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Nuova azione repressiva della Cina contro le criptovalute

La Cina continua la sua battaglia contro tutto quello che riguarda il rapporto con le criptovalute.

La Cina espelle un funzionario: trattava criptovalute

Dopo le pesanti restrizioni che hanno portato molti miner a guardare ad altri paesi dove posizionare le loro attività estrattive, adesso è il momento del singolo da colpire.

Non è infatti un caso che si tratti di un alto funzionario quello espulso per pesanti accuse che vedrebbero coinvolte anche le criptovalute.

Il PCC, Partito Comunista Cinese, ha indagato, accusato ed espulso un esponente politico di alto grado della provincia di Jiangxi. Sempre stando solo alle comunicazioni unilaterali del partito e della Commissione Centrale per l’Ispezione Disciplinare (CDDI), il soggetto, tale Xiao Yi, sarebbe stato direttamente coinvolto nell’acquisto di fondi riconducibili all’ambiente delle criptovalute.

Inoltre, avrebbe favorito l’accesso a dinamiche conformi alla presenza di fondi legati agli asset decentralizzati. L’azione punitiva a carattere fortemente discriminatoria anche perché comunicata da organi interni del Partito, secondo la linea dittatoriale e repressiva cinese, dovrebbe valere da esempio per tutti gli altri.

Le accuse al funzionario espulso

Espellere un alto funzionario, con un’accusa di riciclaggio e di induzione all’attività illecita legata alle criptovalute, è una nota molto dura che vuole essere un atto dimostrativo pratico.

Xiao Yi è il Vicepresidente della Conferenza Consultiva Politica del popolo cinese, e per il PCC è reo di aver interferito con l’azione lineare del suo ruolo. Abusando dei suoi poteri avrebbe quindi favorito un tipo di economia contrastata dal governo perché fuori dalle dinamiche istituzionali.

Cina criptovalute
La Cina continua ad opporsi a qualsiasi attività con le criptovalute

Non risultando idonei ai principi politici interni “obbligatori”, tutti i funzionari o gli addetti ai lavori, in questo modo sono stati largamente avvertiti.

La necessità di mantenere alta e viva l’autorità del partito è per il governo cinese la prima regola di ordine e continuità per fare in modo che le leggi “imposte” vengano rispettate.

Xiao è accusato di aver dato credito e supporto a molte di quelle Società o realtà imprenditoriali che si erano messe in moto anche grazie al mining. L’incapacità di poter gestire e controllare attività derivanti dall’uso del mercato decentralizzato è per la Cina un grande problema.

La scusa dell’ecosostenibilità applicata alle mining farm presenti fino a qualche mese fa non ha comunque messo in chiaro la situazione.

Il Vicepresidente espulso si porta dietro le pesanti accuse anche di riciclaggio e favoreggiamento tramite tangenti. Anche se il CCDI ha stilato e fatto pubblico un rapporto di analisi post condanna del funzionario, ciò non toglie che la verità non potrà mai essere dimostrata da entrambe le parti.

Se Xiao Yi per il governo ha “gravemente violato le leggi che disciplinano la politica interna del partito”, sarà difficile dimostrare il contrario.

La legge prevede inoltre che per crimini di questo tipo seguano il sequestro dei beni personali dell’accusato e di tutti gli immobili a suo nome. Altro esempio questo quasi popolare per messaggio e azione immediata.

La regolamentazione delle criptovalute

Non è soltanto la Cina ad aver comunque timore della continua ascesa del mondo delle criptovalute. Sono molti i Paesi che stanno cercando di regolarizzare almeno una parte di questo flusso che diventa ogni giorno più importante e presente nell’economia dei popoli.

Se la Cina non vuole permettere che questo processo di nuova concezione finanziaria si evolva, saranno, come già accade, altri Stati a dare ospitalità anche legale a questo processo ormai inarrestabile.

 

 

 

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