L’exchange Coinbase, ha recentemente bannato un suo utente dalla sua piattaforma, Milo Yiannopoulos, tre dopo minuti dalla sua iscrizione.
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Dopo solo 3 minuti dalla verifica dell’email, Milo avrebbe ricevuto la notifica della chiusura del suo account, facendo dedurre che Coinbase potrebbe avere una lista nera di nominativi, passata molto probabilmente dal governo americano. Nomi che sono scomodi sotto diversi aspetti.
Ad inizio mese anche gli account Facebook, Instagram e Twitter di Milo Yiannopoulos sono stati rimossi. Yiannopoulos è infatti esponente dell’alt-right, movimento americano di estrema destra, sessista e razzista nonché collaboratore del sito Breitbart News.
Coinbase potrebbe avere seguito gli altri big del mondo social e deciso di bloccare preventivamente un canale finanziario che Yiannopoulos avrebbe potuto usare per iniziative poco chiare.
La questione fa emergere anche come gli USA sono molto repressivi nei confronti della libertà di stampa battendo persino l’Italia: gli USA si trovano infatti al 48° posto, mentre l’Italia si trova al 43° posto. La Svizzera, invece, è nella top ten al 6° posto.
In questi casi è difficile schierarsi da una parte o dall’altra perché ci sono situazioni in cui limitare la libertà di alcune persone con ideali estremisti potrebbe giovare all’intera comunità, ma qui il discorso è un altro e riguarda se questi colossi hanno il potere per farlo autonomamente oppure si devono adeguare alle leggi e quindi muoversi solo su richiesta di uno Stato specifico.
Con l’incremento dei social network e di piattaforme simili gli utenti hanno delegato un potere enorme sia in termini di privacy sia in termini di sicurezza ed è difficile per uno Stato imporsi. Inoltre, trovare un rimedio, una soluzione o una sanzione idonea non è nemmeno compito semplice per il regolatore.
Così, si può solo constatare che il sistema gira ancora intorno ad un mondo centralizzato.