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L’UN intima la Fed e le altre Banche Centrali di arrestare il QT

Le Nazioni Unite mettono sotto accusa il Quantitative Tightening (strumento di politica monetaria restrittiva applicato dalle Banche Centrali per ridurre la quantità di liquidità), a detta dell’organismo internazionale e dei dati del Fondo Monetario Internazionale, le politiche monetarie aggressive di rialzo dei tassi della Fed e delle altre Banche Centrali nel mondo volte alla lotta all’inflazione danneggiano troppo le economie dei Paesi in via di sviluppo e di quelli più poveri al punto da porvi fine se non si vuole rischiare una pesante recessione globale.

Il rialzo dei tassi della Fed non piace alle Nazioni Unite

La Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo ha sottolineato come le politiche di Powell e omologhi rischiano di causare danni ingenti ai paesi in via di sviluppo se continueranno ad essere perseguite.

La stima è che un aumento di 100 punti base del tasso di interesse di riferimento da parte della Banca Centrale Americana si traduca in una contrazione economica dello 0,5% negli altri paesi ricchi del mondo e addirittura dello 0,8% in quelli poveri nel triennio successivo alle misure adottate.

L’out out dell’UN è sostenuto anche dalla Banca Centrale Indiana (che rappresenta poco più di un quinto della popolazione mondiale) secondo cui dopo la Pandemia di Covid 19 e il caro energia come conseguenza della guerra in Ucraina, un rialzo troppo aggressivo e diffuso dei tassi rappresenta la terza piaga che affligge il mondo nella storia recente.

Il segretario generale dell’UNCTAD Rebeca Grynspan ha affermato che:

“C’è ancora tempo per fare un passo indietro dall’orlo della recessione. Abbiamo gli strumenti per calmare l’inflazione e sostenere tutti i gruppi vulnerabili. Ma l’attuale linea d’azione sta danneggiando i più vulnerabili, specialmente nei paesi in via di sviluppo, e rischia di far precipitare il mondo in una recessione globale”.

L’altolà delle Nazioni Unite non è stato molto gradito dalla Federal Reserve che, a seguito di una riunione fiume, ha risposto di essere consapevole delle dinamiche che le proprie politiche monetarie possono creare nel mondo ma che, in sostanza, stanno esercitando il proprio interesse nazionale.

“Siamo molto consapevoli di cosa sta succedendo nelle altre economie del mondo, e cosa significa per noi, e viceversa. Le previsioni che mettiamo insieme, che il nostro staff mette insieme e che mettiamo insieme da soli, prendono sempre tutto questo, prova a tenerne conto”.

La politica monetaria non è in linea con il malcontento generale

Per la prima volta c’è come la sensazione di essere ad uno storico bivio, il potere temporale e quello finanziario per la prima volta da quando quest’ultimo ha preso il sopravvento come organismo sovranazionale che è perimetro delle decisioni importanti sull’umanità, si scontrano in un braccio di ferro che vede inaspettatamente le Nazioni Unite (di qui anche l’America e molti stati europei fanno parte) ergersi a difesa delle famiglie e dei popoli in generale contro le politiche monetarie comprensibili, ma sanguinarie per l’economia e per le vite delle persone più povere.

La prima sensazione è quella di un tentativo delle Nazioni Unite di rimettere al proprio posto la finanza ricordandogli il suo ruolo di strumento e non politico. Il rapporto redatto dall’UN non vuole essere punitivo, ma costruttivo, i popoli hanno davvero diffuso bisogno di vivere in maniera decente per una questione di sopravvivenza e cosa non meno importante di dignità, il pericolo è che riducendo i popoli alla mera sopravvivenza si possano ribellare massicciamente in più parti del globo portando al caos oppure quello più concreto di una recessione grave in arrivo evidenziata dai numeri che non lasciano adito ad interpretazioni edulcorate.

Richard Kozul-Wright, capo del rapporto redatto dall’UNCTAD sul pericolo indotto dalle politiche monetarie aggressive delle Banche Centrali di America ed Europa su tutte, si domanda come sia possibile risolvere un inflazione generata dell’offerta intervenendo sulla domanda con queste parole:

“Cerchi di risolvere un problema dal lato dell’offerta con una soluzione dal lato della domanda? Pensiamo che sia un approccio molto pericoloso”.

Secondo l’UN le previsioni sulla crescita globale vanno riviste ed ha corretto la previsione che ora passa dal 2,6% al 2,5% per quanto riguarda il 2022 mentre il 2023 vedrà una contrazione perfino maggiore stimata al 2,2%.

In questo quadro già poco rassicurante si inseriscono le preoccupazioni del Fondo Monetario Internazionale, della BCE e della Federal Reserve americana relative ad un pool di quattro banche ad alto rischio default ovvero Credit Suisse, Deutsche Bank, Intesa Sanpaolo e Barclays che vedono il proprio CDS raggiungere numeri estremamente preoccupanti.

La banca d’affari elvetica soprattutto ha registrato un valore di 255 CDS rispetto ai 55 performanti ad inizio anno, il dato è ai massimi dal 2009 e sta a significare che le assicurazioni per tutelare il rischio default della banca chiedono molto di più poiché il rischio di fallimento è quintuplicato in soli tre trimestri.

Gli insider della banca svizzera secondo il Financial Times, raccontano che i dirigenti della Credit Suisse abbiano passato il weekend a rassicurare i clienti più grandi dal rischio default mentre gli analisti chiedono a gran voce un aumento di capitale e la ristrutturazione della banca.

Una mano tesa nei confronti della compagna di disavventure della Banca Svizzera (la Deutsche Bank) arriva dall’autore di Seeking Alpha che dichiara:

“[Credit Suisse] è scambiato a 0,23 volte il valore contabile tangibile [e] Deutsche Bank è scambiato a 0,3 volte il valore contabile tangibile. Gli investitori dovrebbero evitare [Credit Suisse] e acquistare [Deutsche Bank]”. 

La situazione in buona sostanza fa acqua da tutte le parti e le Nazioni Unite con il rapporto redatto dal team di Richard Kozul-Wright vuole essere solo un evidenza costruttiva dei fatti secondo cui se si continuerà con il quantitative tightening e non lo si arresterà si andrà dritti dritti verso una grave recessione globale che affamerà il 75% del pianeta con conseguenze incontrollabili.

La cosa più preoccupante o rassicurante a seconda del punto di vista è che la Federal Reserve abbia deciso di tirare dritto e abbia risposto che continuerà nell’interesse degli Stati Uniti d’America con politiche monetarie di rialzo dei tassi almeno per tutto l’anno in barba al monito dell’UN.

George Michael Belardinelli
George Michael Belardinelli
Ex Corporate manager presso Carifac Spa e successivamente Veneto Banca Scpa, blogger e Rhumière, negli anni si appassiona alla filosofia e alle opportunità che l'innovazione e i mezzi di comunicazione ci mettono a disposizione, in fissa con il metaverso e la realtà aumentata
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