HomeCriptovaluteCorea del Nord, bitcoin e crypto per eludere le sanzioni USA

Corea del Nord, bitcoin e crypto per eludere le sanzioni USA

Una delle caratteristiche peculiari di bitcoin e delle altre criptovalute è il fatto che le transazioni siano incensurabili, ovvero nessuno può limitarle o bloccarle: chi possiede dei token può utilizzarli come meglio crede, senza che nessuno possa impedirglielo.

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Lo sanno bene i Paesi soggetti a embarghi finanziari o sanzioni internazionali, come ad esempio la Corea del Nord.

E il regime di Pyongyang già da tempo sta seguendo l’evoluzione del settore delle criptovalute perché interessato al fatto che l’incensurabilità delle transazioni, tipica di queste tecnologie, possa consentire di aggirare eventuali blocchi.

A tal proposito, l’Asia Times riferisce che due analisti dell’intelligence finanziaria di Washington –  Lourdes Miranda, analista indipendente e investigatore di crimini finanziari, e Ross Delston, avvocato indipendente specializzato in antiriciclaggio e lotta al finanziamento del terrorismo – hanno spiegato che la Corea del Nord sta utilizzando le criptovalute per aggirare le leggi bancarie globali ed eludere le sanzioni statunitensi.

I due analisti spiegano come la Corea del Nord (RPDC) utilizzi diversi exchange internazionali ed istituzioni finanziarie internazionali che hanno relazioni con gli Stati Uniti.

Inoltre, la RPDC potrebbe anche creare propri wallet per conservare, ricevere e inviare criptovalute da e verso wallet online europei che richiedono criteri di identificazione limitati e che, ovviamente, non risentono delle sanzioni statunitensi imposte contro la Corea del Nord.

Ad esempio, la RPDC potrebbe aprire un wallet su un servizio online russo, trasferire da questo i propri token in un wallet online bulgaro e poi trasferire il contenuto su uno greco. Il tutto avverrebbe con transazioni anonime ed utilizzando intestatari fittizi legittimati ad aprire questi wallet in modo da poter ricevere, conservare ed inviare criptovaluta senza ostacoli.

Questo accadrebbe già con i token estratti dai miner coreani. Infatti, in Corea del Nord il mining è abbastanza diffuso e i miner possono trasferire i token così ottenuti in wallet europei utilizzando uno schema simile a quello descritto in precedenza.

A quel punto, una volta “puliti”, i token possono essere utilizzati per interagire anche con istituzioni finanziarie statunitensi.

La complessità di questo processo può variare notevolmente a seconda delle circostanze, del valore e dell’importanza delle transazioni in atto.

Ad esempio, in alcuni casi i token minati prima di essere spesi vengono convertiti in bitcoin su exchange esteri. Oppure si può suddividere la transazione in tante piccole sottoparti, utilizzando wallet differenti, in modo da renderle ancora meno riconoscibili.

Secondo alcune stime, la RPDC potrebbe arrivare ad incassare fino a 200 milioni di dollari con questo sistema, ma sono in corso ulteriori indagini per raccogliere maggiori informazioni su questa dinamica, anche in virtù del fatto che la RPDC sta studiando l’emissione di una propria criptovaluta di Stato, cosa che potrebbe ingigantire il fenomeno.

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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