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E se le banche comprassero ETF crypto?

Ora che le crypto sono presenti anche sui mercati finanziari regolamentati tradizionali grazie agli ETF, in teoria anche le banche potrebbero investirci. 

Sebbene solitamente si creda che l’attività bancaria si concentri sulla custodia dei depositi di privati ed aziende, e sul credito, in realtà le banche operano anche come investitori sui mercati finanziari. 

ETF crypto e altri fondi: l’accesso per le banche

Gli ETF sono letteralmente degli Exchange Traded Fund, ovvero dei fondi che possono essere scambiati in borsa. 

Tecnicamente sono fondi che emettono azioni, che a loro volta possono essere comprate e vendute sui mercati finanziari tradizionali. 

Non esistono però soltanto gli Exchange Traded Fund, ma esistono anche molte altre tipologie di fondi differenti. 

Una di queste ad esempio è quella dei Sovereign Wealth Fund (SWF), ovvero fondi di investimento di proprietà statale finanziati spesso dalle banche centrali. Si tratta di una tipologia che appartiene alla grande categoria dei cosiddetti fondi sovrani di proprietà pubblica. 

Tramite gli SWF di fatto le banche centrali, e quindi gli Stati, possono investire anche sui mercati. 

La Cina da sola possiede e controlla 4 dei dieci principali SWF del mondo. 

Gli investimenti degli SWF

Stando ad una ricerca di TheCityUK, nel 2023 i fondi gestiti in tutto il mondo dagli SWF sono arrivati ad avere un valore complessivo di circa 12.700 miliardi di dollari. 

Ad esempio i fondi in gestione del maggior gestore patrimoniale al mondo, BlackRock, ala stessa data valevano circa 10.000 miliardi. 

Gli SWF pertanto, presi nel loro complesso, sono un soggetto estremamente importante sui mercati finanziari, e non possono quindi essere assolutamente ignorati. 

Nel solo 2023 gli SWF a livello globale hanno investito 125 miliardi di dollari. 

Sebbene questa cifra sia risultata essere del 20% inferiore a quella del 2022, in media dal 2018 al 2023 gli investimenti annuali degli SWF sono cresciuti del 16,4%.

In questo momento non si hanno notizie certe di investimenti degli SWF in ETF crypto, tuttavia se le banche centrali volessero investire in criptovalute senza doverle includere direttamente nei loro bilanci potrebbero farlo attraverso questi veicoli. 

Dal report di TheCityUK emerge che complessivamente gli asset posseduti dagli SWF sono costituiti al 32% da azioni, al 28% da strumenti a rendimento fisso, al 10% da investimenti strategici diretti, al 4% da cash, ma al 26% da investimenti alternativi. 

La quota degli AUM (asset under management) al 26% per gli investimenti alternativi sembra lasciare ampio spazio anche per le crypto. 

Il vantaggio degli ETF crypto per le banche

Questi fondi sovrani hanno parecchie difficoltà ad investire direttamente sui mercati crypto, tanto che è lecito supporre che proprio non lo facciano. 

Invece gli ETF crypto non solo sono derivati presenti sui mercati finanziari tradizionali accanto ad altri ETF, come ad esempio quelli sull’oro e sul petrolio, ma risultano anche essere prodotti finanziari completamente regolamentati. 

Pertanto gli SWF potrebbero non avere particolari problematiche ad investire sugli ETF crypto, a patto ovviamente di aver preso la decisione di integrarli nel proprio patrimonio. 

Stando però a recenti dichiarazioni di BlackRock, ovvero l’emittente del principale ETF su Bitcoin al mondo (IBIT), ad oggi sono ancora relativamente pochi i soggetti che hanno investito sugli ETF crypto. 

Ciò fa presumere che in futuro potrebbero entrare sul mercato crypto, indirettamente grazie agli ETF, moltissimi altri soggetti che per ora ne sono completamente fuori. 

Le banche e le crypto

Per una banca centrale potrebbe aver senso allocare del capitale su Bitcoin, ed in misura inferiore anche su altre crypto. 

In particolare, come sostiene sempre BlackRock, per un classico portafoglio 64/40 potrebbe aver senso inserire tra l’1% ed il 2% in ETF crypto. 

Gli SWF in realtà non hanno affatto il classico portafoglio 60/40, anche perchè allocano circa il 10% su investimenti strategici diretti. Tolti però questi, ed il cash, hanno un 33% del resto allocato su prodotti a rendimento fisso, ed il restante 67% su azioni ed investimenti alternativi. Non si tratta pertanto di un’allocazione molto diversa, se si escludono gli investimenti diretti. 

A questo punto è possibile perlomeno immaginare che di quel 26% di capitale investito in strumenti alternativi dagli SWF una piccola parte in teoria potrebbe anche venir investita sugli ETF crypto. 

Ad oggi forse è ancora un po’ prematuro immaginare ciò, ma perlomeno ora è possibile. 

L’impatto sui mercati crypto

Va detto che l’1% di 125 miliardi di dollari sono 1,25 miliardi, ovvero una cifra che, annualmente, è di molto inferiore ad esempio a quella investita dalla sola MicroStrategy nel 2024 su Bitcoin. 

Quindi a livello strettamente finanziario un loro ingresso sul mercato crypto, attraverso gli ETF, difficilmente potrebbe produrre conseguenze significative. 

Tutt’altro impatto però potrebbero averlo sulla narrazione, soprattutto se questi fondi controllati dalle banche centrali decidessero di investire in Bitcoin come riserva strategica. 

Gli SWF non sono attività dedite al trading, ma veri e propri fondi di investimento che investono soprattutto per costruirsi un portafoglio. Infatti è per questo che il loro AUM complessivo è ancora così elevato. 

Se da un lato appare ancora molto improbabile che le banche centrali possano comprare Bitcoin sui mercati crypto e detenerli su wallet non-custodial, potrebbero invece farsi meno problemi ad autorizzare i loro SWF ad allocare una piccola percentuale del capitale sugli ETF crypto. 

Ad oggi questa risulta essere soltanto un’ipotesi, e nulla di più, ma se da un lato può apparire poco probabile, dall’altro finalmente appare almeno plausibile. 

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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