Secondo ARK Invest, lo staking di Ethereum è diventato un punto di riferimento per la cosiddetta “criptoeconomia”, con un ruolo simile ad esempio a quello del tasso di rendimento dei fondi federali USA nell’economia tradizionale.
È quanto emerge da un report pubblicato qualche giorno fa sul sito web ufficiale di ARK Invest.
Summary
Il report di ARK Invest sullo staking di Ethereum
Il report, pubblicato martedì, si intitola “Perché Ether si distingue tra gli asset digitali”, ed è proprio dedicato ad Ethereum ed alla sua criptovaluta Ether (ETH).
Il lungo report analizza il ruolo di Ethereum e di ETH all’interno del settore crypto attuale, affermando che se Bitcoin (BTC) è una riserva di valore digitale, e l’unico asset digitale con una politica monetaria basata solo su regole, ETH invece sta emergendo come un asset di livello istituzionale con potenziale di generazione di rendimento.
Ethereum a settembre del 2022 ha abbandonato la Proof-of-Work per passare alla più snella Proof-of-Stake, che consente lo staking. Lo staking a sua volta genera un rendimento, in ETH, per chi mette i propri ETH su un nodo validatore che convalida le transazioni.
Secondo ARK Invest, ETH ornai sembra avere caratteristiche uniche e distintive che lo posizionano come un “indicatore di riferimento” all’interno dello spazio degli asset digitali. E così finisce per svolgere un ruolo fondamentale nei mercati finanziari privati e pubblici, influenza la politica monetaria delle reti e delle applicazioni digitali adiacenti e misura la salute dell’ecosistema degli asset digitali su vasta scala.
Lo staking di Ethereum: un punto di riferimento per le crypto secondo ARK Invest
Lo staking su Ethereum è iniziato per l’appunto a settembre 2022 con il passaggio a Proof-of-Stake, anche se era già possibile qualche mese prima sulla testnet.
In questo momento vi sono in totale più di un milione di validatori, con in tutto quasi 34 milioni e mezzo di ETH in staking, su una circulating supply totale di poco superiore ai 120 milioni. Quindi più di un quarto di tutti gli ETH esistenti al mondo sono attualmente immobilizzati in staking sui nodi validatori.
Il punto chiave, per ARK Invest, è l’APR, ovvero il tasso di rendimento annuo, che si attesta al 3,3%. Questo significa che ogni ETH messo in staking sta generando mediamente un rendimento di 0,033 ETH all’anno.
Si tratta di una percentuale per nulla anomala, nemmeno se confrontata con quella dei rendimenti degli asset tradizionali.
Questo tasso di rendimento secondo ARK Invest va ormai considerato un benchmark all’interno del settore crypto.
Il ruolo di Ethereum nella criptoecononia
Tutto ciò porterebbe il rendimento dello staking di ETH non solo ad essere un indicatore dell’attività degli smart contract e dei cicli economici nel settore degli asset digitali, ma anche ad assumere un ruolo simile a quello del tasso di rendimento dei fondi federali statunitensi (Treasury) nella finanza tradizionale.
Ad esempio in questo momento il rendimento delle obbligazioni degli Stati Uniti a 10 anni è del 4,1%, grazie ai tassi di interesse della Fed ancora particolarmente elevati.
Tuttavia questo tasso è destinato a scendere, grazie alla politica di tagli dei tassi di interesse avviata dalla Fed a settembre, mentre l’APR di ETH dovrebbe rimanere sempre poco sopra il 3%, dato che storicamente fino ad ora è stato così.
Il report di ARK Invest aggiunge però anche un altro fattore importante.
Infatti l’APR di ETH è sì variabile, ma lo staking è certo, nel senso che fino a che la rete Ethereum continuerà ad esistere ed a essere basata su Proof-of-Stake, ci saranno sempre dei rendimenti, per forza di cose. I validatori infatti vanno pagati per la loro attività di convalida delle transazioni, e lo staking serve proprio a questo.
Invece le obbligazioni statali possono anche implodere, in caso ad esempio di insolvibilità dello Stato, come accaduto già diverse volte in passato (anche se non agli USA).
L’unico vero rischio dello staking di Ethereum c’è quando si affidano i propri ETH ad un nodo validatore terzo, perchè in tal caso i gestori del nodo potrebbero anche finire per perderli, ad esempio se dovessero perdere l’accesso al nodo stesso in caso di hack o di problemi alla macchina su cui opera.
L’inflazione di ETH
Dato che gli ETH che vengono pagati come APR a chi li mette in staking vengono creati dal nulla, c’è sempre il rischio che Ether sia una criptovaluta inflattiva.
Per questo motivo è stato deciso mesi fa di bruciare una parte delle fee pagate da chi effettua una transazione e pertanto chiede che venga convalidata. Anche le fee infatti vengono incassate dai nodi validatori, pertanto bruciarle significa solamente ridurre di un po’ i loro incassi, senza azzerarli.
E così quando ci sono molte transazioni, e vengono pagate molte fee, ETH diventa momentaneamente una criptovaluta deflattiva, mentre quando ce ne sono poche torna ad essere inflattiva.
La sua circulating supply ormai è sostanzialmente invariata da settembre 2022 ad oggi, mentre nei due anni precedenti ad esempio era cresciuta del 7%.
Questo ragionamento non c’entra con il fatto che l’APR di ETH sia ormai da considerare un benchmark, ma occorre lo stesso tenerlo presente perchè se ETH fosse rimasta inflattiva il rischio che la pressione di vendita sui mercati rimanesse mediamente superiore a quella di acquisto, facendone scendere il prezzo. era reale.