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Regolamentazione crypto in Cina: Bitcoin ha valore legale

La questione della regolamentazione crypto in Cina potrebbe avere un importante ruolo durante un’ipotetica prossima bull run. 

Infatti, a partire proprio dall’ultima grande bull run, quella del 2021, l’atteggiamento del paese asiatico nei confronti di Bitcoin e criptovalute è stato di vera e propria chiusura, tanto da arrivare a proibirne ai cittadini la compravendita. 

Bitcoin illegale in Cina: la regolamentazione crypto attuale

Ancora oggi a tutti gli effetti è in vigore il ban cinese nei confronti della compravendita di Bitcoin, ma le cose stanno cambiando. 

Innanzitutto il divieto è stato di fatto rimosso da Hong Kong

Hong Kong è la seconda piazza finanziaria più importante del Paese, e di sicuro quella più internazionale. È anche un cosiddetto territorio autonomo, ovvero con leggi proprie che possono anche differire da quelle della madrepatria. 

Sia chiaro: Hong Kong è Cina a tutti gli effetti, solo che può contare su una certa autonomia legislativa che consente ai regolamentatori locali di fare degli esperimenti. 

Per ora l’esperimento di consentire il trading crypto ai residenti di Hong Kong non ha ancora dato esiti particolarmente positivi, ma si tratta a tutti gli effetti di una prima piccola apertura. 

Quindi Bitcoin e criptovalute rimangono illegali in Cina, con l’eccezione della piccola Hong Kong dove quest’anno è tornato ad essere legale scambiarle. 

Il valore legale di Bitcoin contrapposto alla regolamentazione crypto in Cina

Nonostante ciò, anche la Cina mainland riconosce a Bitcoin un valore legale. 

Pochi giorni fa, il membro del comitato giudiziario della corte popolare intermedia n. 2 di Shanghai, Ren Suxian, giudice senior di terzo livello ed esperto in pratica processuale, ha pubblicato un lungo post su WeChat in cui afferma senza mezzi termini che la legge cinese riconosce Bitcoin come un asset di valore. 

Il post è stato intitolato espressamente “Attributi giuridici e disposizione giudiziaria della valuta digitale”, e cita esplicitamente Bitcoin

La questione affrontata da Suxian è proprio quella del conferimento a Bitcoin di un vero e proprio valore di fronte alla legge, in particolare nei casi di furto o altri crimini legati alla proprietà. 

L’esperto di Shanghai riferisce che diversi ufficiali giudiziari gestiscono questi casi in modo diverso, a seconda di come il prezzo della valuta digitale viene calcolato. 

In effetti in assenza di exchange locali è un po’ più difficile rilevare il valore di mercato degli asset digitali, ma quello che è certo è che la legge cinesi riconosce un valore a questi asset. 

Pur ammettendo che in CIna Bitcoin non è considerato come una moneta, ammette che sia una proprietà. 

A tal proposito chiede che vengano stabiliti nuovi meccanismi per la valutazione e la determinazione dei prezzi delle valute digitali, proprio per consentire agli apparati giudiziari di stimarne il valore. Per questo chiede vengano selezionate istituzioni terze per effettuare queste rilevazioni e queste stime. 

L’equivoco della teoria marxista

Ad un certo punto del suo ragionamento Suxian cita esplicitamente la teoria del valore marxista, dicendo che il  valore della merce viene da loro calcolato in base al tempo di lavoro socialmente necessario per produrla. 

La Cina in fondo è formalmente ancora un paese comunista, e quindi non può negare la validità della teoria del valore marxista. 

Tuttavia tale teoria non solo non rappresenta per nulla la dinamica con cui vengono determinati i prezzi sui mercati finanziari, ma è anche stata smentita in passato a livello generale ad esempio da diversi premi Nobel per l’economia. 

Pertanto da un lato risulta essere impossibile applicare tale teoria a Bitcoin, o a qualsiasi asset finanziario esistente sui mercati compresa la valuta fiat (tipo lo Yuan cinese), ma dall’altro la Cina non può ancora sbarazzarsene. 

E da qui probabilmente che nasce l’equivoco che porta la politica cinese a ritenere Bitcoin un asset privo di valore, mentre la giurisprudenza è costretta giocoforza ad ammettere che invece lo ha. 

D’altronde la politica spesso è fatta di propaganda, e questa spesso si basa sulla menzogna, mentre la giurisprudenza ha a che fare con i fatti che avvengono nel mondo reale. 

Il superamento della politica comunista

Va altresì detto che ormai la Cina si è aperta al libero mercato da più di trent’anni, tanto da aver superato l’ortodossia comunista in molti ambiti. 

Anzi, osservando ad esempio come si comportano le aziende cinesi sui mercati occidentali, di tracce della vecchia ideologia comunista non se ne vedono più. 

Basti dire che il modo con cui determinano i prezzi di mercato dei prodotti che esportano è sostanzialmente lo stesso che viene utilizzato sul mercato libero dalle aziende occidentali, e quindi totalmente avulso dalla vecchia teoria marxista del valore. 

Sembra pertanto che quello che è in atto in Cina sia un tentativo di difendere la propaganda comunista contro la potenza del libero mercato, e che questo tentativo sia inevitabilmente destinato prima o poi a fallire. 

Così come il classico approccio comunista è stato accantonato in diversi ambiti economici e produttivi, alla fine probabilmente sarà abbandonato anche in ambito finanziario, a partire proprio da Hong Kong.

Di questo superamento delle politiche comuniste tradizionali dovrebbe beneficiarne infine anche Bitcoin, a cui prima o poi anche la politica cinese dovrà attribuire un valore di mercato, così come già fatto dalla giustizia del Paese, accantonando così una volta per tutte la teoria marxista del valore. 

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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