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Proof of Authority (PoA): il consenso basato sulla reputazione

Il termine Proof of Authority (PoA) è stato proposto da Gavin Wood, co-founder e CTO di Ethereum. Si tratta di un algoritmo di consenso basato sulla reputazione dei partecipanti del network.

L’interesse delle aziende

Tale soluzione è molto ambita dalle imprese, specialmente quando si tratta del settore logistico e della supply chain.

La Proof of Authority, infatti, è seguita particolarmente nel settore aziendale in quanto permette alle società di mantenere un certo livello di privacy e di ottenere allo stesso tempo alcuni vantaggi dati dalla tecnologia blockchain.

Siccome questo meccanismo non prevede alcuna operazione di mining per validare le transazioni, non è nemmeno strettamente necessario un token nativo sulla blockchain per ricompensare i validatori.

Ovviamente una blockchain basata sul meccanismo PoA per poter funzionare correttamente deve seguire alcune regole principali.

Innanzitutto, i validatori devono confermare la propria reale identità. Inoltre, deve esserci un processo serio ed impegnativo di selezione dei validatori che deve essere sempre uguale per tutti i candidati.

Una volta che un candidato ha ottenuto lo status di validatore va mantenuto sotto controllo ed il sistema deve poter prevedere l’eliminazione in caso di comportamento scorretto di quest’ultimo.

Vantaggi e svantaggi della Proof of Authority

Come facilmente intuibile, il meccanismo di Proof of Authority (PoA) non rispetta appieno il concetto di decentralizzazione tanto caro al mondo delle criptovalute.

Questo meccanismo risulta particolarmente efficiente specialmente per le blockchain private. Infatti, questo modello prevede un numero di validatori limitato e ciò consente una scalabilità elevata rispetto ad altri meccanismi quali ad esempio Proof of Work (PoW).

Le blockchain con questo algoritmo di consenso riescono infatti a garantire un throughput molto più elevato rispetto ai meccanismi concorrenti.

Di contro, essendo previste black list e possibilità di censura, si perde il concetto di immutabilità dei dati.

Un’altra critica che viene rivolta alla Proof of Authority (PoA) è che le identità dei validatori sono pubbliche. Di conseguenza, tali soggetti sono potenzialmente attaccabili da terze parti interessate a corrompere il sistema.

Michele Porta
Michele Portahttps://www.micheleporta.info/
Ingegnere informatico. Da sempre appassionato di tecnologia, hardware e software. Entra nel mondo delle criptovalute negli ultimi anni imparando a fare trading e studiando gli aspetti tecnologici e implementativi delle principali crypto sul mercato. Spera in un futuro privo di contanti e basato sulla sicurezza garantita dalla blockchain.
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