L’India Port Community System (PCS) ha integrato la piattaforma Blockchain Document Transfer (BDT) di CargoX per tracciare i documenti di trasporto.
Lo rivela World Cargo News, che afferma che l’azienda slovena CargoX ha annunciato che la sua piattaforma BDT è stata integrata con nel PCS indiano, realizzato da India Portall Infosystems.
PCS è la piattaforma digitale governativa dell’India progettata per integrare il flusso elettronico di documenti e informazioni commerciali per i porti dell’India ed altre parti interessate, come compagnie marittime, stazioni di trasporto e deposito di container, broker doganali, importatori, esportatori, ferrovie, agenzie governative di regolamentazione, banche, eccetera.
Serve in particolare per gestire in modo sicuro lo scambio di documentazione e messaggi in formato elettronico.
L’obiettivo del paese è quello di digitalizzare tutti i documenti commerciali, comprese le fatture. Il processo è stato accelerato dalla pandemia di Covid19 in corso, che ha spinto il governo indiano a valutare nuove modalità di registrazione dei documenti di trasporto in formato elettronico, compresi gli ordini di consegna, i certificati di origine, le lettere di credito, ed altri documenti commerciali.
India Portall Infosystems ha testato con successo la piattaforma BDT di CargoX, e così i due soggetti hanno stretto una partnership per la digitalizzazione dei documenti di carico e il trasferimento di documenti commerciali, visto che BDT è risultata conforme con i requisiti per la digitalizzazione dei documenti del Ministero delle spedizioni indiano.
L’integrazione di BDT in PCS darà la possibilità di gestire i documenti elettronici in modo più efficiente e più coerente con la necessità del distanziamento sociale.
PCS è attualmente in uso in in 13 porti indiani, ed altri 6 in altre nazoni, con oltre 16.000 aziende che lo stanno utilizzando.
Summary
L’India e il settore blockchain
L’India potrebbe diventare il prossimo hub crypto, dopo che la Corte Costituzionale del Paese ha dichiarato incostituzionale il ban delle criptovalute.
Secondo alcuni gestori di exchange locali, lo sblocco della situazione potrebbe portare ad una massiccia adozione delle criptovalute in India, un paese che in realtà vorrebbe partecipare alla rivoluzione blockchain.
Infatti innanzitutto l’India è un paese che importa moltissimi beni dall’estero, ma ha una valuta non particolarmente stabile. Quindi per prima cosa le criptovalute potrebbero aiutare il commercio con l’estero.
L’India è il secondo paese al mondo per numero di abitanti, non distante dalla Cina, pertanto potrebbe portare nel mondo crypto centinaia di milioni di persone.
E’ un paese che riceve un’esorbitante quantità di rimesse dall’estero: nel solo 2018 risultavano inviati in India 79 miliardi di dollari da indiani residenti all’estero.
Queste vengono ancora inviate tramite i canali tradizionali, lenti e molto costosi, che potrebbero tuttavia essere già sostituiti dai nuovi canali basati su criptovalute.
La regolamentazione crypto in India
Purtroppo il quadro normativo nel Paese non è ancora affatto chiaro in merito al settore crypto, ma il cambiamento di rotta fatto segnare nel 2020 con il pronunciamento della Corte Costituzionale potrebbe spronare il governo a colmare questo gap.
D’altronde l’abrogazione del divieto di scambiare criptovalute con valuta fiat nel Paese ha già generato un boom degli scambi, lasciando sperare che questa crescita, se sostenuta, crei una solida industria crypto locale che spingerà i legislatori a rendere tutto legale ed a norma.
In particolare in un paese enorme, e con pochi exchange, l’attuale “primavera” crypto in atto sta già favorendo l’apertura di nuovi exchange, rendendo pima o poi inevitabile una presa di coscienza anche da parte delle autorità del fenomeno in atto.
Risulterebbe infatti particolarmente utile se il governo autorizzasse esplicitamente questi soggetti in modo che le aziende e gli investitori si possano sentire completamente liberi di iniziare a fare trading.
Gli indiani che operano su questi mercati sono ancora decisamente pochi, spesso perché non hanno ancora familiarità con il funzionerebbero e le implicazioni tecnologiche di questi nuovi asset, ed una chiarezza normativa a riguardo potrebbe aiutare non solo le società crypto, ma anche gli stessi utenti.