HomeCriptovaluteBitcoinChi ha inventato il Bitcoin? Sulle tracce di Satoshi Nakamoto

Chi ha inventato il Bitcoin? Sulle tracce di Satoshi Nakamoto

La vera identità di chi ha inventato il Bitcoin è uno dei misteri più affascinanti della storia della regina delle criptovalute. 

Il 31 ottobre 2008, in una mailing list di crittografia, un utente misterioso scrisse un messaggio nel quale sosteneva di aver creato un nuovo sistema di denaro elettronico. Il messaggio era firmato da Satoshi Nakamoto, l’ideatore del Bitcoin. 

Da quel giorno sono passati molti anni. 

Bitcoin è divenuta la criptovaluta più famosa e più preziosa al mondo e la curiosità intorno al suo inventore è esplosa. 

Molteplici tentativi sono stati fatti per cercare di smascherarlo, tante sono state le ipotesi e gli scoop giornalistici che si sono susseguiti nel tempo. 

La domanda però resta sempre la stessa: “Chi è Satoshi Nakamoto?”. 

Facciamo quindi  luce su questo fitto mistero per cercare di scoprire chi si nasconde dietro l’invenzione di Bitcoin. 

I primi indizi: un gentleman inglese

Per tentare di risolvere il mistero dobbiamo necessariamente partire dai messaggi che Satoshi Nakamoto ha inviato durante gli anni. 

Infatti, dopo la prima e-mail del 2008, Nakamoto ha scritto decine di altri messaggi sia nella mailing list di crittografia, sia sul forum della “p2p foundation” e successivamente sul “Bitcoin Forum”, con l’intento di spiegare il suo progetto, rispondere ai dubbi degli utenti ed anche per cercare collaborazioni utili allo sviluppo del protocollo Bitcoin. 

Da una prima analisi linguistica dei messaggi si intuisce come Satoshi Nakamoto sia una persona in grado di scrivere in perfetto inglese, probabilmente di lingua madre. 

Lo si deduce dalla scelta di alcuni termini utilizzati; inoltre, il fatto che possa trattarsi di un cittadino inglese, potrebbe essere confermato dalla decisione di inserire nella prima transazione di bitcoin in assoluto, il titolo di quel giorno del quotidiano The Times, celebre testata giornalistica con sede a Londra. 

Per di più, il linguaggio informatico utilizzato per la scrittura del codice originario sul quale si basa l’intero protocollo Bitcoin, definito di vecchia generazione ed old school, può suggerire che si trattasse di un signore di mezza età, non più giovanissimo. 

Satoshi Nakamoto: uno o tanti? 

Sempre sulla base dell’analisi testuale dei messaggi inviati da Satoshi Nakamoto, è stata proposta un’altra spiazzante teoria. 

Sembrerebbe, infatti, che i messaggi firmati tutti con il medesimo pseudonimo possano appartenere in realtà a persone diverse. 

In effetti, vi è molta varietà tra i testi: alcuni appaiono estremamente formali e dal linguaggio raffinato ed erudito, altri propongono abbreviazioni ed usano uno stile molto più informale contaminato da slang, altri ancora sono firmati con il solo nome Satoshi. 

Alcuni sono molto tecnici e riguardano aspetti specifici di crittografia e programmazione, altri esplicitano concetti di natura politico-filosofica, altri ancora espongono tesi economiche molto raffinate. 

Considerando tutti questi indizi, potrebbe non essere così azzardato affermare che dietro questo personaggio così misterioso si celi in realtà un gruppo formato da più persone, sicuramente esperti di economia, informatica e crittografia. Una tesi affascinante che ben si adatta alla complessità del sistema Bitcoin. 

L’omonimo Dorian Satoshi Nakamoto

Il 6 marzo 2014 la celebre rivista americana Newsweek” pubblicò un articolo intitolato “The Face Behind Bitcoinfirmato da Leah McGrath Goodman, nel quale si sosteneva che la vera identità dell’inventore del Bitcoin fosse stata finalmente smascherata. 

L’autrice dell’articolo iniziò ad indagare sull’argomento partendo da un semplice assunto: Satoshi Nakamoto non era uno pseudonimo, ma il nome di una persona realmente esistente. Dopo una serie di verifiche la giornalista individuò un certo Dorian Satoshi Nakamoto, un ingegnere di origine giapponese emigrato da bambino con la famiglia in California e che aveva lavorato per anni come ingegnere informatico. 

Molti indizi sembravano condurre verso questa identità, ma proprio quando pareva che il rebus potesse essere risolto, lo stesso Dorian Nakamoto negò fermamente di essere il creatore di Bitcoin e pure di essere stato coinvolto in uno qualsiasi dei progetti legati alle criptovalute. 

La trama si infittì ulteriormente il 7 marzo 2014, quando Satoshi Nakamoto scrisse un nuovo messaggio: “Non sono Dorian Nakamoto”. 

Bitcoin è il denaro della C.I.A.? 

Una fra le teorie del complotto più diffuse, tende ad inquadrare il Bitcoin come il frutto di un lavoro svolto dalle agenzie di intelligence americane; effettivamente Bitcoin utilizza molte tecnologie alle quali C.I.A., F.B.I. e N.S.A. hanno sicuramente lavorato, come la crittografia, la rete internet ed il denaro elettronico. 

Bitcoin sarebbe una sorta di dollaro 2.0 utile alla C.I.A. per finanziare le proprie attività e vantaggioso per il Governo degli Stati Uniti che potrebbe disporre di una vera e propria valuta mondiale svincolata dal controllo delle banche centrali.

In più e grazie alla blockchain, la C.I.A. sarebbe in grado di controllare in tempo reale tutte le transazioni finanziarie eseguite nel mondo. Queste tesi sono sicuramente affascinanti, ma urtano con lo spirito rivoluzionario che sta alla base del Bitcoin e con i suoi principi di libertà e decentralizzazione. 

Craig Steven Wright: “Satoshi Nakamoto sono io!”

Craig Steven Wright è un imprenditore australiano, attivo nel campo della ricerca tecnologica, che nel 2015 è stato il primo ad aver sostenuto pubblicamente di essere il vero Satoshi Nakamoto. 

Addirittura, nel 2019 ha registrato presso un ufficio brevetti statunitense il white paper del Bitcoin, sostenendo di esserne l’autore. 

Tuttavia, questo non risolve affatto il mistero, poiché Wright non è mai riuscito a dimostrare di essere il vero creatore di Bitcoin e nonostante i suoi vari proclami non ha mai fornito prove concrete e dirimenti. 

L’importanza del mistero 

Ad oggi la figura di Satoshi Nakamoto rimane ancora avvolta nel mistero. 

Tuttavia, non dobbiamo sottovalutarne l’importanza: la scelta di utilizzare un’identità fittizia è stata un’intuizione geniale e lungimirante in grado di proteggere l’inventore del Bitcoin da ogni tipo di pressione, manipolazione o ricatto; solo così il sistema si è potuto sviluppare al meglio, senza che vi fossero interferenze. 

La vera storia sull’identità del creatore di Bitcoin resta un giallo che muove ancora interesse e curiosità ma il perdurare del mistero contribuisce a proteggere una grande innovazione del nostro secolo. Quello che non sappiamo può renderci incontentabili eppure, come affermava Omero: “Il fascino dell’ignoto domina tutto”. 

Emanuele Parravicini

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