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I beni di lusso e la blockchain all’interno della supply chain

Alla data, abbiamo ancora dei problemi nel certificare l’origine e la provenienza delle materie prime o degli ingredienti durante tutte le fasi di produzione/distribuzione di qualsiasi prodotto – di solito soprattutto cibi e beni di lusso – prima di aver immesso queste informazioni nella blockchain.

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Oggi si ritiene in parte problematica la certificazione per i liquidi, ma si iniziano a sperimentare microscopici sensori per accompagnare gli spostamenti dei beni solidi col fine di avere un sistema univoco per combattere la contraffazione.

Nella sperimentazione dobbiamo prima di tutto assegnare ad ogni oggetto un unico identificativo digitale che corrisponde sempre al suo gemello digitale.

Per esempio, consideriamo la tracciatura di una borsa di lusso, scegliamo o non scegliamo di tracciare il materiale ferroso acquistato per la cerniera? Oppure dell’intera cerniera? O dell’intera borsa?

Una volta definito l’elemento base da tracciare la difficoltà è che sia sempre in sincrono con il gemello digitale, ed è un tema non banale, perché dobbiamo stabilire quando la data di origine fisica deve corrispondere alla data di nascita digitale.

Infine, descrivere il problema è semplice: per funzionare bene una blockchain deve portare al suo interno la gestione di tutti gli asset, anche i pagamenti.

Solo che per raggiungere questo risultato dobbiamo considerare e tenere insieme i concetti di fiducia, trasparenza, tracciatura e nuova tecnologia.

E soprattutto considerare che le supply chain sono lentissime a cambiare per evidenti complessità di interrelazioni tra tante imprese sparse nel globo.

Costoro finora hanno mantenuto una governance che più o meno ha funzionato, ma ora con il modello decentralizzato ne dobbiamo creare di nuove ex novo per le sfide che iniziano ad albeggiare per la prima volta.

Basti pensare al processo di integrazione che le imprese devono intraprendere per far in modo che il proprio ERP (Enterprise Resource Planning) gestisca le informazioni aziendali e che abbia visione dei processi delle altre aziende della filiera.

Del resto, le proprie registrazioni equivalgono a fidarsi delle registrazioni di tutti gli altri, perché queste sono la stessa cosa sulla blockchain.

Altro punto interessante, il tema della privacy nelle filiere è importante, in quanto dobbiamo capire come trattare i dati su quattro aspetti: il mittente, il proprietario, il destinatario e il contenuto.

Proprio sul dato riferito al contenuto si aprono riflessioni in termini di confidenzialità.
I requisiti di riservatezza per i dati della catena di approvvigionamento non sono gli stessi in tutti i settori o per tutti i partecipanti.

Il principale compromesso è tra i vantaggi della condivisione dei dati all’interno della rete di business: visibilità e ottimizzazioni trasversali sono impossibili, mantenendo la riservatezza nei confronti dei concorrenti laddove necessario. Le informazioni sulla catena di fornitura possono essere confidenziali, per esempio, l’identità dei partecipanti, il volume degli scambi, i prezzi e i tempi di consegna.

Arrivando al nocciolo del problema: i sensori devono scrivere i dati sulla blockchain che li rende eterni e, con l’aggiunta di un token che rappresenta la risorsa gestita, si ottiene anche un sistema automatico di riconciliazione dei pagamenti.

Ciò che cambia tutto è che dopo aver messo in sincrono il bene fisico, come può essere un bene di lusso, con il suo identificativo in digitale, dobbiamo legarlo a un valore economico, scambiabile, facilmente e ad alta velocità, tra i soggetti. In questo modo chi possiede il token lo può scambiare facilmente alla stessa alta velocità che ci consente il digitale.

A prescindere da blockchain, IoT o altro, ci sono sempre i classici criteri da seguire:

  1. Costo e rischio
  2. Concentrarsi sulla competenza di base
  3. Ideare una nuova crescita del business
  4. Trasformazione vs disruption
  5. Competizione vs coopetizione.

Se adesso con le nuove possibilità e le suddette criticità a disposizione consideriamo la domanda delle domande: può l’introduzione di più tecnologia come la blockchain farci dipendere meno dalla fiducia umana?

La risposta è affermativa, a patto che il destinatario comprenda che – solo per tutto il transito digitale del bene:

  • Ha immediata evidenza se i dati sono stati alterati
  • Chi è stato a non rispettare il processo
  • Sarà rimborsato automaticamente.

Si deve sperimentare? Sì.

C’è da avere l’approccio dello sperimentatore con metodo, perché è la prima volta che fondiamo l’IoT, con la supply chain, con la blockchain, gli smart contract, con i sistemi di pagamento.

Massimo Chiriatti
Massimo Chiriatti
Tecnologo, collabora con Università e centri di ricerca per eventi di formazione sull’economia digitale. Prende parte attivamente a congressi e forum su temi riguardanti in particolar modo. l’innovazione nell’ICT. Membro di Assob.it, un’associazione senza scopo di lucro per lo studio delle criptovalute e per promuovere la tecnologia Blockchain.
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