Secondo dei documenti apparsi qualche giorno fa in rete ci sarebbero delle news sui rimborsi dei fondi di Mt. Gox.
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Il famoso exchange hackerato nel 2014 aveva stabilito che entro il 26 dicembre chi aveva dei crediti nei confronti dell’exchange, cioè gli operatori che avevano affidato alla piattaforma le proprie criptovalute che sono poi andate perse a causa dell’hacking, avrebbe dovuto presentare la domanda di rimborso.
Ora una nuova comunicazione del curatore Kobayashi, coerente con le normative giapponesi, specifica che chi, oltre i termini stabiliti, volesse un rimborso può presentare in via cartacea le proprie richieste, accompagnate da tutte le esistenti prove legate ai propri diritti.
I richiedenti potranno accedere alla massa passiva, cioè all’insieme dei creditori, presentando la propria domanda scritta, su modulo precompilato downlodabile.
Secondo la normativa fallimentare giapponese, ovvero la cosiddetta “legge di riabilitazione”, i richiedenti dovranno allegare le prove che possano spiegare il ritardo nella presentazione delle domande.
L’introduzione al passivo non sarà immediata, ma sottoposta al giudizio della corte fallimentare relativa che potrà ammettere le domande, respingerle o mantenerle in sospeso.
Se le domande fossero successive a eventuali parziali distribuzioni dell’attivo, questo non bloccherebbe l’accettazione ma, alla distribuzione dell’attivo successiva, il nuovo creditore riceverebbe un saldo che tiene conto di quanto già precedentemente restituito.
Il caso di MtGOX fu uno dei primi grandi casi di hacking riguardanti un exchange.
All’epoca colpì 650mila BTC, per un valore che attualmente supererebbe i 2 miliardi di dollari. L’entità dello scandalo fu tale da far precipitare le quotazioni di bitcoin che impiegarono due anni a riprendersi.
