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Alcuni dubbi sulla normativa italiana su blockchain e smart contract

Il Parlamento italiano sta per approvare una normativa che definirebbe legalmente cosa sono gli smart contract e la blockchain, o meglio le tecnologie basate su registri distribuiti (DLT), ma ci sono non pochi dubbi.

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I dubbi sulla normativa riguardano ovviamente il testo, che definisce cosa andrà considerato “registro distribuito” secondo la legge italiana. Questi dubbi non sono condivisi da tutti, e ci sono diverse posizioni pro o contro questo testo.

Alcune critiche, sollevate ad esempio da Davide Carboni e Massimo Simbula, sostengono che la definizione inclusa nella normativa sia sbagliata. La definizione delle tecnologie basate su registri distribuiti (DLT) compresa nella normativa sarebbe infatti la seguente:

“Le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”.

 

L’utilizzo della definizione “architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche” sarebbe ambiguo ed incoerente, sia perché non c’è una definizione certa di cosa possano essere le “basi crittografiche”, sia perché ad essere decentralizzato sarebbe l’accesso al registro e non il registro in sé.

Inoltre, l’inalterabilità e l’immodificabilità non sarebbero caratteristiche assolute, oltre al fatto che i vari registri distribuiti hanno livelli di inalterabilità e immodificabilità differenti.

Infine, la norma prima cita genericamente la possibilità che i dati possano essere aggiornati, ma poi dichiara che non possano essere modificabili.

Altri esperti, come Massimiliano Nicotra, invece sono meno critici rispetto alla normativa italiana. Anzi, secondo Nicotra la norma sarebbe da accogliere positivamente: l’esperienza maturata negli anni con le firme elettroniche, per esempio, suggerisce che sia necessaria una disciplina legale, anche se di ampio respiro, per conferire certezza giuridica al loro utilizzo.

Dal punto di vista tecnico la normativa italiana sugli smart contract potrebbe essere migliorabile e potrà essere l’AgID a definire poi meglio nel dettaglio le caratteristiche tecniche per la sua applicazione concreta.

La normativa infatti è inclusa nel DL Semplificazioni che dovrebbe essere definitivamente approvato il 12 febbraio e non c’è pertanto molto tempo per discuterla nel dettaglio.

Inoltre, il gruppo di esperti su blockchain del Ministero per lo Sviluppo Economico appena insediatosi, nei prossimi mesi potrà confrontarsi per proporre eventualmente al Parlamento una modifica o una rettifica della norma.

Fulvio Sarzana, membro del gruppo blockchain del MiSE, ha rilasciato un’intervista a Cryptonomist in cui, sebbene da un lato ammetta che forse queste definizioni siano un po’ rigide, dall’altro ribadisce che dovrà poi essere l’AgID ad occuparsi di definire le specifiche tecniche per l’applicazione della norma, sulla base delle norme UNI e delle best practices del settore.

Inoltre, fa notare che esistono anche norme europee a riguardo e questo potrebbe aiutare ad inquadrare meglio anche le definizioni della normativa italiana.

Il tempo stringe, ed iniziare ad introdurre questi concetti nei testi di legge dello Stato potrebbe se non altro far finalmente intraprendere al paese un percorso concreto nell’adozione concreta di queste tecnologie.

In altre parole, probabilmente non è la migliore normativa possibile, ma almeno è un chiaro inizio di un percorso che comunque potrebbe richiedere del tempo. La speranza è quella che l’Italia possa dotarsi di un contesto normativo favorevole alla tokenizzazione.

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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