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La Fed ha drenato capitali, forse anche dai mercati crypto

Negli ultimi dieci giorni di marzo la Fed ha drenato capitali dal sistema bancario, e ciò forse ha danneggiato anche i mercati crypto. 

C’è un grafico, pubblicato sul Fred della Fed di St. Louis, che evidenzia come a partire dal 21 marzo i cosiddetti Overnight Reverse Repurchase Agreements (chiamati anche Reverse Repo) siano saliti da 2.098 miliardi ai 2.375 miliardi di dollari del 31 marzo. In seguito sono scesi fino a 2.221 miliardi, ma si tratta di un livello ancora alto rispetto ai 2.042 toccati il 14 marzo. 

Non sono però i record storici, perchè il massimo è stato registrato il 30 dicembre 2022, per un giorno soltanto, quando schizzarono a 2.553 miliardi. 

Se però si prende come riferimento il livello di un anno fa, a marzo del 2022 non superarono i 1.800 miliardi, tranne l’ultimo del mese. Ancora a maggio il livello era inferiore a 1.900 miliardi, sebbene già a giugno salirono sopra i 2.200 miliardi. 

Confrontando la curva di quel grafico dell’ultimo anno e mezzo con quella dei tassi di interesse si scopre che proprio a maggio 2022 questi ultimi iniziarono a crescere, con due forti impennate, una tra maggio ed agosto, ed un’altra tra ottobre e novembre. 

Non è un caso che i Reverse Repo giornalieri siano cresciuti molto tra maggio e giugno dell’anno scorso, toccando poi un primo picco sopra i 2.400 miliardi di dollari proprio ad ottobre. 

Fed: cosa sta accadendo sui mercati tradizinoali e crypto?

I Reverse Repo consentono ai fondi che operano sul mercato monetario di parcheggiare denaro presso la Federal Reserve, guadagnando così maggiori interessi di quanto potrebbero fare depositando il denaro sui conti delle banche commerciali.

Non va dimenticato che ad esempio durante la notte i mercati finanziari sono chiusi, quindi il denaro tende giocoforza a rimanere fermo. 

Inoltre, i grossi fondi che operano sul mercato monetario sono veicoli che tendenzialmente investono in prodotti finanziari a basso rischio, quindi sono abituati ad incassare rendimenti molto contenuti in percentuale. 

Secondo alcuni analisti, l’utilizzo massiccio dei Reverse Repo starebbe causando vere e proprie fughe di capitali dai depositi bancari, che non a caso sono diminuiti di quasi 126 milioni di dollari nelle settimane successive alla crisi bancaria dello scorso mese. 

Ad esempio il Bank Policy Institute (BPI) pochi giorni fa in un post sul suo blog ufficiale fa notare che nell’ultimo anno i depositi delle banche commerciali negli USA sono crollati di 500 miliardi di dollari, ovvero un calo di quasi il 3%. 

Poi aggiunge che, sebbene i fondi comuni di investimento sul mercato monetario abbiano sempre prelevato denaro dai depositi bancari, quel denaro solitamente finanziava attività economiche, e gran parte finiva quindi per tornare all’interno del sistema bancario, sia direttamente che indirettamente. Invece i Reverse Repo fungono da “buco nero” per i depositi bancari.

In altre parole il fatto che i Reverse Repo siano aumentati di oltre 300 miliardi dal 14 al 31 marzo significa che una tale quantità di denaro netta è stata drenata complessivamente dal sistema bancario. 

Le conseguenze

Inoltre il fatto che tali somme siano di fatto immobilizzate quando vengono depositate presso la Fed, che emette i Reverse Repo, implica che non siano più in circolazione sui mercati finanziari. 

Forse non è un caso che il grosso del calo delle borse USA nel 2022 sia avvenuto proprio tra aprile e giugno, ovvero mentre i Reverse Repo salivano da 1.700 a 2.300 miliardi di dollari, con i tassi di interesse della Fed saliti da 0,3% a 1,2%. 

Un altro forte cale le borse USA lo hanno fatto registrare tra agosto ed ottobre, ovvero quando i Reverse Repo salirono fino a 2.400 miliardi, ed i tassi di interesse fino al 3%. 

Da notare che i tassi hanno poi continuato a salire, fino a superare il 4,5% a febbraio, ma i Reverse Repo dopo ottobre non sono più cresciuti, tranne il singolo picco del 30 dicembre. Anzi, a novembre 2022, e poi anche a febbraio 2023, erano scesi a 2.000 miliardi di dollari. 

Le borse USA, a parte un picco minimo proprio a fine dicembre in linea però con quelli di ottobre e novembre, invece non sono più scese. 

Sembrerebbe pertanto che ci possa essere una correlazione inversa tra i Reverse Repo ed i mercati finanziari.

I mercati crypto

Il prezzo di Bitcoin, esclusi i momenti in cui nel 2022 è crollato a causa di problemi interni al mercato crypto, ha seguito un andamento simile, con un primo forte calo proprio tra maggio e  giugno, ed un secondo a novembre. 

Tuttavia nella seconda metà di marzo, quando i Reverse Repo sono tornati ad aumentare a causa della crisi bancaria, sia le borse USA che i mercati crypto non hanno subito conseguenze negative. Anzi, di fatto hanno registrato performance positive. 

Il fenomeno pertanto sembra aver inciso soprattutto nel 2022, ovvero mentre nel corso di un solo anno la Fed ha drenato dai mercati valutari circa 800 miliardi di dollari con i Reverse Repo, mentre nel corso del 2023 non ha più inciso, dato che il livello del Reverse Repo è rimasto nel complesso costante. 

Da notare però che a fine gennaio i Reverse Repo erano tornati a circa 2.000 miliardi di dollari, mentre il 9 marzo erano tornati sopra i 2.200 miliardi. 

Il prezzo di Bitcoin in quel periodo passò dai circa 24.000$ di inizio febbraio ai 19.800$ del 10 marzo. L’andamento delle borse USA è stato simile. 

Il livello attuale dei Reverse Repo è in linea con quello del 9 marzo, nonostante il picco del 31 marzo dovuto probabilmente alla conclusione del trimestre, mentre ad esempio il prezzo di Bitcoin nel frattempo è salito a 28.000$. 

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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