HomeBlockchainRegolamentazioneIl 2022 l’anno della regolamentazione crypto? È tutto da vedere

Il 2022 l’anno della regolamentazione crypto? È tutto da vedere

Su molte testate si è preconizzato che il 2022 sarà l’anno della regolamentazione delle criptovalute e dei crypto asset in generale. Testate classiche come Sole24ore, Il Fatto Quotidiano, ma anche blog e testate online tra le più seguite nel settore delle criptovalute, hanno ripreso e rilanciato questa previsione.

Le reazioni al tonfo del mercato crypto

Il tema viene affrontato proprio quando si assiste ad un tonfo dell’intero mercato delle criptovalute.

Un evento, quest’ultimo, che, naturalmente, ha offerto argomenti ai molti detrattori del mondo crypto, a quanti dipingono indiscriminatamente i business basati su criptovalute come delle truffe e a quanti invocano regolamentazioni stringenti, per non dire soffocanti, per l’intero settore.

Proviamo a fare un punto della situazione.

Regole tutte da scrivere

Come si è scritto più volte, in Italia non esiste un quadro legislativo dedicato alla criptoeconomia che sia sufficientemente chiaro, specialmente sul piano degli aspetti che riguardano la fiscalità.

Nella normativa italiana si rinviene un insieme di definizioni giuridiche utili, come quella di tecnologia a registro distribuito, di smart contract, o di valuta virtuale.

Nei fatti, tuttavia, non una singola disposizione specifica è stata adottata in materia fiscale. L’applicazione degli obblighi tributari a carico di chi faccia operazioni in criptovalute è ancora oggi affidata ad una serie di atti interpretativi, la cui correttezza la comunità di giuristi ha coralmente contestato. E questo vale sia per l’assoggettamento di eventuali proventi e plusvalenze alle imposte sui redditi, che per l’applicazione della normativa che impone gli obblighi di monitoraggio sulle attività estere.

L’unico ambito in cui il legislatore italiano ha mostrato un notevole attivismo è quello della materia antiriciclaggio, in cui, anche in anticipo sulla normativa europea ha posto a carico di piattaforme ed operatori professionali, obblighi analoghi a quelli vigenti per gli operatori finanziari in senso stretto.

Ora, verso la fine del 2021, sono state presentate una proposta di legge (ad iniziativa del deputato Zanichelli, del gruppo M5S) e alcune proposte di emendamenti alla legge di bilancio. 

La proposta di legge è rimasta appesa lì, e allo stato non sono calendarizzate attività parlamentari di alcun genere. Invece, le proposte di emendamenti alla legge finanziaria, durante l’iter di approvazione, sono state ritirate.

L’unico evento legislativo effettivamente incombente è quello dell’approvazione, a livello europeo del cosiddetto MiCA, ossia il regolamento europeo sulle crypto attività.

Si tratta di un corpo normativo complesso, che però allo stato è ancora a livello di proposta, e che secondo alcuni nascerebbe già obsoleto.

Un primo punto, quindi, è che se il 2022 sarà l’anno della regolamentazione delle criptovalute, ad oggi non si vede alcun segno tangibile che avvalori questa previsione.

Il caso Russia

D’altro canto, l’Italia non è il solo paese in cui si naviga nell’incertezza del futuro legislativo: si veda quello che sembra poter accadere in Russia.

Qui, solo nel 2020 veniva approvata una legge federale che andava nella direzione di legittimare (a certe condizioni) la circolazione di criptovalute anche nei circuiti bancari e disciplinava i meccanismi autorizzativi per lo svolgimento di attività in criptovalute. 

Oggi, a distanza di meno di due anni, la presa di posizione della Banca Centrale Russa va in direzione diametralmente opposta. Il che non implica necessariamente che le indicazioni dell’istituto possano essere recepite in un atto legislativo, ma di sicuro è bastato a dare un significativo impulso alla creazione del FUD e del panico che su scala globale ha impattato sulle quotazioni delle criptovalute.

Lehman Brothers
Fonte: Hard Seat Sleeper from Flickr

Frodi nelle criptovalute vs frodi nella finanza tradizionale

Una seconda riflessione, poi, riguarda la pressione che viene ciclicamente esercitata sul mondo delle crypto attività in Italia, dove sono continui i moniti delle autorità di regolazione e vigilanza che ricordano il rischio di frodi, l’eccessiva volatilità ed instabilità del mercato e l’assenza delle protezioni tipiche del mercato regolamentato.

A chi agita questo tipo di spettri, cercando di spingere i risparmiatori a rifugiarsi nelle sicurezze della finanza convenzionale, a costo di rendimenti risibili, occorre forse ricordare l’evento doloroso della crisi dei subprime che nel 2007, ossia quel cataclisma che ha travolto il mondo della finanza, l’economia mondiale e ha mandato sotto i ponti milioni di persone.

Fa male ricordarlo, ma questo cataclisma si è scatenato all’interno di quello che si pensava essere il porto sicuro della finanza istituzionale. Cioè, in un ambito vigilato e regolamentato, popolato da player bancari e finanziari (debitamente autorizzati) e sovraffollato di regolatori, società di audit e di società di rating.

Entità che con ruoli diversi hanno sistematicamente avallato l’operato proprio di quelle banche e finanziarie, regolarmente autorizzate e vigilate, che in concreto hanno alimentato la più grande bolla speculativa di sempre. 

