Il Fondo Monetario Internazionale in un nuovo studio torna all’attacco del Bitcoin, accusata di essere la moneta preferita per scopi soprattutto criminali.
FMI di nuovo contro Bitcoin

In un nuovo rapporto di 19 pagine pubblicato a fine marzo il Fondo Monetario Internazionale torna ad attaccare la più importante criptovaluta, accusata di fare il gioco soprattutto dei criminali, che la userebbero per riciclare i proventi dei loro traffici illeciti.
Nel rapporto del FMI si legge:
“Lo pseudonimo delle criptovalute (per cui le transazioni richiedono solo identità digitali) le rende potenziale veicolo di flussi illeciti, compresi i flussi di proventi di corruzione.L’innovazione delle criptovalute ha il potenziale per migliorare l’efficienza e l’inclusività del sistema finanziario e l’economia più in generale, ma i cripto-asset sollevano problemi rispetto alla tutela dei consumatori e degli investitori, integrità del mercato, evasione fiscale, riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo.”
Lo studio poi considera anche come le criptovalute siano maggiormente diffuse proprio in quei paesi in cui il livello di corruzione sarebbe maggiore.
Un assunto che oltre che discutibile nelle premesse appare abbastanza scontata, considerando che in quei paesi, come per esempio Venezuela, Nigeria, Kenya o Argentina, la circolazione della moneta è più complicata e i tassi di inflazione sono solitamente molto alti, condizioni che favoriscono naturalmente l’adozione delle criptovalute.
Per questi motivi soprattutto l’IMF continua a richiedere con una certa urgenza una precisa e chiara regolamentazione alle autorità preposte per il settore delle criptovalute. Un mese fa il presidente americano Biden ha diramato un ordine esecutivo affinché si ponesse finalmente mano al settore in maniera definitiva. Cosa questa che viene attesa con ansia proprio dagli stessi operatori del settore, che chiedono essi stessi che si arrivi ad una regolamentazione che liberi finalmente il mondo delle criptovalute da questa sorta di limbo regolatorio.
Ma questa non è certo la prima volta che il più importante organismo monetario internazionale si occupa delle criptovalute, spesso per avvertire dei rischi ad esso legati.
I precedenti report contro El Salvador
A gennaio di quest’anno l’organismo internazionale aveva chiesto espressamente al governo di El Salvador di tornare indietro sulla sua decisione assunta a settembre del 2021 di dichiarare Bitcoin come valuta legale nel paese. Secondo il FMI questo poteva rappresentare un rischio per la stabilità finanziaria del paese e per il suo già alto debito estero.
A Dicembre del 2021 invece Evan Papageorgiou, vice capo divisione dell’FMI, aveva dichiarato alla CNBC in ottobre che:
“L’ecosistema crittografico è cresciuto in modo significativo… Il processo mostra una notevole resilienza, ma ci sono stati anche alcuni stress test interessanti e molti operatori del settore mancano di solide pratiche operative, di governance e di rischio.”
Della necessità di una precisa regolamentazione, ribadita con forza in questo ultimo rapporto di marzo, il FMI aveva già parlato ad ottobre, quando il mercato aveva superato i 2mila miliardi di valore, affermando che molte delle nuove criptovalute mancavano di una solida governance e di pratiche di rischio.
I tre esponenti del fondo Dimitris Drakopoulos, Fabio Natalucci ed Evan Papageorgiou nel rapporto dedicato avevano affermato che:
“Ci sono anche diversi casi di alto profilo di furti di fondi dei clienti legati all’hacking. Finora, questi incidenti non hanno avuto un impatto significativo sulla stabilità finanziaria. Tuttavia, man mano che le risorse crittografiche diventano più mainstream, la loro importanza in termini di potenziali implicazioni per l’economia in generale è destinata ad aumentare.”