia elettrica) allora si può competere in modo profittevole con il resto dell’ecosistema.

Assumendo corretta la premessa, il costo del mining può essere rappresentato con la formula che segue:

C = €H + (EH*(€kWh*Th)), per cui si deriva che  la profittabilità è pari, nell’ipotesi  di bitcoin a P = Th * (FH/TH) * €btc * (12,5+btcfee) * 6 -C.

Purtroppo, la premessa sopra considerata non è completamente corretta, o meglio, per ricavare costi del mining più veritieri si devono anche considerare altri fattori, come ad esempio:

  1. Elettricità : costo dell’elettricità (da considerare non il solo costo del chilowatt, ma anche quelli del grid e tasse. Per questi ultimi due fattori è cruciale avere degli scenari paese, per evitare degli incrementi a due cifre anno su anno), e produzione stabile di elettricità ( mappature storiche  delle aree per verificare i furti di energia e le interruzioni di energia – di breve o lungo periodo – nelle aree geografiche selezionate per evitare che le macchine subiscano degli arresti, che non solo potrebbero compromettere l’hardware ma la stessa profittabilità giornaliera). Nella formula questo tipo di fattori, anche intertemporali, non vengono presi in considerazione, anche se si considera il costo netto dell’elettricità.
  2. Hardware elapsed time:  il mercato soffre di una sottoproduzione di ASIC e GPU, i tempi di consegna sono dilatati a fronte di pagamenti all’ordine. Questo ha un impatto notevole sul ritorno dell’investimento sia per il set up di una farm sia per la sostituzione delle macchine in obsolescenza. Questo comporta il dover fare delle previsioni sui tempi effettivi di consegna delle macchine acquistate, e eventuali variazioni di difficoltà nel protocollo.
  3. Raffreddamento macchine: il raffreddamento delle macchine è un’alchimia da configurare e costruire attentamente, perché impatta il costo dell’energia, limita l’elettricità che può essere utilizzata per le macchine di mining ed è funzione della configurazione della server farm e dei rig nel caso di mining con GPU. Questo può diventare particolarmente rilevante nella scelta della località in cui avviare le proprie operazioni di mining.
  4. Setup e manutenzione macchine: Soprattutto nel caso delle GPU, le modalità in cui vengono disegnati i rig determinano sia la profittabilità delle macchine stesse sia il livello di manutenzione necessaria. Idealmente le macchine dovrebbero lavorare 24x7x365 e incorrere in down time poco frequenti e di breve durata, ma raramente l’ideale corrisponde alla realtà. Il gestire queste macchine è dunque un costo di per sé, che va inevitabilmente considerato.
  5. Livelli di servizio con i fornitori di energia e di connettività: il costo opportunità degli accordi stringenti con down time ridotti.
  6. Selezione Hardware e sostituzione per obsolescenza: i miners, sulla base delle previsioni dei prezzi delle crypto, di quali monete minare, dell’aumento della difficoltà e del tempi di immissione sul mercato di nuovi hardware ( valutati in funzione della performance versus consumo energetico), determinano se e quale l’hardware  acquistare e se e quali GPU o ASIC rivendere sul mercato secondario, anche indipendentemente dall’obsolescenza. Scenari errati o poco accurati determinano un aumento dei costi che solamente in un mercato in crescita a doppia cifra possono essere recuperati. In questo senso occorre avere un certo livello di preparazione e conoscere questo mercato, questa expertise non è facilmente individuabile nell’attuale mercato del lavoro.

In sintesi C = €H + (EH*(€kWh*Th)) è una estrema semplificazione di una equazione che si compone di molteplici altre variabili nonché di un’alchimia che è più virtuosismo del miner che logica applicazione di principi codificati.

€H = costo della macchina; EH= potenza elettrica impiegata dalla macchina;€kWh = costo di ogni kWh di potenza per ora ; Th = ore di lavoro delle macchine

Th= ore di lavoro ASIC,€btc= prezzo bitcoin; 6= numero di blocchi all’ora; 12,5= numero di btc per blocco fino al 2020, successivamente la metà (si divide per due ogni 4 anni); btcfee= le commissioni che incentivano la rete a confermare rapidamente le transazioni; FH=potenza di calcolo della farm; TH= potenza totale della rete

Per l’ecosistema blockchain, quali sono i veri costi del mining?

Di seguito riportiamo le parole di Gianluca Mazza, fondatore della mining farm 0301:

“La costruzione di mining farm permette di creare nuovi poli di potenza di calcolo, che rendono il settlement delle transazioni sulla blockchain più distribuito e sicuro. Questo serve ad evitare che i grossi attori del mining acquistino troppo potere (come nel caso di Bcash), comportando un reale pericolo di censura e rendendo molto facile la manipolazione del mercato di riferimento”.

