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La Fed virerà su un tasso d’interesse meno hawkish di quanto fatto nel 2022

Secondo quanto riscontra FedWatch Tool di CME Group, la Fed a fine gennaio, quando si terrà il prossimo FOMC del board, potrebbe optare per un aumento del tasso d’interesse meno forte di quanto fatto nel 2022.

Per il Tool di CME Group nonostante il 2022 sia stato caratterizzato da aumenti cospicui dei tassi di interesse in una misura mai avvenuta prima per intensità e punti base assoluti in un solo anno, il 2023 sarà più accondiscendente sotto questo punto di vista. 

“La Fed ha più del 65% di probabilità di raffreddare gli aumenti dei tassi alla prossima riunione, afferma CME FedWatch Tool”

Con questo Tweet, Forbes sottolinea quanto sostenuto sopra e spiana la strada alla speranza, anche perché, se alcuni valori come il tasso di occupazione e i prezzi almeno in America hanno finora tenuto botta non è detto che questo accadrà per sempre. 

Quest’anno è stato un anno pieno di soddisfazioni per l’economia americana se la si paragona a come vanno le cose negli altri Paesi del mondo. 

Gli Stati Uniti d’America, hanno progressivamente aumentato i posti di lavoro di migliaia in migliaia ogni mese incrementando i livelli occupazionali del paese confederato di più di 250.000 posti di lavoro solo nel trimestre che va da settembre a novembre. 

La recessione è ormai alle porte e in Europa, più in alcuni paesi che in altri a dire il vero, ha già fatto sentire un assaggio di quello che porterà in dono, crisi dei prezzi, crisi del lavoro e per quelle che ne avevano, risparmio delle famiglie depauperato.

Fed: i piani sul tasso d’interesse per il 2023

Secondo il FedWatch Tool del CME, il Presidente della Fed Jerome Powell sentiti i suoi funzionari aumenterà di soli 25 punti base i tassi di interesse al prossimo FOMC di fine gennaio.

Se questo scenario si dovesse verificare è l’aumento dei tassi prendesse una piega più blanda i valori della maggior parte degli asset di rischio subirebbero delle variazioni. 

Tra gli asset che più di tutti rischiano l’incidenza da tassi più o meno alti in più o meno tempo vi sono di certo le azioni e le varie criptovalute che diverrebbero sempre meno appetibili rispetto ai rendimenti garantiti da altri strumenti finanziari come buoni fruttiferi, fondi ecc.

Il 66,1% è la probabilità che il CME FedWatch ha pronosticato al prossimo FOMC (Federal Open Market Committee) circa il fatto che il ​​tasso di riferimento verrà aumentato di 25 basis point e ci si attesterà tra i 450 e i 475 base (almeno secondo l’aggiornamento di ieri). 

La possibilità che l’aumento sia più aggressivo comunque tiene banco ma nel peggiore dei casi l’analisi punta su un aumento che non superi i 50 punti basi in linea con l’ultimo deciso quest’anno dalla Federal Reserve. 

Il 33,9% è la probabilità con cui lo strumento dedicato stima un aumento hawkish da 50 punti base che potrebbe portare il range tra i 475 ed i 500 punti base. 

Il 2022 si è caratterizzato per quattro aumenti consecutivi del tasso di interesse di 75 punti base e  per un aumento di 50 punti base questo mese. 

La crescita dei tassi quest’anno ha fatto un balzo del 4% ma l’anno prossimo le cose non andranno in questa maniera, l’attenzione secondo il presidente Powell sarà sempre massima ma il grosso è stato fatto quest’anno. 

Per il 2023 le previsioni danno il raggiungimento del 5,1% totale del tasso sui Federal Fund mentre si riscenderà al 4,1% fra due anni. 

La previsione che vede il prossimo anno aumentare solo di 100 punti base circa segna una lateralizzazione della linea della Fed secondo le proiezioni fatte il 14 dicembre. 

Il 2025 sarà l’anno del ritorno alla quasi normalità almeno nei piani, gli analisti stimano che il tasso tornerà al 3,1% ben 100 punti base meno di quanto affrontato quest’anno.

Per quella data anche la recessione che è alle porte dovrebbe aver fatto il proprio corso e l’economia come da libri di testo dovrebbe rimettersi in moto. 

Il Bureau of Labor Statistics ha evidenziato come il CPI-urbano (Consumer price index-Urban) che costituisce un parametro importante per quanto concerne l’inflazione è sceso un po’ nel mese di novembre. 

Se il mese di novembre è stato foriero di buone nuove per il CPI-U), c’è da dire anche che per i precedenti mesi dell’anno si è assistito ad un aumento del dato del 7,1%, una netta controtendenza ancora lunga da recuperare in termini assoluti. 

Il Board of Labor Statistics, pubblicherà i nuovi dati sul Consumer Price Index relativi al mese in corso il 12 gennaio prossimo (2023) ed in quella data avremo un’idea più chiara della direzione che la Federal Reserve prenderà a fine mese. 

Se i dati sull’inflazione dovessero essere peggiorativi rispetto le previsioni degli esperti c’è il rischio concreto che il Federal Open Market Committee possa mantenere una linea dura in stile 2022 ed optare per un innalzamento dei tassi di 50 punti base a discapito della previsione che vedeva un +25 punti base.

Quest’ultimo scenario spaventa gli investitori e il mercato in generale che ad oggi si appresta a scontare un rialzo di 25 basis point, quindi molto leggero rispetto agli ultimi FOMC e ci si dovesse trovare in una situazione in cui la politica monetaria restasse aggressiva la cosa si ripercuoterebbe tanto sull’azionario quanto sul mondo crypto con ulteriori ribassi verso nuovi minimi. 

In sostanza lo strumento FedWatch Tool di CME Group prevede due scenari. 

Uno scenario hawkish che ridurrà la politica aggressiva nel tempo e uno scenario più blando fatto di rialzi più leggeri ma spalmati in un arco temporale più lungo e che sarebbe accolta meglio dagli investitori. 

George Michael Belardinelli
George Michael Belardinelli
Ex Corporate manager presso Carifac Spa e successivamente Veneto Banca Scpa, blogger e Rhumière, negli anni si appassiona alla filosofia e alle opportunità che l'innovazione e i mezzi di comunicazione ci mettono a disposizione, in fissa con il metaverso e la realtà aumentata
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