Ieri è stato diffuso un report di BlackRock in cui si sostiene che sia ragionevole considerare un’allocazione tra l’1% ed il 2% del portafoglio su Bitcoin.
Sebbene BlackRock non sia imparziale in questo caso, dato che suggerisce ovviamente un’allocazione tramite il suo ETF IBIT, le sue dichiarazioni vanno prese sul serio, dato che si tratta comunque sempre del maggior gestore patrimoniale del mondo.
Summary
Il report ufficiale di BlackRock: l’allocazione ottimale di Bitcoin nel portafoglio
Il report, intitolato “Sizing bitcoin in portfolios”, è stato pubblicato sul sito web ufficiale di BlackRock.
È stato redatto dal BlackRock Investment Institute, quindi si tratta a tutti gli effetti di un report ufficiale, e pubblico, di BlackRock.
Gli autori sono il Chief Investment Officer of ETFs and Index Investments di BlackRock, Samara Cohen, il Senior Portfolio Strategist, Paul Henderson, l’Head of Digital Assets, Robert Mitchnick, e l’Head of Portfolio Research, Vivek Paul.
Si tratta di un PDF di cinque pagine, a dire il vero non particolarmente ricco, ma comunque approfondito.
La teoria sull’allocazione di Bitcoin
In particolare il report contiene un grafico, intitolato per l’appunto “Sizing bitcoin in portfolios”, nel quale vengono mostrate le percentuali stimate del contributo al rischio in un portafoglio 60/40.
Pur specificando esplicitamente che queste non sono raccomandazioni di investimento, e che le performance passate non sono un indicatore affidabile dei risultati attuali o futuri, il grafico mostra la quota di rischio del portafoglio allocato in Bitcoin in un ipotetico portafoglio azionario-obbligazionario 60-40, confrontato con quello delle “magnifiche 7” (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla).
Il contributo di rischio è stato stimato utilizzando i rendimenti settimanali tra maggio 2012 e luglio 2024. Il
Ciò che emerge è che la quota allocata su Bitcoin va dall’1% al 4%, passando per il 2%.
Gli autori aggiungono però che, se Bitcoin dovesse effettivamente raggiungere un’ampia adozione in futuro, potrebbe anche diventare potenzialmente meno rischioso. A quel punto però potrebbe non avere più la forza di far segnare ulteriori consistenti aumenti di prezzo.
Concludono dicendo:
“Il caso di una detenzione a lungo termine potrebbe quindi essere meno chiaro e gli investitori potrebbero preferire utilizzarlo tatticamente per proteggersi da rischi specifici, in modo simile all’oro”.
I driver del valore di Bitcoin
Il report contiene anche un capitolo intitolato “I driver del valore di Bitcoin”.
In questo capitolo gli autori scrivono che il valore di Bitcoin aumenta quando la sua offerta predeterminata incontra una domanda crescente. Ovviamente specificano anche che la domanda cambia in base alla convinzione in evoluzione degli investitori in merito al potenziale di Bitcoin di essere adottato più ampiamente.
Quindi, secondo gli autori del report, in caso di investimenti in Bitcoin è centrale il potenziale per una futura adozione diffusa.
A tal proposito aggiungono:
“Riteniamo che sia il periodo che porta all’adozione su larga scala quello in cui potrebbe risiedere il più grande potenziale di ritorni futuri”.
A questo punto iniziano a prendere in considerazione quali potrebbero essere i driver che potrebbero guidare tale adozione.
Innanzitutto affermano che Bitcoin consente transazioni transfrontaliere fluide e praticamente istantanee. Inoltre evidenziano come chiunque possa parteciparvi perchè è decentralizzato, e senza la capacità diretta dei governi di aumentarne o diminuire l’offerta.
Infine però ammettono che, alla fine, c’è comunque sempre il rischio che non venga mai ampiamente adottato.
Le ragioni di un’allocazione al 2%
La strategia di allocazione dell’1% o 2% del capitale in Bitcoin parte dal presupposto che si creda che verrà adottato più ampiamente in futuro, e che si sia disposti a sopportare il rischio di potenziali rapidi crolli. Infatti gli autori del report invitano comunque gli investitori a bilanciare i pro e i contro di un’allocazione in Bitcoin.
Detto questo, il punto di partenza dell’analisi è il dimensionamento delle allocazioni per azioni, obbligazioni e asset del mercato privato, in particolare partendo dalle considerazioni sui rendimenti attesi ed i rischi.
Il problema per Bitcoin è che è estremamente difficile immaginare con precisione i rendimenti attesi, perchè non ha flussi di cassa sottostanti per effettuare stime. Ciò che conta è solo l’entità dell’adozione.
Ma d’altro canto Bitcoin ha un vantaggio, ovvero quello di fornire una fonte di rendimento più diversificata.
Gli autori del report di BlackRock dichiarano esplicitamente di non vedere alcuna ragione intrinseca per cui Bitcoin dovrebbe essere considerato correlato con altri asset di rischio importanti sul lungo periodo, dato che il suo valore è guidato da driver differenti.
Pertanto, sebbene Bitcoin non possa essere paragonato ad asset tradizionali, gli analisti di BlackRock pensano che un intervallo ragionevole per un’esposizione a Bitcoin sia tra l’1% ed il 2% del portafoglio.
Superare il 2% aumenterebbe notevolmente la quota di rischio complessivo del portafoglio, mentre stare sotto l’1% potrebbe avere poco senso.
Infatti specificano che, da una prospettiva di costruzione di un portafoglio 60/40, un utile punto di partenza sia proprio il gruppo dei “magnifici 7”. Ebbene, questi titoli rappresentano una quota relativamente ampia di rischio, esattamente come nel caso di Bitcoin.
Tuttavia in un portafoglio tradizionale con un mix di azioni al 60% e obbligazioni al 40%, quei sette titoli rappresentano ciascuno, in media, circa la stessa quota di rischio proprio di un’allocazione dell’1-2% in Bitcoin.
Pertanto stare sotto l’1% non produrrebbe vantaggi significativi in termini di riduzione del rischio.