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Cosa significa fare staking con le criptovalute

Cosa significa fare staking con le criptovalute? 

Il termine staking, ormai nel settore crypto abusato, ma deriva dalla Proof-of-Stake. 

Le prime criptovalute, come Bitcoin, utilizzavano come algoritmo di consenso la cosiddetta Proof-of-Work (PoW), che richiede ai miner di effettuare un certo lavoro, premiandoli con token creati e consegnati a chi riesce a minare un blocco. 

Ma la PoW è molto energivora, non consente transazioni veloci, e non consente la convalida di grandi quantità di transazioni. 

La soluzione a questi limiti può essere la cosiddetta Proof-of-Stake (PoS), che molte criptovalute di seconda e terza generazione hanno scelto di adottare come algoritmo di consenso. PoS è meno sicura di PoW, ma più veloce ed efficiente. 

Il funzionamento della PoS prevede che a convalidare i nuovi blocchi da aggiungere alla blockchain non siano i miner con il loro lavoro, ma i possessori dei token. Ovvero immobilizzando i loro token possono partecipare al processo di convalida dei blocchi, venendo remunerati in proporzione al numero di token immobilizzati. 

Fare staking significa immobilizzare i propri token in modo da farli partecipare al processo di convalida dei blocchi, in cambio di un premio.

Tuttavia esistono due tipi di Proof-of-Stake: PoS e DPoS. 

Nel primo caso solo i nodi possono partecipare al processo, immobilizzando i propri token all’interno del proprio nodo. 

Nel secondo caso, la Delegated Proof-of-Stake (DPoS), chiunque può partecipare al processo delegando lo staking dei propri token ad un nodo. 

Pertanto nel primo caso per poter fare staking bisogna possedere un nodo, nel secondo invece non è necessario. Va tuttavia detto che anche nel primo caso esistono nodi che si fanno consegnare token dagli utenti, come se fossero in prestito, per metterli in staking per proprio conto, corrispondendo una sorta di interesse agli utenti che glieli hanno prestati. 

Quanto si guadagna nel fare staking con le criptovalute

La remunerazione dello staking dipende sia dalla quantità di token immobilizzati, sia da quanti token sono stati messi in totale in staking da tutti gli utenti. 

Nel corso del tempo però si è iniziato ad utilizzare il termine “staking” nel mondo crypto in modo molto più generico, e non necessariamente connesso alla Proof-of-Stake. 

Ovvero si sente utilizzare sempre di più questo termine per indicare qualsiasi attività che preveda l’immobilizzazione dei token e la loro remunerazione. 

Ad esempio Bitcoin non usa Proof-of-Stake, pertanto tecnicamente non sarebbe possibile mettere in staking i BTC. Tuttavia esistono dei servizi che consentono di guadagnare interessi immobilizzando BTC su piattaforme che li danno in prestito. 

In questo caso non si tratta di staking vero e proprio, ma all’utente finale questa attività può sembrare talmente simile allo staking che spesso finisce per chiamarla in questo modo. 

D’altronde il verbo “to stake” sta ad indicare una generica “puntata”, pertanto ogni volta che dei token vengono “puntati” per ottenerne in cambio un profitto si può utilizzare la dicitura “metterli in staking”. 

Da notare infine che le percentuali medie annue che si possono guadagnare con lo staking variano molto, sia da criptovaluta a criptovaluta, che di anno in anno.

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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