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Hashgraph è una rivoluzione per la blockchain

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Dietro Hedera Hashgraph, la tecnologia che punta a rivoluzionare la blockchain, c’è Jordan Fried.

Americano, residente in Ungheria, è un imprenditore e un investitore che ha fatto la fortuna di alcune startup diventate big company, come per esempio Buffer.

Fried è anche uno dei principali investitori in Swirlds, la software company che ha ideato Hashgraph.

Nell’azienda riveste anche un ruolo manageriale, Vice Presidente dello sviluppo globale del business.

Hashgraph è balzata agli onori della cronaca per l’introduzione di un nuovo sistema di verifica delle transazioni.

Si chiama “Gossip about Gossip” e consente ai nodi che generano una nuova transazione di distribuire ai loro vicini solo una parte dell’informazione e non l’intera catena di blocchi.

Questo da vita a un modello definito “epidemico” che dovrebbe garantire una maggiore velocità nel trasferimento delle informazioni (centinaia di migliaia di transazioni al secondo, rispetto alle 10 di Bitcoin e alle circa 25 di Ethereum).  

Per capirne di più abbiamo raggiunto Fried, proprio per parlare di Hashgraph e delle sfide della blockchain

A suo avviso Hashgraph sarebbe il futuro della blockchain, come fa ad affermarlo?

I network della blockchain oggi sono inefficienti, lenti e non sono modelli scalabili. Hashgraph risolve questi problemi con un algoritmo (virtual voting) che si è dimostrato veloce, affidabile e sicuro. Non prevede alcuna proof of work e raggiunge performance migliori rispetto alle altre tecnologie oggi sul mercato.

Hashgraph ha raccolto 18 milioni di dollari. Può dire chi oggi la sta utilizzando?

I primi clienti l’hanno usata come ledger privato. Poi l’hanno adottata alcune organizzazioni, come CULedger, un consorzio che riunisce numerosi istituti di credito del Nord America. Dal lancio del nostro network pubblico, diverse aziende stanno programmando di costruire applicazioni sul nostro Hedera Hashgraph. Abbiamo l’interesse di un progetto musicale di Matt Sorum dei Guns N’ Roses, e quello di Machine Zone, una delle più grandi aziende di gaming al mondo.

Quindi, come si immagina il futuro della blockchain?

La strada è in salita. Le sfide sono tante. Come le performance da migliorare nel numero delle transazioni. Servono strutture capaci di supportare centinaia di migliaia di transazioni al secondo, per entrare in un mercato ad esempio come quello azionario, piuttosto che le aste e i videogiochi. Il punto fondamentale è il nodo sicurezza: la blockchain potrà vincere solo se saprà facilitare lo scambio di trilioni di dollari!

Gli scettici denunciano la mancanza di governance e stabilità. Cosa ne pensa?

Sì, ci sono altri tre aspetti fondamentali da scegliere. La governance è uno di questi. Per evitare di finire con il tempo nella trappola della centralizzazione, un public ledger ideale dovrebbe essere amministrato da rappresentanti di larghe fette di mercato di diversi settori da tutto il mondo. Ognuno di questi rappresentanti dovrebbe vantare un’ottima esperienza nelle rispettive aziende. Allo stesso tempo servono meccanismi tecnici e legali che rafforzino le decisioni della governance, altrimenti le piattaforme pubbliche rischiano di finire nel caos.

Come deve essere un public ledger ideale?

Deve rafforzare le attività di due diligence finanziaria (KYC) e anche i controlli sul riciclaggio, se si prefigge lo scopo di essere adottato dalla massa.

Che consigli si sente di offrire agli imprenditori che lavorano nel campo della blockchain?

Consiglio di cercare un problema per una categoria specifica di utenti e risolverlo. E poi essere sicuri che la tecnologia che stanno costruendo sia stabile e progettata per durare nel tempo.

Giancarlo Donadio
Giancarlo Donadio
Giancarlo inizia a scrivere di business con Millionaire. Con la rivista di Milano collabora alla realizzazione di "Startup. Sogna, credici, realizza. Dall'idea al successo” per Hoepli. Dal 2016 collabora con Startupitalia! dove si specializza su fintech, blockchain, criptovalute, all'interno della rubrica SmartMoney. Oggi è cofondatore di Pandant, web agency focalizzata su content marketing e personal branding
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