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Svizzera: Il report del Consiglio Federale su Blockchain e security token

Il Consiglio Federale svizzero ha pubblicato due nuovi studi che descrivono come intende far evolvere il sistema legale elvetico in relazione aii temi della blockchain, della DLT e dei security token. Nei report viene presentata sia la situazione attuale del settore sia le indicazioni per i futuri interventi legislativi.

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Ovvia l’attenzione all’implementazione delle normative antiriciclaggio con un intervento ancora più stringente nell’applicazione delle normative sul riciclaggio di denaro, affinché questi nuovi strumenti non permettano l’infiltrazione nel sistema finanziario di capitali dalla provenienza non chiara.

Dal punto di vista legislativo, il governo federale non sente la necessità di creare una normativa ad hoc (come fatto da altri Paesi quali Malta e Liechtenstein), ma piuttosto di modificare puntualmente alcune normative, tra le quali possiamo citare il codice civile, la legge sull’esecuzione e il fallimento, come pure le normative sui fondi di investimento, mentre per altre norme, quali la legge sui servizi finanziari, che entrerà in vigore a partire del 2020 e che regola le necessità informative nei confronti del pubblico a cui vengono offerti questi strumenti di investimento non si prevede la necessità di modifiche. Anche nel settore assicurativo non si vede invece la necessità di interventi legislativi ad hoc, anche perché l’intervento della blockchain è ancora molto limitato, a livello pionieristico, per cui non è ancora chiaro quale sarà l’effetto complessivo sull’industria.

Gli studi, per un totale di oltre 200 pagine, hanno suscitato l’attenzione ed anche alcune osservazioni da parte dei professionisti del settore.

Il commento di Lars Schlichting

In considerazione della portata dei rapporti, Cryptonomist presenterà una seria di articoli sul tema intervistando l’avvocato Lars Schlichting, attuale CEO di Poseidon Group, di cui fa parte anche Eidoo nonché Partner presso lo studio legale Kellerhals-Carrard Lugano. Per la prima intervista il tema è come la Svizzera intende qualificare i token nel futuro.

Dobbiamo aspettarci un approccio restrittivo, laddove tutti i token sono considerati security, oppure la Svizzera rimarrà terra di ICO anche in futuro?

Nel suo report il Consiglio federale riprende la categorizzazione di FINMA, laddove riconosce l’esistenza di utility, payment e asset token. Questi ultimi in particolare possono rappresentare dei diritti di partecipazione, di credito o di voto nei confronti degli emittenti, per cui, dal punto di vista economico, possono essere paragonati ad azioni, titoli di credito o derivati ed essere qualificati come security. Però, non tutti gli asset token sono security token. Ad esempio, gli asset token dovrebbero essere fungibili per essere delle security adatte ad essere negoziate in larga scale nelle Borse, mentre i token non fungibili non possono essere considerati una security.

Purtroppo in Svizzera non esiste una chiara definizione di security. La legge infatti definisce le security in funzione della loro forma, ma non della loro funzione. Questa situazione lascia ampio margine all’interpretazione della norma. Il Consiglio Federale ha deciso di non voler intervenire per sanare questa incertezza per evitare che una legislazione specifica venisse respinta dagli altri Paesi, ma questa visione è, secondo noi, poco visionaria. Le linee guida FINMA del febbraio 2018 sono state le prime del loro genere in Europa e sono state viste come un esempio legislativo per molte altre nazioni, anche dall’ESMA. Se la Svizzera vuole mantenere una posizione di leader non deve avere il timore di fare la prima mossa. Dare una chiara definizione di asset token aiuterebbe non soltanto aiutato la Svizzera a mantenere il suo ruolo di paese faro nel mondo blockchain, ma darebbe anche un impulso notevole alla legislazione di altri paesi. Speriamo che il Parlamento capisca questo messaggio e si prodighi ad adottare una chiara definizione del termine security in relazione con gli asset token.

Quali sono i pericoli che possono derivare da questa visione eccessivamente ampia derivante dal report del Consiglio Federale?

Come detto, attualmente la definizione di security accettata dal sistema legale svizzero è più legata alla forma che alla funzione del diritto stesso, al contrario di quanto avviene negli USA e nell’UE dove si analizza la funzione del diritto prima di definirlo una security. Questo può portare ad una definizione eccessivamente ampia di security quando si viene ad esaminare la categoria degli asset token.

Ad esempio, attualmente sono definiti security i diritti di voto standardizzati e atti al commercio su vasta scale. Però non è detto che tutti i diritti di voto a possono essere considerati security. Possiamo capire questo approccio se il diritto di voto ha un aspetto finanziario, come ad esempio il diritto di voto sul dividendo da versare agli azionisti. Ma oggi vi sono diversi progetti in cui con un token si vuole concedere al suo possessore un diritto di voto non finanziario (ad esempio il diritto di decidere il colore della nuova maglia della propria squadra). Questo token non può essere considerato una security.

Un altro caso è quello delle stablecoin, token legati ai valori di valute fiat o di metalli preziosi aventi la funzione di contenere la volatilità garantendo stabilità nelle transazioni finanziarie. Spesso questi token sono definiti security, ma in realtà bisognerebbe andare più in profondità nell’esame. Se consideriamo le stablecoin collegate alle valute fiat dovremmo  valutare se le valute conferite per coprire il token sono detenute o meno in modo separato rispetto all’attivo aziendale.

Se non sono detenute separatamente, il token deve essere considerato come una security perché il deposito di garanzia sarà più o meno solido a dipendenza della situazione economica della società madre, mentre se vi è una segregazione degli averi, che possono essere rivendicati anche in caso di fallimento del deponente, non esiste questo rischio di commistione. In questo caso ritengo che non si debba parlare di una security, visto che non il valore del token non dipende da alcuna prestazione finanziaria dell’emittente. Inoltre, anche nel caso in cui dovesse essere redatto un prospetto, questo risulterebbe essere eccessivo e ridondante e non porterebbe alcuna informazione utile all’acquirente del token, dato che le valute depositate potranno sempre essere rivendicate dal detentore del token indipendentemente dalla situazione finanziaria dell’emittente.

Allo stesso modo, se un coin rappresenta dei metalli preziosi, bisognerebbe distinguere il caso in cui vi è la possibilità della redimibilità anche in denaro o se, invece, il token può essere riscattato solo tramite il metallo prezioso: se nel primo caso abbiamo un contratto finanziario assimilabile ad un derivato, e quindi ad una security, nel secondo caso abbiamo esclusivamente un diritto al prelievo del metallo prezioso stesso, dunque nessun contratto finanziario e quindi nessuna security.

Questa distinzione viene ad essere molto rilevante ai fini dell’applicazione degli obblighi informativi, molto più importanti nel caso di security perché è essenziale informare sulla situazione economico/finanziaria della società emittente, informazioni che risultano invece poco utili quando non esista il rischio di coinvolgimento dei valori rappresentati nelle procedure concorsuali della società madre.

Nel suo rapporto del Consiglio Federale ha deciso di non modificare questa situazione ma, come sopra esposto, riteniamo utile un chiarimento onde evitare un’interpretazione troppo restrittiva del termine security.

Fabio Lugano
Fabio Lugano
Laureato con lode all'Università Commerciale Bocconi, Fabio è consulente aziendale e degli azionisti danneggiati delle Banche Venete. E' anche autore di Scenari Economici, e conferenziere ed analista di criptovalute dal 2016.
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