Read this article in the English language here.
Al recente convegno organizzato dal SUERF presso il centro BAFFI CAREFIN dell’Università Commerciale Luigi Bocconi, ha avuto un certo peso l’intervento di Fabio Panetta, Vice Direttore Generale della Banca d’Italia sul tema delle Central Bank Digital Currency, cioè le valute digitali emesse dalle banche centrali, oggetto di studio da parte di diversi istituti nazionali.
Panetta ha posto in luce come le CBDC possano essere emesse da parte delle Banche centrali, anche se con alcune cautele per quanto riguarda il grado di tutela della privacy e la soluzione dei problemi tecnici riguardanti la sicurezza dello strumento.
Ha però anche sottolineato che la loro emissione non è certo all’ordine del giorno in Banca d’Italia.
Su questo tema abbiamo intervistato il Professor Antonio Maria Rinaldi, docente di Finanza Aziendale presso l’università “G. D’Annunzio” di Pescara e di Organizzazione dei Processi Economici presso la Link Campus University di Roma.
Professor Rinaldi, cosa ne pensa della posizione di Banca d’Italia che sembra escludere, sicuramente a breve, l’emissione di CBDC?
Se leggiamo con attenzione l’intervento del Vice Direttore, Fabio Panetta, comprendiamo chiaramente le perplessità di Banca d’Italia: si teme di togliere una fonte di reddito rilevante per il sistema creditizio. In una situazione in cui il margine d’intermediazione del sistema bancario è ai minimi a causa della politica monetaria della BCE, le commissioni derivanti dalla gestione dei sistemi di pagamento sono un elemento essenziale nei bilanci delle banche. L’introduzione di una CBDC, che permetterebbe transazioni monetarie dirette a costi minimi, se non pari a zero, cancellerebbe questa ricca fonte di reddito e quindi potrebbe mettere ulteriormente in crisi le nostre banche. Peccato che questi redditi siano garantiti dal sistema economico nel suo complesso, cioè dalle aziende e dalle famiglie, che pagano questi costi in prima persona, per cui, in questo modo, si perpetua una rendita di posizione del sistema bancario e non si incentiva l’efficienza.
Eppure nello scritto di Banca d’Italia si ammette che l’introduzione delle CBDC potrebbe avere un effetto positivo, soprattutto verso chi è marginalizzato dal sistema bancario…
Certo, come riconosce il dott. Panetta, ad oggi una fetta importante della popolazione italiana è esclusa dal sistema bancario ma potrebbe avere accesso ai sistemi di pagamento elettronico. Si tratta di una fetta non secondaria, pari al 7% delle famiglie, 1,8 milioni di persone, che non utilizzano i conti bancari spesso non per scelta volontaria, ma perché esclusi da vicende economiche personali. Penso a tutti coloro che hanno segnalazioni presso il CRIF, tali da non permettere di accendere un conto corrente. La Banca d’Italia preferisce tutelare una fonte di reddito per un sistema comunque obsoleto, piuttosto che fornire uno strumento di pagamento a chi ne avrebbe bisogno.
Nel suo intervento la Banca d’Italia mette pure in evidenza le storture che una criptovaluta potrebbe generare nella gestione della politica monetaria. Cosa ne pensa?
E’ tutta una questione legata alla distribuzione e alla gestione del mining di questa ipotetica CBDC. Se il mining fosse centralizzato, senza alcuna maturazione di interesse, non vi è dubbio che non vi sarebbe differenza fra CBDC e normale valuta fiat dal punto di vista della politica monetaria, perché le quantità emesse sarebbero comunque determinate a monte dall’autorità monetaria. Se si utilizzassero invece soluzioni diffuse sarebbe necessario per la Banca Centrale mantenere il controllo del mining presso i singoli operatori, sia che si trattasse di istituti intermedi, sia che si trattasse dei singoli cittadini. Ebbene, nulla ci vieta di immaginare una soluzione in cui il mining, magari PoS (Proof of Stake, in cui la generazione di criptovalute non dipende dall’elaborazione dei dati, ma dal possesso della valuta stessa) viene concentrato in istituti di credito che quindi trasferiscono l’interesse generato al cittadino. Oppure di vedere la stessa attività completamente decentralizzata e in mano al cittadino, che potrebbe svolgere un limitato mining dal proprio wallet. La Banca Centrale dovrebbe comunque avere il controllo delle quantità di mining concesse agli altri utenti. Anzi, avremmo uno strumento monetario veramente efficace perché interverrebbe in modo istantaneo sui redditi delle famiglie in caso di recessione economica, evitando i ritardi e i costi funzionali dei normali strumenti di politica monetaria.
Lei ritiene che in futuro la Banca d’Italia tornerà sui propri passi?
Personalmente posso concordare con il dott. Panetta che l’emissione di una CBDC sia ancora prematura e richieda maggiore studio, anche dal punto di vista della sicurezza, della privacy e dei costi transazionali. Inoltre c’è un grosso problema: quale dovrebbe essere l’attore demandato alla gestione, la BCE o le Banche Nazionali? Sono però convinto che si tratti solo di un rinvio, perché non si può fermare l’evoluzione dell’economia solo per la tutela di interessi particolari, per quanto rilevanti.