Per chi volesse rinfrescarsi la memoria ma è troppo pigro per documentarsi è consigliabile guardare il documentario – inchiesta “Inside Job” di Charles Ferguson, del 2010 (oggi disponibile su Netflix).

Il documentario ripercorre con grande chiarezza i passaggi di quella catastrofe, fino alla bancarotta di Lehman Brothers e anche oltre, e ci ricorda che la maggior parte dei protagonisti ne sono usciti indenni, quando non persino rafforzati, mentre milioni di persone hanno visto sfumare i risparmi di una vita. 

Ora, quando si enfatizzano i pericoli di investimenti in criptovalute, perché totalmente deregolamentati, forse ci si dovrebbe chiedere perché mai i risparmiatori dovrebbero continuare a fidarsi di quel sistema convenzionale che, alla prova dei fatti, ha fallito causando danni enormi di cui nessuno ha risposto. In quello stesso sistema tutti coloro che erano chiamati a vigilare (dalle agenzie governative, alle società di revisione, alle società di rating) hanno semplicemente declinato ogni responsabilità e, nella sostanza, l’hanno passata liscia.

E non si può certo affermare che la lezione sia stata imparata a fondo: da allora ad oggi non è che il quadro complessivo di regolamentazione dei cosiddetti CDO (collateralized debt obligation) negli Stati Uniti abbia subito una significativa implementazione. 

E quindi, perché mai un piccolo investitore dovrebbe fidarsi di quell’apparato elefantiaco che ha dato prova di non saperne proteggere gli investimenti, che gli riconosce ritorni infimi, più di quanto non si dovrebbe fidare di una piattaforma di exchange capitalizzata per decine di miliardi, che offre una prospettiva di moltiplicare enormemente gli investimenti iniziali?

Il 2022 sarà l’anno della regolamentazione crypto? 

Non c’è dubbio che due errori non facciano una cosa giusta: se tutti gli elaborati (e costosissimi) meccanismi di vigilanza e controllo hanno fatto cilecca nel mondo bancario e finanziario, questo non vuol dire che sia giusto accettare a prescindere l’idea che il mondo delle criptovalute (che di fatto si rivolge ad un vasto pubblico di investitori non professionali o peggio, improvvisati) resti indefinitamente una specie di far west popolato di gente pronta a scappare con la cassa.

Occorre allora, innanzitutto, esercitare un minimo di onestà mentale e riconoscere che le criptovalute e le tecnologie correlate, sebbene siano originariamente nate per scopi non speculativi, ma come strumenti di libertà finanziaria e di tutela della sfera di libertà fondamentali dell’individuo, oggi vengono concretamente e diffusamente utilizzate come strumenti speculativi e che il target prevalente di queste operazioni speculative restano piccoli risparmiatori e investitori non professionali.

L’idea può anche non piacere, soprattutto a coloro che, come chi scrive, sono affezionati ad una certa visione libertaria del mondo crypto, ma questo è un dato di fatto che va oltre i cavilli giuridici, interpretativi e concettuali. Un dato con il quale non si può non fare i conti.

Nessuno dice che sia facile, e forse è anche utopistico pensarlo (considerata la posta in gioco) ma forse è arrivato il momento di fare uno sforzo per trovare un momento di sintesi. 

Da un lato occorre accettare l’idea che il far west non può durare per sempre. Dall’altro lato occorre accettare l’idea che l’unica possibile strada per far rientrare milioni di piccoli investitori in un’area di emersione fiscale e antiriciclaggio è quella di abbandonare la strada della repressione e concepire corpi normativi che tengano effettivamente conto delle peculiarità tecnologiche di questo settore.

In altre parole, forse è arrivato il momento che, chi si colloca agli estremi opposti di questo mondo faccia un passo avanti e si impegni seriamente a comprendere come va scritto quell’insieme di regole che consenta di offrire la giusta tutela di investitori e risparmiatori, senza che chi maneggia criptovalute sia trattato alla stregua di un narcotrafficante. Un insieme di norme che d’altro canto tenga conto del fatto che un investimento in criptovalute o in crypto asset, oggettivamente non è la stessa cosa che scambiare valute estere o negoziare in titoli di stato. 

È l’antica arte del compromesso. Un compromesso difficile: le parti in causa sono molte, si portano appresso il fardello di interessi ponderosi, e il tutto si deve proiettare su scala globale. Difficile, sì, eppure, vale la pena di provarci. 

Ma sul fatto che l’anno del 2022 possa essere l’anno della svolta nella regolamentazione, francamente non ci scommetterei un Satoshi.

 

Luciano Quarta - The Crypto Lawyer
Luciano Quarta - The Crypto Lawyer
Luciano Quarta, avvocato tributarista in Milano, managing partner e fondatore dello studio legale tributario QRM&P, ha all’attivo molte pubblicazioni sugli aspetti legali e tributari di legal tech, intelligenza artificiale e criptovalute. Relatore in numerosi convegni sulla materia, tiene la rubrica “Tax & the city” per il quotidiano La Verità e scrive regolarmente per la rubrica Economia e tasse della testata Panorama. È membro della Commissione Giustizia Tributaria presso l’Ordine degli Avvocati di Milano ed è il referente della sede milanese dell’associazione interdisciplinare per lo studio e le applicazioni dell’intelligenza artificiale GP4AI (Global Professionals for Artificial Intelligence).
RELATED ARTICLES

MOST POPULARS

GoldBrick