Emerge subito da queste parole un altro aspetto da considerare del mining: il valore aggiunto che porta a Bitcoin e all’ecosistema criptovalute, ovvero la sicurezza dell’intero protocollo.

Il processo di mining infatti, la Proof-of-Work non è altro che un modo per garantire una conferma permissionless delle transazioni, senza questo aspetto, Bitcoin non avrebbe nessuna caratteristica desiderabile aggiuntiva alle monete centralizzate.

In questo senso, il mining è opportuno che sia più decentralizzato possibile per evitare che singole entità, per esempio governative, possano avere un controllo sulla rete (vedi l’esempio della Cina, che ad oggi detiene una percentuale consistente del mining di Bitcoin).

Se una singola entità è in grado di censurare il mining sicuramente quelli che avrebbero perdite più ingenti sarebbero i miners stessi, con i loro investimenti, spesso non reimpiegabili.

Infatti, gli ASICs sono altamente specializzati nel mining, se viene a mancare quest’ultimo, come strumento di possibili profitti, diventano macchine completamente inutili per qualsiasi altro scopo pratico, quindi effettivamente non vendibili.

I veri costi di un mining centralizzato, quindi, determinerebbero un fallimento del sistema degli incentivi che farebbe venire meno bitcoin per come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi, e trascinerebbe nella sua caduta molte altre cryptovalute.

Un miner dovrebbe considerare il suo ruolo nell’industria e ragionare sul come potrebbe aiutare a distribuire geograficamente le operazioni di mining di Bitcoin.

Su una certa scala, potrebbe anche essere opportuno per un miner considerare di avviare più operazioni di mining in nazioni diverse, anche in base all’atmosfera politica / regolatoria dei vari paesi.

Questo ha, oltre al vantaggio di rendere più resiliente il network, la possibilità di avere uno sfogo nel caso di strette regolatorie (incluso possibile illegalità del mining) spostando le proprie macchine da uno Stato ad un altro, evitando eccessive perdite dalla rivendita al ribasso degli ASICs/GPU.

La validazione delle transazioni avviene mediante un gioco competitivo basato su di un un problema crittografico che richiede l’esecuzione di operazioni computazionalmente molto onerose (per es. trovare un nonce che aggiunto al blocco di transazioni dia come risultato del calcolo dell’hash del blocco un valore con un certo numero di zeri all’inizio. ), ma di semplice verifica.

Per la famiglia delle monete bitcoin si utilizza uno dei Secure Hash Algorithm- SHA- in particolare SHA256, che produce un numero formato da 256 bit e richiede, per poter competere con il resto del network, l’utilizzo di circuiti integrati ad hoc, detti ASIC (Application Specific Integrated Circuit).

Molte altre criptovalute invece utilizzano algoritmi “ASIC-resistant”, ovvero progettati per rendere molto difficile lo sviluppo di hardware specializzato. Generalmente queste monete vengono “minate” utilizzando “graphics processing unit” GPU, ovvero comuni “schede video” per PC.

Questo aspetto è fondamentale per rendere questa attività più stabile e consolidata nel medio-lungo periodo, e rappresenta anche, se vogliamo, la “forza” di Bitcoin, il portare le persone, in modo quasi automatico, a collaborare  economicamente per il suo stesso successo.

La centralizzazione del mining in un’unica area geografica potrebbe portare a rallentamenti nella conferma delle transazioni in caso di problemi alla rete elettrica.

Amelia Tomasicchio
Amelia Tomasicchiohttps://cryptonomist.ch
Esperta di digital marketing, Amelia inizia a lavorare nel settore fintech nel 2014 dopo aver scritto la sua tesi di laurea sulla tecnologia Bitcoin. Precedentemente è stata un'autrice di diversi magazine crypto all'estero e CMO di Eidoo. Oggi è co-founder e direttrice di Cryptonomist, oltre che Italian PR manager per l'exchange Bitget. E' stata nominata una delle 30 under 30 secondo Forbes. Oggi Amelia è anche insegnante di marketing presso Digital Coach e ha pubblicato un libro "NFT: la guida completa'" edito Mondadori. Inoltre è co-founder del progetto NFT chiamati The NFT Magazine, oltre ad aiutare artisti e aziende ad entrare nel settore. Come advisor, Amelia è anche coinvolta in progetti sul metaverso come The Nemesis e OVER.
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