Diversi token DeFi in questo mese di novembre hanno fatto registrare una crescita del loro prezzo superiore al 50%.
Dopo anni difficili, ed un bear-market che sembrava non voler finire, il “Trump trade” ha risvegliato anche i token dei protocolli di finanza decentralizzata.
Summary
La crescita dei token DeFi
La criptovaluta più in vista del mondo DeFi è AVAX di Avalanche.
Il suo prezzo negli ultimi 30 giorni è cresciuto del 60%, anche se ora è a solo +5% dal valore che aveva ad inizio anno.
Il token di riferimento dei DEX, UNI di Uniswap, è a +47% negli ultimi 30 giorni, ed a +50% da inizio anno.
C’è addirittura un token, OM di Mantra, il cui prezzo negli ultimi 30 giorni è salito del 180%, portando a +6.000% i guadagni da inizio anno.
Molto bene anche FTM di Fantom e GRT di The Graph, mentre il discorso è leggermente diverso ad esempio per INJ di Injective. Infatti sebbene negli ultimi 30 giorni abbia fatto segnare un ottimo +50%, in realtà rispetto al valore di inizio anno è ancora a -22%.
La dinamica in corso
La dinamica in atto sembra essere quella di una mini-altseason.
Tutto inizia con la vittoria di Trump alle elezioni presidenziali USA del 5 novembre.
Con quella vittoria il prezzo di Bitcoin ha iniziato una bull run che lo ha portato da circa 70.000$ a quasi 100.000$, per poi correggere.
Una volta che la spinta al rialzo di BTC si è esaurita, in questa fase, ne hanno approfittato le altcoin, in primis Ethereum, che hanno iniziato a sovraperformare Bitcoin, sul breve periodo.
Tuttavia se nel caso di BTC si è trattato di un abbattimento dei massimi storici, con nuovi record nettamente superiori ai precedenti, per molte altcoin come Ethereum si è trattato solamente di un rimbalzo dopo molti mesi di sofferenza.
Ad esempio il prezzo attuale di BTC è solamente del 6% inferiore ai massimi storici della scorsa settimana, mentre Ethereum è ancora a -30% da quelli del 2021 che ancora resistono.
Per quanto riguarda i token DeFi, AVAX è ancora a -72% dai massimi di tre anni fa, UNI a -76%, e GRT addirittura a -92%.
Il risveglio della DeFi
Va però sottolineato che probabilmente è in atto un vero e proprio risveglio della finanza decentralizzata.
Prendendo come riferimento il TVL DeFi complessivo si nota chiaramente un trend molto positivo, che tuttavia è ancora distante dai picchi del 2021.
Un anno fa il TVL complessivo della DeFi era inferiore ai 50 miliardi di dollari, ma proprio a partire da fine ottobre 2023 ha iniziato un rimbalzo che lo ha riportato ad inizio 2024 sopra i 50 miliardi.
Un primo boom c’è stato tra febbraio e marzo, quando riuscì a riportarsi sopra i 90 miliardi, seguito da un altro piccolo boom a maggio con la risalita sopra i 100 miliardi.
Dopo la vittoria di Trump, che oltretutto lo scorso mese ha lanciato un suo progetto DeFi, si è nuovamente impennato fino a superare abbondantemente i 110 miliardi di dollari.
Da notare che il picco del 2021 fu registrato poco sotto i 180 miliardi, quindi un livello ancora distante da quello attuale, ma già molto più vicino di quanto non fosse solamente un anno fa.
Si tratta quindi di un risveglio a tutti gli effetti del mondo della finanza decentralizzata, che potrebbe avere il potenziale per far segnare picchi ben superiori a quelli del 2021, dato che è solo dal 2020 che questo settore prospera.
Le previsioni sui token DeFi
Nonostante tutto ciò, è però possibile che lo storno in atto del prezzo di Bitcoin finisca per portarsi dietro anche uno storno di Ethereum e delle altcoin, compresi i token DeFi.
L’ipotesi che circola è che BTC potrebbe fare circa un -10% dai massimi, mentre le altcoin potrebbero soffrire un po’ di più, sempre rispetto a picchi di questi giorni.
Tra i token DeFi che hanno performato meglio ci sono CRV di Curve Finance, ENA di Atena, DYDX e LDO di Lido, e potrebbero anche essere quelli con storni maggiori in percentuale.
Hanno performato bene anche i token dei DEX, come Uniswap, PancakeSwap e SushiSwap, dopo parecchi mesi di difficoltà.
Va tuttavia ricordato che si tratta in gran parte di rimbalzi dopo un bear-market lungo e profondo, e questo se da un lato smorza un po’ l’ottimismo, dall’altro però indica che potenzialmente sul medio periodo potrebbero ancora performare bene.