Il principale indice azionario della Borsa di Wall Street, S&P500, insieme al Nasdaq (NDSQ), si avvicina sempre più all’area di supporto dei 3480 punti ovvero a un’area molto interessante per capire quale sarà il futuro dell’indice e se questo si confermerà ribassista o rialzista.
Il supporto dell’area di cui sopra corrisponde al 50% del ritracciamento Fibonacci disegnato su tutta la gamba di rialzo partita da marzo di due anni fa (2020) per poi dare inizio ad un rimbalzo.
Summary
Le analisi dell’indice S&P500
Le quotazioni dello Standard & Poor’s 500 sono sostanzialmente a un bivio e toccare quel livello potrebbe portare a un rimbalzo dell’indice perfino di 400/500 punti o di contro andare in direzione continuata con il trend ribassista e toccare anche quota 3200 sempre più vicini alla visione nefasta della Dimon.
Giorni fa aveva fatto scalpore la previsione del CEO di JP Morgan, Jamie Dimon, secondo cui i mercati sarebbero potuti scendere di un ulteriore 20% rispetto ai livelli attuali.
A giudicare da quanto è in atto, fatto salvo per la giornata odierna in sostanziale pareggio lo S&P500 sta prendendo alla lettera le parole del dirigente della più grande banca d’affari americana.
L’indice che racchiude le 500 società quotate alla borsa di Wall Street con la capitalizzazione più alta è sceso sotto quota 3600, che era il livello che avrebbe potuto aprire un baratro verso una discesa ben più clamorosa ed in linea con le previsioni di alcuni analisti.
Giorni fa, sfondato il supporto di cui sopra l’indice si è attestato a quota 3588 iniziando un cammino al ribasso che potrebbe portarlo a raggiungere i temuti livelli che la Dimon aveva ipotizzato ma mentre scriviamo ha raggiunto 3583 perdendo attualmente il 2,37% oggi rispetto alla sessione di venerdì.
Il fattore bear market influisce in modo negativo il futuro dei principali indici e azioni statunitensi gettando un’ombra su di essi, ormai siamo arrivati a quasi un anno di mercato ribassista, un mercato iniziato con il 2022 ma che dava dei segnali già da mesi prima.
Lungi dal dare consigli finanziari ragionando con i numeri possiamo evincere qualcosa di interessante e utile anche per farci capire il destino dello Standard & Poor 500.
Mediamente i mercati orso hanno una durata di un anno e mezzo seppur con eccezioni di due anni e a onor del vero anche di poco più di un anno, questo seppur non fornendo alcun parametro certo al quale affidarci lascia intendere che la fine del tunnel è collocabile tra i sei mesi e poco meno di un anno.
Questa considerazione può portarci a tendere verso l’opinione della Dimon ovvero che sia verosimile che il principale indice americano toccherà quota 2800 punti prima di rivedere la vera risalita.
Se la fine del bear market potrebbe essere questione di mesi non vuol dire che bisogna per forza guardare il bicchiere mezzo vuoto anzi opportunità di trading sono possibili così come può essere plausibile un rimbalzo che riporti l’indice a quota 3800 punti se dovesse raggiungere i supporti a cui accennavo in apertura.
La relazione con il contesto macroeconomico
I recenti dati sul CPI hanno fornito un ulteriore tassello nei giorni scorsi, il dato sull’inflazione atteso era dell’8,1% mentre si è attestato all’8,2%, in un primo momento la notizia aveva scosso i mercati che nel giro di una sola mattinata avevano riscontrato perdite importanti poi recuperate nel finale di sessione in considerazione che la notizia tanto pessima non fosse stata.
Se è vero che le aspettative non sono state confermate è anche vero che l’inflazione continua a scendere segno evidente che le politiche monetarie di rialzo dei tassi a suon di 75 punti base a seduta stanno dando i suoi frutti.
Al combinato disposto tra inflazione in lieve ma costante discesa e un bear market con i mesi contati si unisce un dollaro forte che per l’export americano è una palla al piede che crea non pochi problemi nelle società degli states e in particolare a quelle dell S&P 500.
Tutti questi fattori lasciano intendere che per l’indice il futuro è ancora pericoloso e non ha le basi per essere rialzista tuttavia rimbalzi possono essere possibili anche a quota 3700/3800 punti come lascia intendere un filone che abbiamo sopra descritto.
Le cosiddette “sorelle” dello Standard & Poor 500 ovvero il Nasdaq e il Dow Jones non navigano in acque migliori, ovviamente la correlazione specialmente se si considerano i dati macro è normale che ci sia e questa fase ribassista le accomuna anche nelle perdite.
Il Dow Jones lascia sul campo l’1,34% a quota 29634,83, mentre va peggio al Nasdaq che perde addirittura il 3,08% a quota 10.321,39.
Stessa sorte degli indice di cui sopra per il Russell 2000 che è l’indice del mercato azionario a piccola capitalizzazione che costituisce i 2.000 titoli più piccoli dell’indice Russell 3000, perde il 2,66% a quota 1658,67.
Nonostante il percorso del Russell 2000 sia comune a quello dello Standard & Poor 500, le perdite riscontrate nel comparto small cap hanno inciso sulle aziende minori per capitalizzazione soprattutto per la difficoltà nel reperimento delle materie prime a prezzi competitivi e per l’incidenza delle bollette energetiche, mentre, per i grandi indici, quelli che contano nella borsa di New York queste questioni hanno influito in quota minore.