La prima ad oscurare gli annunci riguardanti le ICO e le monete virtuali è stata Facebook all’inizio dell’anno.
La motivazione ufficiale è stata quella di proteggere i propri utenti da potenziali truffe nascoste dietro ogni singolo annuncio.
Da lì è partita un’ondata di diffidenza verso l’universo delle criptovalute che piano piano si è estesa anche a Google e Youtube.
Dopo il colosso di Mountain View a rinunciare a questo tipo di pubblicità è arrivata Twitter che, nonostante la necessità di monetizzare la sua base di utenti, ha deciso di frenare questo canale di finanziamenti e bloccare le ADS riguardanti ICO e l’universo crypto.
Risultato: da giugno il colosso della ricerca online metterà al bando gli annunci.
Le reazioni
Troppa censura secondo alcune associazioni di criptovalute e per imprese che operano nel settore.
Da qui le proteste provenienti da Svizzera, Kazakistan e Armenia, cui si sono aggiunte altre associazioni crypto russe, cinesi e sud-coreane riunite in un’associazione chiamata Eurasian Blockchain Association (EBA).
Il risultato è un’azione collettiva di denuncia delle multinazionali di Internet.
Facebook, LinkedIn, Twitter e Google saranno perciò presto chiamate in tribunale nello Stato di New York come dichiarato da Yuri Pripachkin, presidente dell’EBA sottolineando che:
“Le cause legali possono essere presentate anche in altre giurisdizioni statunitensi, compresi gli stati in cui sono registrate le società”.
A coprire le spese sarà un fondo in criptovalute registrato in Estonia.