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Bitcoin, normativa fiscale e normativa antiriciclaggio

In merito a tutto quello che può rappresentare la normativa fiscale e la normativa antiriciclaggio su Bitcoin e criptovalute, la legge italiana è abbastanza titubante.

Bitcoin e criptovalute senza una normativa di riferimento

Questo non vuol dire unicamente la non conoscenza del movimento delle valute digitali all’interno del contesto economico. C’è più che altro una problematica relativa alle normative vigenti che non vedono possibilità attuale di applicazione totale su tutti i fronti. Le valute virtuali rappresentano una modalità completamente nuova e soprattutto diversa da quella che conosciamo.

Sono anche un fenomeno in crescita che desta molta attenzione ma che espone anche a diversi rischi. La legge fa cenno spesso alla tematica della frode e dei sistemi di riciclaggio legalizzato attraverso le vie del web. Purtroppo, le recenti notizie che hanno visto diversi paesi nel mondo coinvolti in crimini legati ai sistemi del nuovo mercato economico spostano l’attenzione su come regolamentare le criptovalute.

Partire dalla definizione

Per capire come andrebbe applicata la normativa bisogna prima partire dalla definizione di valute virtuali. Il Bitcoin, ad esempio, così come qualunque altra criptovaluta utilizzata come metodo di pagamento, ha una natura prettamente digitale. L’utente la conserva in un portafoglio elettronico chiamato wallet.

Ogni portafoglio ha una sua password. È importante fare sempre una distinzione tra valuta digitale e valuta elettronica. La prima non è emessa da alcun sistema centralizzato (per questo motivo si parla di finanza decentralizzata).

Il modo in cui vengono create avviene attraverso un processo chiamato mining (data mining).

Bitcoin normativa fiscale
L’Italia considera le criptovalute come moneta estera

Le criptovalute come le valute estere

La modalità di approccio in termini di natura fiscale che viene applicata alle criptovalute, in Italia, trova riscontro nella normativa relativa alle valute estere.

Possedere però delle criptovalute non pone il cittadino in nessuna condizione fiscale.

Ai sensi però dell’art. 67 co. 1-ter TUIR laddove una persona fisica detenga nei propri wallet per almeno 7 giorni lavorativi valuta virtuale per un controvalore medio superiore ad €51.645,69, si applicherà l’imposta sostitutiva del 26% sull’eventuale plusvalenza derivante dalle relative conversioni.

Per quel che concerne l’effettivo scambio di criptovalute, questi sono fattibili da qualunque soggetto che mantiene l’anonimato durante tutta l’operazione. Lo scambio effettivo avviene attraverso due wallet rappresentati da una linea identificativa alfanumerica.

Qualunque transazione avverrà tra questi o altri portafogli elettronici, non sarà mai possibile risalire ad una identificazione dettagliata del soggetto. Questo è alla base anche per scambi di carattere illecito e che potrebbero far presupporre ad un riciclaggio per grandi nodi di ingenti quantità di valute digitali.

Le norme antiriciclaggio e le normative vigenti prevedono comunque e sempre per gli exchange un’iscrizione ad un registro dedicato e la comunicazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) dell’inizio del proprio operato attivo su territorio italiano e naturalmente l’adesione al sistema pubblico che combatte le frodi.

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