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Gli obblighi fiscali nel mercato degli NFT

Se il mercato degli NFT (Non Fungible Token) sia destinato ad espandersi e a consolidarsi, o se invece si tratti solo di una bolla speculativa di breve termine, che prima o poi finirà per scoppiare, ce lo diranno i posteri.

Oggi, però, si devono fare i conti con un mercato che nel secondo trimestre 2021 ha raggiunto la ragguardevole soglia di 25 miliardi di dollari di scambi.

Mercato degli NFT e obblighi fiscali in assenza di normativa

Tanto dovrebbe bastare per attirare tutta l’attenzione di giuristi e fiscalisti. E di fronte a numeri del genere, è naturale che, tra gli altri, si sollevi anche il problema degli obblighi fiscali. 

Le prassi commerciali, l’inventiva di tecnici e imprenditori e, in definitiva, la realtà, si muovono molto più velocemente di qualsiasi legislatore, da sempre impegnato in una perenne rincorsa.

Per questo, in Italia non esiste una norma giuridica né fiscale che stabilisca cosa siano e come debbano essere qualificati gli NFT agli occhi del diritto. Di conseguenza, non è facile stabilire le ricadute fiscali di operazioni che interessino questi tipi di asset.

Da un punto di vista pratico sappiamo che gli NFT sono il frutto di un’applicazione tecnologica di tipo crittografico, basata su blockchain, che attraverso la possibilità di rendere identificabile, unico ed inimitabile un determinato file digitale (di immagine, audio, video, etc.) agevola la sua circolazione, perché attribuisce certezza di origine e di autenticità a quel determinato file.

Queste caratteristiche, in concreto, fanno degli NFT una tecnologia elettiva per il mercato delle opere d’arte realizzate in forma digitale: abbiamo garanzia di autenticità dell’opera e facilità di trasferimento dal compratore all’acquirente. Inoltre, con la possibilità di utilizzare smart contract, possiamo anche ottenere certezza nell’esecuzione dei pagamenti, e così via.

Nel resto del mondo tutto questo viene visto come una perfetta occasione di business, per generare e movimentare ricchezza; creare nuove competenze, nuove figure professionali e nuove opportunità lavorative. Ma anche come un’opportunità per dare spazio e visibilità a forme di espressione artistica innovative, ad artisti emergenti e ad outsider.

In Italia invece, prima di ogni altra cosa, si devono fare i conti con le complicazioni del sistema normativo e fiscale: una zavorra che rischia di mortificare un mercato potenziale vastissimo proprio in un paese che l’arte ce l’ha nel dna, e di spostare altrove il flusso di risorse che esso è in grado di generare.

mercato NFT
Le imposizioni fiscali rischiano di frenare lo sviluppo degli NFT

Tasse ed NFT in Italia

Un primo nodo riguarda la disciplina fiscale italiana sugli introiti che si possono ottenere investendo in opere d’arte. Il trattamento fiscale di questo tipo di proventi cambia molto a seconda del fatto che chi li percepisce si possa definire:

  •  un mercante d’arte (e cioè, che si tratti di un commerciante di opere d’arte di professione),
  • uno speculatore occasionale (cioè una persona compra e vende opere non per professione né per il piacere di possedere un’opera d’arte, ma perché è mosso essenzialmente dall’intento di realizzare un lucro occasionale),
  • un semplice collezionista (cioè, sia una persona che compra opere d’arte per il puro piacere di possederle e, se mai le rivende, lo fa essenzialmente per finanziare l’acquisto di qualche altra opere).

Sulla base di categorie così vaghe, è chiaro che il confine tra queste figure è estremamente aleatorio. Per questo, il fisco è costretto a ricorrere a una serie di elementi indiziari per stabilire di volta in volta se un contribuente si possa qualificare come un mercante, uno speculatore o un collezionista. Le valutazioni, tuttavia, restano opinabili e le casistiche, di conseguenza, si prestano ad infinite contestazioni.

Ovviamente, questo particolare problema si pone indipendentemente dal fatto che si parli di opere digitali o di opere d’arte convenzionali. A questo, però, se ne sommano altri più strettamente collegati alla natura tecnologica inedita degli NFT.

La natura degli NFT e i problemi fiscali che ne derivano

Sappiamo che l’emissione di un NFT può avere luogo contestualmente alla realizzazione dell’opera, oppure successivamente; può incorporare esso stesso l’opera d’arte, oppure può esserne distinto. A seconda dei casi, un NFT può essere trasferito indissolubilmente insieme con l’opera, oppure separatamente.

Tutto questo complica moltissimo le cose sul fronte della corretta applicazione degli obblighi sul monitoraggio fiscale delle attività finanziarie e dei capitali detenuti all’estero.

Il fisco italiano, infatti, tratta le opere d’arte custodite all’estero come attività finanziarie soggette agli obblighi di monitoraggio, quindi, da dichiarare nel quadro RW della dichiarazione dei redditi.

Sennonché, in generale, appare velleitaria l’affermazione che si possa individuare la collocazione territoriale di un token all’interno di una blockchain. Per di più, ammesso che si riesca a farlo, il discorso si complica ulteriormente e cambia significativamente a seconda del fatto che l’opera d’arte sia o non sia integrata nel token.

La mancanza di indicazioni chiare nella normativa, e l’incapacità del fisco nostrano di inquadrare correttamente i cosiddetti crypto-asset, dunque, in definitiva determinano il rischio di un allontanamento di investitori e risorse, verso aree geografiche in cui le regole sono più chiare e il fisco meno aggressivo.

Il freno del fisco al mercato dei non-fungible token

Ovviamente, è un vero peccato che, tanto l’incapacità del legislatore e degli apparati fiscali di fornire certezze a contribuenti ed investitori, quanto l’atteggiamento rapace del fisco italiano, frenino lo sviluppo in Italia di un mercato degli NFT.

Con ciò, infatti, si frena l’opportunità di generare ricchezza proprio in un ambito, come quello dell’arte, in cui il paese vanta un ineguagliabile primato storico e culturale. 

 

Luciano Quarta - The Crypto Lawyer
Luciano Quarta - The Crypto Lawyer
Luciano Quarta, avvocato tributarista in Milano, managing partner e fondatore dello studio legale tributario QRM&P, ha all’attivo molte pubblicazioni sugli aspetti legali e tributari di legal tech, intelligenza artificiale e criptovalute. Relatore in numerosi convegni sulla materia, tiene la rubrica “Tax & the city” per il quotidiano La Verità e scrive regolarmente per la rubrica Economia e tasse della testata Panorama. È membro della Commissione Giustizia Tributaria presso l’Ordine degli Avvocati di Milano ed è il referente della sede milanese dell’associazione interdisciplinare per lo studio e le applicazioni dell’intelligenza artificiale GP4AI (Global Professionals for Artificial Intelligence).
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